Giovedi, 02/04/2020 - In questi giorni c’è un’altra emergenza nell’emergenza, è infatti emerso, che in molte province italiane, soprattutto nelle regioni del Nord Italia più colpite dall’epidemia di Covid-19, ci sono difficoltà nell’ effettuare l’Interruzione volontaria di gravidanza in sicurezza e rispettando i tempi previsti dalla L.194/78
Molti reparti ospedalieri sono stati dedicati alla cura dei pazienti Covid 19, e gli accessi in ospedale sono stati ridotti e limitati alle sole urgenze anche per ridurre le possibilità di contagio. In questa situazione si rischia che le donne non possano esercitare con serenità e sicurezza il loro diritto ad interrompere volontariamente la gravidanza.
Ma gli aborti non possono essere rimandati, ci sono dei tempi che devono essere rispettati. Proprio per questo un gruppo di associazioni, ginecologhe, politiche e donne del movimento hanno lanciato una petizione rivolta al Ministro della Salute Roberto Speranza perché si agevoli in tutti i modi la procedura dell’aborto farmacologico in regime ambulatoriale, come avviene ormai di fatto in molte regioni, facendo firmare alla donna una dichiarazione di dimissioni volontarie.
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Le promotrici dell’appello affermano che “La procedura farmacologica ambulatoriale alleggerirebbe gli ospedali e limiterebbe il rischio di contagio, ma servono provvedimenti nazionali perché questo possa avvenire in tutte le regioni e cambiare le antiscientifiche indicazioni del ministero della Salute e del Consiglio superiore di sanità, che prevedono un ricovero ordinario della durata media di tre giorni.”
Il nostro è l’unico Paese nel quale per l’Ivg farmacologica è obbligatorio il ricovero; nel resto del mondo la stragrande maggioranza degli aborti farmacologici viene espletata in regime ambulatoriale ed accedono in ospedale solo le donne – pochissime – che abbiano avuto complicazioni. In questo particolare momento adeguarci agli altri Paesi renderebbe pienamente esigibile il diritto all’aborto, limiterebbe i rischi di un ricovero ordinario e sarebbe anche economicamente più conveniente.
Ancora una volta deve essere chiaro che l’interruzione volontaria di gravidanza è un diritto e che le donne devono poterlo esercitare serenamente: tutto ciò che rende la decisione di abortire più lunga, difficile e dolorosa sembra essere creato proprio per colpevolizzare le donne. Intanto le Associazioni pro-life non sono state con le mani in mano e hanno lanciato alcune petizioni in cui si chiede che l’interruzione volontaria di gravidanza non sia considerata un intervento indispensabile o urgente, e che pertanto siano interrotte le operazioni abortive, sia quelle chirurgiche che quelle farmacologiche.
Strumentalizzano la pandemia per ostacolare in tutti i modi l’applicazione di una legge e l’esercizio di un diritto.
La petizione che richiede misure urgenti per l’interruzione di gravidanza al tempo del coronavirus (qui) è anche una risposta a questi tentativi di servirsi dell’ emergenza per tornare all’attacco della Legge 194.
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