Legge 194 - Alcune testimonianze: UDI Nazionale, Consiglio dell’Unione Terre d’argine, PD / Consiglio Regionale della Lombardia
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2008
Uomini parlano tra loro usando il corpo femminile
Come si fa a non sospettare che il periodico rigurgito “sulla 194” non sia in realtà il solito espediente per ricordare a tutte che la nostra è una libertà condizionata?
La verità è che le richieste di modifica della 194 prescindono dalle statistiche e dalla stessa realtà: l’aborto tra le italiane è in costante diminuzione, la natalità è aumentata, sono costrette a ricorrere all’aborto soprattutto le donne straniere che non possono liberamente accedere alla contraccezione.
La verità è che abbiamo davanti un Parlamento che balbetta e nel quale la laicità annaspa. Fuori e dentro di esso, la Cei con toni insinuanti e ipocritamente protettivi nei confronti delle donne, interviene a reclamare modifiche, pur mostrandosi refrattaria, come sempre, alla contraccezione.
E’ vero, la legge 194 ha 30 anni e forse si potrebbe insieme - uomini e donne, cattolici e laici, italiane e immigrate - ragionare per renderla più funzionale e più adeguata alle avanzate possibilità che la scienza ci offre: tutte le possibilità.
Ma, in assenza di atti e di parole che garantiscano un reale confronto, si alimentano l’ostilità e il dubbio che quello che si vuole veramente è contrastare la piena libertà per le donne di decidere: nei rapporti con l’altro sesso, sul lavoro, in politica e soprattutto rispetto al loro corpo fertile. Questo è il vero problema.
Non fonderemo niente di nuovo se non si mettono le basi per una responsabilità duale della vita. Dove duale non vuol dire che gli uomini decidono insieme alle donne della loro pancia, ma che uomini e donne fanno della loro differenza il possibile cardine per una convivenza civile.
Alla base di questa differenza c’è però una disparità: le donne hanno un corpo fertile, le donne possono concepire.
E possono - se vogliono, quando vogliono - far nascere, quindi dare la vita.
Quando una donna decide di non portare avanti una gravidanza, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, assume una responsabilità di cui, in coscienza, è l’unica titolare.
Ogni essere umano è al mondo per volontà di una donna. Parliamo di questo. Non giriamo intorno al problema. La libertà delle donne passa per l’autodeterminazione e il suo esercizio segna i confini tra una possibile democrazia e l’inciviltà.
L’autodeterminazione femminile nella legge 194 è l’unica acquisizione di questa democrazia che possiamo traghettare in una democrazia paritaria come atto politicamente condiviso tra uomini e donne. Questi sono i termini della questione che noi riteniamo debbano essere discussi e lo faremo pubblicamente. Ci renderemo ovunque visibili e riconoscibili e parleremo con uomini e donne di buona volontà che hanno a cuore un autentico dibattito politico. Lo faremo con chiarezza e fermezza, affinché la possibilità di decidere delle donne sia piena e autentica. Di decidere ovunque, nel mondo.
Ovunque, del nostro corpo.
Proclami, moratorie, contrapposizioni non serviranno a ridurre gli aborti.
Contraccettivi, pillola del giorno dopo, educazione sessuale nelle scuole e soprattutto corretta informazione sono senz’altro più utili delle crociate antiaboriste che servono solo a colpevolizzare chi non trova una via d’uscita e affronta non senza dolore l’aborto.
Non stiamo a dire di nuovo che la legge 194 è una buona legge, una legge equilibrata, che ha ridotto del 40% gli aborti e cancellato gli aborti clandestini, ribadiamo invece che se ne deve sospendere la messa in discussione anche nelle forme subdole.
Smettiamo di biasimare la legge 194 ma lavoriamo per le politiche a sostegno della persona e della famiglia, per sostenere con i fatti le donne, ma tutte quante, non solo quelle che decidono di non abortire.
Utilizziamo la legge 194 per favorire diritti e tutele delle lavoratrici affinché la decisione della maternità non sia condizionata da un lavoro precario, dalla mancanza di asili nido o da una rete parentale assente, perché la maternità possa essere una scelta.
Impieghiamo la legge 194 per aggiornare il personale sanitario sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione di gravidanza per ribadire la centralità della donna e la responsabilità della scelta. Quando vengono posti quesiti sull’adeguamento tecnologico, non possono essere a senso unico.
Adottiamo la legge 194 per realizzare quei progetti, come Scegliere di scegliere che a Carpi ha messo intorno ad un tavolo operatori sanitari (obiettori e non) associazioni di volontariato, servizi sociali, consultori, commissione pari opportunità, con l’intento, attraverso la costruzione di una rete di servizi, di aiutare le donne con maternità difficili e problematiche a trovare la strada per una scelta consapevole, matura, qualsiasi essa sia. A dimostrazione che l’efficienza, il rispetto e il confronto sono ben più utili delle moratorie o delle condanne etiche.
Non è un sottrarsi alle proprie responsabilità, anzi. E’ la convinzione che una maternità consapevole è la base di una vita serena, cosciente.
Basta dunque con questo “dibattito” strumentale e falso che nasconde la povertà e la debolezza di chi non vede che i problemi sono altri: la legge 40 sulla fecondazione assistita, il testamento biologico, una diversa cultura del dolore nella malattia, la legge sulla violenza alle donne che aspetta di essere approvata, mentre le cronache registrano una vittima ogni 2 giorni.
Le donne della Giunta e del Consiglio dell’Unione Terre d’argine
Daniela De Pietri
Lorena Borsari
Cinzia Principi
Alessandra Caffagni
Luisa Turci
Laura Natali
Stefania Gasparini
Francesca Cococca
Stefania Zanni
Rosanna Righi
Stefania Contri
La legge 194 va applicata in tutte le sue parti anche in Lombardia
La legge 194, che non a caso si intitola “Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza”, non va toccata perchè ha funzionato e ha fatto diminuire gli aborti da quando, nel 1978, è entrata in vigore. Semmai, va applicata in tutte le sue parti, soprattutto sui capitoli che riguardano la prevenzione, l’informazione e l’accompagnamento della donna e, in particolare, di quella straniera che è colei che soffre le maggiori difficoltà ed è meno informata. E’ su questo aspetto, secondo le consigliere regionali del Pd Ardemia Oriani, Maria Grazia Fabrizio e Sara Valmaggi, che il presidente Formigoni dovrebbe impegnarsi, senza ipotizzare modifiche o regolamentazioni di carattere regionale alla legge.
“ Invece che pensare a regolamenti locali, occorre che la Giunta regionale faccia applicare la legge 194 in tutti i consultori della Lombardia - spiega la consigliera Oriani -, cosa che oggi non avviene, creando così una falla nella già debole rete dei consultori lombardi e di conseguenza della risposta alle donne”.
“ Vorremmo avanzare una richiesta al presidente Formigoni - dice la Fabrizio - faccia un’attenta verifica sull’attività dei consultori, considerato che le donne di oggi non sono quelle di 30 anni fa. A vivere i maggiori disagi ora sono le straniere. Una donna o una madre e un bambino sono tali a prescindere dal colore della pelle e dalla religione. In questo la Lombardia ha un colpevole ritardo”.
“ Nello stesso tempo - aggiunge Valmaggi -, la Regione, come avevamo già chiesto, deve incentivare gli interventi di prevenzione e informazione soprattutto rivolti alle giovani generazioni, proponendo campagne informative in collaborazione anche con le istituzioni scolastiche”.
Milano, 4 gennaio 2008
Le consigliere regionali del PD / Consiglio Regionale della Lombardia
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