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Gender audit o Gender budget?

Gender audit o Gender budget?

Note ai margini -

Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2007

L’Unione Europea ha definitivamente riconosciuto il Bilancio di Genere quale strumento di Governo raccomandandolo in due risoluzioni agli Stati Membri, e richiamandolo nella “Roadmap per la parità tra donne e uomini 2006-2010”. A livello europeo si sono registrate esperienze in 8 Paesi europei. In recenti convegni nazionali se ne è discusso anche da noi, con diversi livelli di approfondimento, anche in questi giorni. In tali iniziative sono state tra l’altro presentate le esperienze italiane che coinvolgono prevalentemente livelli locali, comunali, provinciali ed alcune regioni che riguardano circa 25 realtà locali. In Parlamento sono state presentate due proposte di legge per attuare anche da noi tali raccomandazioni. Un forte richiamo all’adozione di tale strumento è contenuto nella “Direttiva per attuare le pari opportunità tra uomo e donna nelle Pubbliche Amministrazioni” dei Ministri Pollastrini e Nicolais. E’ di questi giorni l’iniziativa di creare un gruppo di lavoro di esperti (coordinato dall’Isfol) per analizzare in chiave di genere il Bilancio dello Stato. Quindi tutto a posto? Certo che no!

Non va sottovalutato il ruolo di tutte quelle amministrazioni che si sono cimentate, a diversi livelli con tali strumenti, quasi sempre su sollecitazione di donne. Né va sottovalutato il forte richiamo al fatto che diversamente da altri Paesi Europei il processo da noi si è mosso dal basso, dalle donne appunto e non dall’alto dalle amministrazioni, dallo Stato. Ma assistendo alla presentazioni delle esperienze italiane sorge forte un dubbio: stiamo parlando di realtà confrontabili tra loro rispetto a metodologie e risultati? E’ chiaro che per la metodologia, spesso scollegata da altri, ognuno, con lodevoli eccezioni, si è mosso come ha potuto o saputo.

Bene, finita la sperimentazione e preso atto che questa è la strada, occorre oggi cambiare metodo.

Questo, non solo per fare dello strumento del Bilancio di genere, come ce lo ha raccomandato l’UE, e come lo aveva pensato la nostra cara amica Fiorella Ghilardotti che molto aveva lavorato su questo strumento negli ultimi anni della sua vita come Parlamentare europea, uno strumento reale di programmazione economica, ma anche per evitare che si creino, come mi sembra, ambiguità pericolose sotto lo stesso nome.

E’ purtroppo un pericolo reale, quello che di fronte all’immobilismo e alla non comprensione delle istituzioni si cerchi di colmare i vuoti con il volontariato e la buona volontà. Altro rischio, che hanno pagato duramente le donne è stato quello di far entrare in un “capitolo” di moda le mille cose che non si riescono a realizzare altrove. A mio avviso si rischia infatti di confondere l’analisi di un bilancio secondo un ottica di genere, il “gender auditing” con il “gender budgeting” il bilancio di una pubblica amministrazione, quello vero, fatto secondo un ottica di genere, quello che analizza spese ed entrate considerando gli effetti che queste hanno su una popolazione fatta di donne e uomini veri, concreti con la loro storia, i loro bisogni, le loro aspirazioni. Non un bilancio parallelo, quindi, ma Il Bilancio.



(14 novembre 2007)

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