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Giorgia Serughetti. Che sia maternità surrogata, ma stop al libero mercato

Giorgia Serughetti. Che sia maternità surrogata, ma stop al libero mercato

Focus - L'utero è mio e ....?/4 - La gestazione per altri non è di per sé una pratica liberatoria, ma è possibile mantenendo fermo il principio che la prima e l’ultima parola sul proprio corpo spetta a ogni donna

Bartolini Tiziana Venerdi, 08/01/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2016

Sul tema della maternità surrogata abbiamo interpellato Giorgia Serughetti, femminista, filosofa e ricercatrice in sociologia all'Università Bicocca di Milano, che ha lavorato molto sui temi che il corpo della donna e il suo uso evocano, compreso il mercato del sesso con il suo libro 'Uomini che pagano le donne' (Ediesse, 2013).

Dal tuo punto di vista, il fatto che una donna metta a disposizione di una coppia la sua capacità riproduttiva in cambio di denaro è una forma di libertà o di possibile nuova schiavitù?

Di fronte all'alternativa risponderei: entrambe le cose, o nessuna delle due. E mi spiego. Io credo che la maternità surrogata faccia parte di quell'insieme di pratiche umane che possono assumere significati anche molto diversi per i soggetti coinvolti, a seconda di come sono organizzate socialmente e del contesto in cui si collocano. La condizione una madre portatrice povera e del tutto priva di tutele, in un paese come l'India, appare molto distante da quella di una portatrice negli Stati Uniti, dove chi si offre per la gestazione per altri deve dimostrare di avere un certo reddito, non essere ciò in stato di bisogno, e avere già dei figli propri. Motivazioni, vissuti, grado di volontarietà e coercizione differiscono necessariamente nei due casi. L'analisi del contesto è perciò essenziale, mentre condannare tout court questa pratica come asservimento della capacità riproduttiva delle donne mi pare non tenga conto delle volontà singole, del limite che ognuna, se non è costretta da altri ed esercita pienamente la sua autodeterminazione, può e sa responsabilmente individuare per se stessa nell'uso del proprio corpo. Non credo che la gestazione per altri sia di per sé una pratica liberatoria, perciò non sono neanche disposta a celebrarla come tale, ma credo che abbia radici nel controllo che le donne esercitano sul proprio corpo, non nel suo contrario. Posta, ovviamente, l'espressione di piena volontà da parte della madre portatrice, che a mio parere dovrebbe essere garantita lungo tutto l'iter della gestazione per altri (Gpa), incluso il momento del parto, con facoltà di rivedere la decisione presa. La complessità di questo tema è tale che concordo molto con Lea Melandri quando chiede di tener aperto il dibattito e di evitare sterili tifoserie.



Come non prevedere che sia più facile che una donna senza strumenti culturali e magari anche povera metta a disposizione il suo corpo solo per bisogno? Come non vedere il rischio che l'affermazione di un diritto per chi chiede la maternità surrogata entri in rotta di collisione con la dignità di un'altra donna?

Si possono certo prevedere questi rischi, e siccome si tratta di un ambito d'azione diverso da altri in cui si mette all'opera una capacità fisica per denaro, questo tipo di scambio non può secondo me essere lasciato semplicemente alla regolazione del mercato. In un contesto di libero mercato ci sono infinite situazioni regolate da contratto in cui la diseguaglianza entra come fattore distorsivo, condizionando non poco quelle che definiamo scelte in ambito economico. Non c'è bisogno di guardare lontano, basta pensare alla vita delle badanti straniere in Italia, costrette a lasciare figli per anni o decenni nel proprio paese d'origine. Che tipo di scelta è? Quanto pesa l'assenza di altre opportunità? A maggior ragione nella maternità surrogata, dove la risorsa messa a disposizione è la capacità riproduttiva, c'è da immaginare che in condizioni di forte condizionamento economico o culturale possano determinarsi abusi anche gravi. Per evitarlo non servono però nuovi divieti, ma nuovi diritti, nuove tutele per la madre portatrice (nonché per la donatrice di ovuli), tutele che garantiscano protezione da danni fisici, psicologici, sociali, e ispirate al principio della prima e ultima parola sul proprio corpo che spetta a ogni donna.



Il parlamento europeo, nell'ambito dell'annuale relazione sui diritti umani, il 17 dicembre ha approvato una Risoluzione in cui si condanna la pratica della maternità surrogata. Che valutazione dai a questo indirizzo e che impatto pensi avrà nei singoli paesi?

Non condivido questo paragrafo del rapporto perché non distingue tra situazioni diverse, parla indiscriminatamente di violazione. Infatti qui i parlamentari europei, in prima fila quelli di area cattolica, sembrano indirizzare la condanna della pratica soprattutto ai paesi cosiddetti in via di sviluppo, in cui le condizioni in cui si svolge sono sotto tutti i punti di vista le peggiori. Si tratta comunque di un poche righe, che forse non avranno un particolare impatto. Vedo solo il rischio che si moltiplichino i procedimenti giudiziari verso le coppie che si rivolgono a madri surrogate fuori dall'Ue, affidando di fatto la materia ai tribunali.

Come già nel caso della prostituzione, che è stata definita una forma di violenza dalla risoluzione Honeyball del 2014, anche in questo caso la condanna del Parlamento europeo si basa su un'idea oggettiva di dignità della donna, poco rispettosa a mio parere dei vissuti e dei significati che ogni donna può mettere in gioco in pratiche in cui è coinvolto intimamente il proprio corpo.



Il movimento delle donne sull'utero in affitto si è diviso e non sono mancate le polemiche nel merito della questione ma molto si è discusso anche sulla scelta del momento in cui SNOQ Libere ha diffuso un comunicato di condanna della maternità surrogata con un appello all'Europa perché venga dichiarata illegale. Come hai valutato quella presa di posizione?

L'ho trovata non condivisibile per le ragioni che ho già espresso, in particolare perché chiede di mettere al bando la surrogacy, quindi adombra l'idea di nuovi reati di cui proprio non si sente il bisogno. Già il ministro Alfano aveva parlato di rendere il ricorso all'"utero in affitto" un reato universale, perseguibile anche se commesso fuori dall'Italia. Mi chiedo: è questa la direzione che vogliamo prendere come femministe? Vogliamo parlare a nome di tutte le altre donne e chiedere al diritto penale di sostituirsi alla nostra politica? C'è poi il fatto che l'appello ha rischiato di impattare non poco sul ddl sulle unioni civili, una misura di civiltà (per quanto ancora insufficiente) di cui non si può ulteriormente rimandare l'approvazione. Marisa Rodano si chiede cosa c'entrino le due cose l'una con l'altra. Tecnicamente, ben poco. La nascita attraverso Gpa riguarda una piccola minoranza di figli di coppie omosessuali a cui si estenderebbe il diritto alla step child adoption. Ma chi ha lanciato questo appello non poteva non sapere che molti avrebbero utilizzato l'argomento anti-surrogacy per provare a bloccare la legge o almeno stralciare l'adozione, senza la quale il ddl farebbe un enorme passo indietro, lasciando ancora una volta migliaia di bambini senza diritti.

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