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Gemellocrazia Kaczynski e diritti negati

Gemellocrazia Kaczynski e diritti negati

Polonia - Da Karol Wojtyla all'opposizione al comunismo, dal desiderio di aumentare l’autorità del Papa, fino al deciso impegno a preservare la dottrina ortodossa della Chiesa su aborto, contraccezione, eutanasia, divorzio, celibato dei preti...

Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2007

Asceso al soglio pontificio, il neo eletto Papa intensificò il suo attivismo ideologico nei confronti delle nazioni cattoliche dell’ex-blocco comunista, tramutandolo presto in offensiva politica resa possibile dalla crisi polacca del 1980 e dalla nascita del movimento di Solidarność. Il sostegno del Vaticano nei confronti di questo movimento fu determinante, soprattutto in funzione dell’obiettivo finale: la caduta del regime comunista nella cattolicissima Polonia. Il crollo del muro di Berlino nel 1989 e dell’intero blocco sovietico nel 1991 giunsero al culmine del processo inaugurato dall’elezione di Giovanni Paolo II.
Tuttavia, a distanza di molti anni dalla caduta del muro di Berlino, la situazione in Polonia è tutt’altro che fluida. La transizione al capitalismo e l’avvicinamento agli standard occidentali, l’adesione alla Nato e l’ingresso nell’Ue, mostrano una Polonia avviata su un “percorso di crescita e modernizzazione”. Eppure, è un paese attraversato da mille contraddizioni e paradossi, con incrinature sociali preoccupanti. La gran parte dei cittadini non riscontra un miglioramento delle proprie condizioni di vita, e si registra un crescente malcontento. Non tutti hanno beneficiato del mercato: non i 200mila giovani emigrati nei paesi dell’Ue, non le donne che hanno il tasso d’occupazione più basso d’Europa (escludendo Malta) o i disoccupati che sono il 20% della popolazione. Neppure quei lavoratori che percepiscono stipendi da 681.70 zloty al mese (180 euro) e minimi salariali sulla soglia della sopravvivenza. Ed, infine, nemmeno i lavoratori dipendenti (la maggioranza della forza lavoro), poiché come spiega il sociologo Robert K. Merton “non è importante soltanto quanto guadagni o perdi in termini assoluti, ma anche quanto guadagni o perdi in termini relativi al tuo vicino di casa”. Così, anche se un operaio polacco guadagna qualche zloty in più al mese, rispetto a 15 anni fa, ma vede che il suo vicino commerciante quadruplica i suoi introiti e parcheggia una Mercedes vicino alla sua Fiat 126, è ben difficile spiegargli che dovrebbe essere più contento perché oggi è più ricco rispetto a 15 anni fa. Chi ha raccolto i frutti del libero mercato è la borghesia imprenditoriale, un esiguo ceto medio emergente concentrato nelle metropoli. Le altri classi, sentendosi tradite, disertano l’urna o scelgono l’estrema destra.
La delusione per un capitalismo inizialmente “idealizzato” si esprime nel disinteresse e nell’apatia totale. In Polonia, come in altri paesi dell’Est europeo, la formazione politica dominante è il partito del non voto. Un partito in continua crescita. Alle ultime elezioni europee, le prime della storia per un paese che aveva da poco aderito all’Ue, la partecipazione alle urne dei polacchi ha raggiunto i minimi storici (20% circa). La politica è argomento per le élite intellettuali e gli uomini d’affari che hanno rapporti con essa, non per le masse: il polacco medio è un “qualunquista”. Nel paese, serpeggia il conformismo e qualsiasi atteggiamento poco ortodosso non è tollerato. D’altro canto, qui non c’è mai stato un Sessantotto, una controcultura, un movimento punk, il femminismo, ecc. Non si sono avute proteste libertarie e anticonformiste come quelle che hanno scosso l’Occidente negli anni ‘60 e ‘70. Il comunismo e il cattolicesimo polacchi, pur grandi avversari nelle materie secolari, sono stati “alleati” per quasi mezzo secolo sul piano del conformismo e della retorica politica e morale.
L’anticomunismo viscerale, reazione verso un passato odiato e “imposto” (molti paesi dell’Europa orientale si definiscono “post-coloniali”), insieme con l’avversione al capitalismo predatore sostenuto in questi anni, nel loro avvicendarsi al potere, sia dalla “destra” che dalla “sinistra” post-comunista, stanno alla base del grande movimento di rinascita della conservazione nel paese. Un’involuzione ampiamente antimodernista, un utopico quanto reazionario tentativo di ritorno al Medioevo, che piace molto all’essenza oscurantista del pontificato di Benedetto XVI. La Polonia, d’altro canto, incarna perfettamente il grande progetto di restaurazione nel mondo della Chiesa di Roma, che cerca di fare piazza pulita di oltre due secoli di progresso ed emancipazione, ora che “il capitalismo e il marxismo hanno dimostrato il loro fallimento nell’era della globalizzazione”.
Oggi il fondamentalismo cattolico, l’euroscetticismo e il nazionalismo sono sentimenti piuttosto diffusi in Polonia, e sono alla base del successo di formazioni come La Lega delle famiglie polacche e il Partito di Autodifesa, integralista cattolico e nazionalista il primo (il cui leader, Roman Gyertich, Vice premier e ministro dell’Educazione, ha introdotto nelle scuole lezioni di “patriottismo” col pretesto di disinfestarle da “influssi omosessuali e pedofili”), populista e qualunquista il secondo. I vertici del potere politico sono stati conquistati dai gemelli omofobi e germanofobi Kaczynski (uno presidente e l’altro premier), intenti a fare del loro peggio per alimentare la deriva di un populismo negativo, che mette radici nella Polonia profonda, clericale, contadina, conservatrice e diffidente, mentre nel Parlamento europeo siede una legione di polacchi xenofobi e antisemiti, che ha già annunciato la fuoriuscita del loro paese dall’Ue se nel Trattato costituzionale europeo non vi sarà un riferimento alle radici cristiane. Completa il quadro di questa deriva neopopulista “Radio Maryja”, emittente fondata dal prete antisemita Tadeusz Rydzyk, condannata come blasfema anche dal Vaticano, ma che continua indisturbata le sue trasmissioni razziste.
La pruderie passatista che pervade il paese è ben simbolizzata dall’assunzione nel 1996 di provvedimenti restrittivi in materia di aborto (l’aborto è vietato, tranne che in alcune condizioni aventi finalità terapeutiche), dopo 40 anni di liberalizzazione, e da un disegno di legge presentato da Gyertich, su sollecitazione de La Lega delle famiglie polacche, che vorrebbe proibirlo del tutto (anche in casi di stupro, adulterio e feto con malformazioni irreversibili). In Polonia, i diritti riproduttivi e, più in generale, i diritti di genere sono influenzati dal crescente nazionalismo. E il nazionalismo polacco deprezza le donne, poiché è un’ideologia che esalta la virilità, e nello stesso tempo identifica la patria nella Madonna Nera, la “Santa Madre” o la “Madre Polacca” (Colei che si sacrifica per i suoi figli), una sorta d’idealizzazione di un modo d’essere donna disposta all’umiliazione e alla rinuncia totali. Nell’agosto del 2006, Gyertich ha visitato il santuario di Jasna Góra e ha fatto un voto alla “Santa Madre”: bandire dalla Costituzione l’aborto analogicamente comparato all’Olocausto. La “Santa Madre” di Gyertich è la personificazione della Polonia stessa, una specie di feroce divinità, a cui le donne devono essere immolate. Egli identifica i diritti delle donne con il tradimento della Polishness (concetto politico che definisce “che cosa deve essere un polacco”): “Le nostre donne non sono le puttane dell’Occidente, e i nostri uomini sono “veri” uomini, non omosessuali, travestiti o transessuali: voteranno contro l’aborto”. Le restrizioni alla legge hanno fatto crescere in questi anni il numero degli aborti clandestini stimati tra gli 80mila e i 200mila l’anno.
Non è un caso che Varsavia sia stata scelta quest’anno come sede del Congresso mondiale delle Famiglie, poiché come ha sottolineato Alan Carlson, direttore dell’Howard Center for Family, Religion and Society, e promotore dell’iniziativa, “l’Europa è oggi il campo di battaglia sulle questioni della famiglia e della popolazione (…) e la Polonia potrà salvare l’Europa come lo ha già fatto in passato”. L’obiettivo degli organizzatori è “…rispondere all’etica militante antifamiglia prevalente nell’Occidente post-moderno”, creando un network internazionale di organizzazioni attive nella difesa dell’istituto della famiglia naturale d’ispirazione religiosa, come fondamento di una società sana. In opposizione al dilagante individualismo laico, secolare e relativista, è necessario ristabilire - hanno sostenuto i congressisti - il naturale ruolo della famiglia, fondata sul matrimonio consacrato e indissolubile fra un uomo e una donna, e incoraggiare la creazione e la tutela delle famiglie numerose per programmare una via d’uscita da ciò che è stato definito “l’abisso dell’inverno demografico”, che attanaglia i paesi occidentali. Al centro del dibattito anche l’educazione dei giovani, che vanno preservati dal dilagare dell’ateismo e della pornografia. Ewa Sowinska, garante del governo per i diritti dei bambini, propone che gli insegnanti siano solo eterosessuali, e di sospendere dalla Tv polacca i Teletubbies, poiché sono una propaganda all’omosessualità. E tutto perché Tinky Winky, che sembra un uomo, gira con una borsetta.

ARRIVA IN POLONIA IL
“PARTITO DELLE DONNE”


Sulla scia del Manifesto della scrittrice Manuela Gretkowska “Polska jest kobietą” (La Polonia è donna), è nato in Polonia il “Partito delle Don-ne” che dal febbraio 2007 figura ufficialmente nell’elenco dei partiti. Un partito che si prefigge un nuovo ap-proccio alla politica e di avere nel nuovo Parlamento deputate decisa-mente capaci di rappresentare i diritti delle donne polacche


(26 luglio 2007)

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