Politica/ Udi - Contro i falsi slogan per la vita il convegno "Generare" pone la vita vissuta e la questione della maternità nell'inclusione politica femminile
Stefania Cantatore Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2005
Le incursioni violente, dei media e della politica, nella vita riproduttiva delle donne ed in quelle libertà, minacciate e qualche volta vilipese, ritornate ad essere luogo di contrapposizione e conflitto tra sessi, informano lo stile del confronto sull’etica e sui valori. Probabile anche, nella campagna elettorale alle porte, la scelta di slogan che, esplicitamente, contrappongano le conquiste femminili al “rispetto della vita”. Tutto questo non necessariamente passando per la demolizione diretta della legge 194.
La parola accerchiamento emerge tra le donne che discutono e mostrano che “generare” è terreno di lotte e competenze e soprattutto luogo dove la signoria femminile può trasformare ed interrogare il futuro. Ma l’assedio della facoltà materna, dell’immensa energia che incarna, ha radici ben più lontane che non la trivialità di un qualsiasi ministro di centro destra. È la mediazione medica (l’aiuto per non morire di parto, per non far morire tuo figlio, per non morire d’aborto o d’infezioni puerperali) che, con tecniche non sempre indolori, ha finito per rendersi custode d’ogni percorso “sicuro” dello sconfinato territorio della salute riproduttiva e della via all’autodeterminazione.
Oggi si parla di gravidanza assimilata al contesto della malattia, del cesareo selvaggio, dell’abuso e l’invasività delle indagini, dell’offerta di tecnologie che, allontanando il dolore, allontanano sensazioni ed emozioni fondamentali nella costruzione dei legami. Se disegno politico, che non sia il mero e crudo controllo dei corpi e delle coscienze, c’è mai stato in tutto ciò, è un disegno suicida.
Da tempo i saperi femminili hanno svelato le insidie della “tutela” medica. Con l’UDI, una rete di donne riprende a discutere per costruire la piattaforma per la salvaguardia di una Sanità a misura di donna, per rivendicare alla soggettività femminile la centralità sul generare.
I rimedi proposti, linee guida e leggi, non colgono quasi mai il segno delle proposte articolate dalle donne, e si servono di linguaggi ambigui come “parto naturale” o “umanizzazione della maternità”.
Il furto delle parole! Non è un’operazione secondaria nello sfruttamento della “donna riproduttrice”. Focalizzare l’attenzione sulle “parole per dirlo”: Lidia Campagnano concentra la sua riflessione su vita e naturalità, perché è molto avvertito il bisogno di ridefinire, nel lessico, l’etica del vivere, l’unione di corpo e mente ”nell’avvio di una vita che non sei tu”, il figlio, che sarà vivo solo nella consumazione del distacco creativo (potremmo dire naturale, solo se avessimo un qualche esempio di naturalità). Contrapporre insomma il culto del vivere, al culto della vita solo pensata.
Inventare, generare: fascino e paura , altri accerchiamenti tra lavoro precario, povere prospettive e pressioni sociali (Ma quando lo fai un bambino, allora, Cecilia?). Il collettivo Ottomila fibre, ne ha fatto la rappresentazione emozionante, ma di molta concretezza, all’apertura degli interventi: una sapiente collocazione, per entrare subito nello spirito più profondo dell’indagare, trasportando i saperi attraverso le emozioni.
La cronaca di un incontro può essere ingenerosa, come troppo generosa o enfatica. Un’incontro come questo non ha bisogno di nessuna di queste cose, era semplicemente necessario. Le donne non hanno mai cessato di occuparsi del territorio sconfinato del Generare, ma da troppo tempo non lo portavano alla luce in modo così complessivo e competente (trascurato quasi nulla, se non, in parte, la rabbia di questi giorni verso la protervia antiaborista di Storace). Si parla del generare di chi non ha figli o non ne vuole:
Manuela Fraire, e l’indagine sulla qualità materna delle donne mai state madri, e la valorizzazione che il femminismo ha operato attraverso le relazioni, vera competenza femminile. Francesca Kock e la maternità negata per l’induzione all’infanticidio o causata dalla guerra. Rosina Gianandrea e le domande sull’identità lesbica nel sentimento materno, la ribellione allo stereotipo ed all’imposizione culturale dei codici che riconoscono solo il binomio donna-madre (contenitore), specchio del desiderio maschile.
Un percorso, questo del Generare, che si snoda tra apparenti contraddizioni e le palesi distanze della maternità occidentale troppo tecnologica, quella abbandonata e derubata d’ogni minima risorsa nei paesi terzi e quella dell’essere madre da immigrata o da clandestina. Daniela Colombo parla dei progetti Aidos, a volte anche discussi, ma che comunque s’infrangono per la negazione delle risorse rivolti alle donne (si sono lasciate solo quelle destinate direttamente alla sfera riproduttiva, per motivi ovvii):la logica punitiva e del controllo armato imposto dagli USA.
Poi la denuncia di Rosa Mendes: la lavoratrice migrante va disumanizzata, la sua identità materna disturba il lavoro di cura, ed ancora in troppe sono tagliate fuori dall’offerta sanitaria.
Le statistiche da sole parlano poco, perché la loro uscita dalla neutralità dipende da come li leggi. Serena Donati, illustra le incidenze per regione del TC (la Campania , maglia nera in Europa), la diminuzione degli aborti e l’inclusione dell’utenza “migrante”, e mostra l’impossibilità di calibrare politiche virtuose a meno dell’inclusione della soggettività politica delle donne, della loro capacità di gestire, come argomenta anche Silvana Borsari.
La cronaca su questo incontro, impossibile in senso letterale, forse anche per la tanta emozione di chi scrive, non può che concludersi con l’invito alla stanchissima Pina Nuzzo, sulla cui sapiente regia speriamo di poter contare sempre, di pubblicare gli atti.
Lasciando la Casa delle Donne, con la mia amica Maria Grazia Batoli, ginecologa del consultorio di Napoli-Fuorigrotta, riprendo a seguire il travaglio di Romina (via cellulare: MG non sarebbe comunque autorizzata ad esserle accanto). “Mettiti per una decina di minuti carponi”, “Respira come hai imparato”, “fammi sapere il nome dell’ostetrica”. E poi….Diego è nato il 20 Novembre, alle ore 4,30. Tre chili e 600, subito dalla mamma, senza cesareo.
Fuori fa freddo, ma resistiamo.
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