Generazione sms

Melchiorri Cristina Martedi, 27/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2012

Sono Anna, oncologa in un ospedale milanese, e nel mio lavoro di ogni giorno con le persone ammalate di tumore mi accorgo che il valore del rapporto umano fra paziente e medico pesa almeno quanto le cure di farmaci e chemioterapia. Sono anche madre di due figli adolescenti, Luca, di quindici anni e Vanessa, di diciassette. Quando li cerco al telefono per avere loro notizie durante la giornata, non rispondono quasi mai, e dopo poco mi arriva un sms: “Dimmi”. Ma si può comunicare così? E come faranno a tirare fuori l’empatia e la sensibilità verso gli altri, che distingue noi esseri umani dalle macchine?

(Anna Bertani, Milano)





Cara Anna, i nostri giovani sono effettivamente “sempre connessi” ma non per questo emotivamente in sintonia con le persone con cui comunicano. Gli operatori di telefonia mobile stimano che i cellulari sono utilizzati dalla generazione fra i 15 e i 30 anni non tanto per telefonare, ma soprattutto per inviare e ricevere messaggi. Pare che siano circa 1.000 gli sms che i giovani di questa fascia di età, la cosiddetta “texting generation“, si scambiano ogni mese. Rapido, economico, poco coinvolgente. Poi il messaggio si memorizza, si può rileggere o condividere con gli amici. Un modo di comunicare veloce, sincopato, in codice per l’uso di sigle che gli adulti ignorano, con le faccine (emoticon) a commento. Molto coerente con le chat e i social network, con l’abitudine a pubblicare su Facebook pensieri ed esperienze, anche le più private. Sempre connessi, ma al tempo stesso distanti. Come oncologa e come madre, certamente tu Anna possiedi la sensibilità necessaria per far apprezzare ai tuoi figli il valore e il piacere di dare e ricevere emozione, con la voce, lo sguardo, un abbraccio.