Donne in Campo / CIA - Ha ritrovato la sua identità nella terra e nell’azienda di famiglia. Conversazione con Gea Turco, giovane presidente di Donne in Campo della Sicilia
Bartolini Tiziana Lunedi, 03/11/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2014
“Il pensiero di essere parte di qualcosa, di avere dei terreni su cui poter costruire e poter fare affidamento”. Questo il richiamo che da Ravenna - dove si è laureata in Conservazione dei Beni Culturali - ha riportato Gea Turco in Sicilia. Era il 2007 e a distanza di anni la scelta compiuta si è consolidata. “La morte improvvisa di mio padre mi ha svelato, di botto, che continuare a stare lontano da casa non aveva senso perché mi mancava l’identità. Pur riconoscendo a Ravenna di avermi dato molto, sono tornata in Sicilia praticamente di corsa. C’era l’azienda di famiglia, ma c’era anche un forte senso di appartenenza”. Gea Turco, 35 anni e presidente regionale di Donne in Campo, ha una bella storia da raccontare. È lei stessa una bella storia. “Sono la più piccola di quattro sorelle e, sì… hanno un po’ giocato dandomi questo nome, visto che Gea è la Dea della Terra e che la nostra è una famiglia di agricoltori da sempre. Una tradizione che si tramanda con difficoltà e ai miei genitori va un grande riconoscimento, perché con coraggio hanno portato avanti l’azienda agricola nonostante lavorassero altrove: mia mamma come maestra e mio padre impiegato in banca”. Un doppio binario che ha pesato nella trasmissione dei saperi, “quei saperi dei nonni che ci rendiamo conto di avere perduto”. Cresciuta in un contesto cittadino, Gea ha continuato a sentire in casa il profumo della campagna. E della sicilianità. Che riemerge dai suoi ricordi. “Uno speciale in tv sugli annosi problemi della mia terra mi ha fatto riflettere sul fatto che c’era un terreno reso infertile e inospitale che induceva tanti giovani ad andare via”. Lo status quo delle cose le fa dire ai giovani suoi coetanei “ok, facciamo le nostre esperienze fuori, ma poi dobbiamo tornare, questa terra ha bisogno di noi” perché “è importante portare qui quello che impariamo fuori. È un dovere morale”. E infatti è tornata, Gea.
E insieme alla mamma e ad una sorella gestisce i terreni del gruppo familiare nelle colline intorno a Enna: vari appezzamenti (in tutto circa 250 ettari) in parte destinati alla forestazione e in parte con coltivazioni (biologiche) cerealicole e con allevamento di vitelli. “L’azienda ha vissuto e vive ancora emergenze economiche e non è momento di grandi investimenti, ma piccole innovazioni le abbiamo fatte”. La soddisfazione è palpabile. “Abbiamo introdotto i grani antichi aumentando sempre più gli appezzamenti dedicati”. Una scelta commerciale o di marketing? “No, sentivamo proprio l’esigenza di una ricerca delle origini e i grani antichi vi corrispondevano”. Si tratta di un sentire che si inscrive nel progetto culturale più ampio di Donne in Campo della multifunzionalità e dell’agricoltura sociale, che “non è utile solo a chi ha particolari bisogni, come le persone con handicap, per fare un esempio”. I malesseri diffusi hanno tanti volti e sfumature “e lo scollamento tra città e campagna ha penalizzato la qualità della vita di chi abita in città. “Le persone hanno la necessità di stabilire un contatto diverso, di rieducarsi alla manualità, di riscoprire la stagionalità dei prodotti, di annusare il profumo della terra. Si è dimenticato che, fondamentalmente, tutti veniamo dalla campagna”. È proprio sull’agricoltura sociale, sulla perdita di competenze, sulla valorizzazione della manualità che Donne in Campo nell’isola ha avviato un focus sull’agricoltura sociale. “Organizziamo iniziative e attività per la conoscenza del territorio e promuoviamo la visita dei campi sperimentali sull’isola con la possibilità di creare nell’azienda situazioni di biodiversità o magari un piccolo giardino biodiverso. È obiettivo dell’associazione promuovere questa idea, essere motore di iniziative che cercano di modificare la situazione e di non delegare questo tipo di ricerca unicamente agli enti specializzati o alle università”.
È un lavoro culturale profondo e di lungo periodo, perché bisogna recuperare potenzialità e competenze che le distorsioni della politica hanno disincentivato. “L’accesso al ‘posto fisso’ ha consentito una vita più comoda ma ha anche comportato una perdita della fiducia in se stessi, le persone hanno dimenticato le loro competenze e la loro capacità imprenditoriale è stata soffocata”. Insomma lo svuotamento delle campagne ha regalato un benessere effimero pagato a caro prezzo con un “malessere” da cui è difficile guarire e con l’impoverimento del territorio. L’Expo 2015 è il grande appuntamento nazionale e planetario che potrebbe portare nuova propulsione, ma Milano e la Sicilia sono lontani e, osserva Gea, “il messaggio che arriva qui è confuso, è come se fosse tutto distante anche nel tempo. Le iniziative che stiamo facendo qui volevano essere anche di preparazione”. Un peccato, perché il senso dell’EXPO 2015 - tra i tanti - è anche quello di indicare nuove strade di sviluppo economico, soprattutto in regioni particolarmente in difficoltà. “L’agricoltura è una grande speranza di riscatto per la Sicilia, insieme all’industria collegata alla filiera: quella di trasformazione. Niente a che vedere con l’industria chimica che distrugge il territorio e fa ammalare le persone, come gli esempi negativi dei poli chimici che abbiamo”. Sguardo lungo, quello di Gea, che dice delle donne “sono l’enzima del cambiamento e la sua accelerazione” a patto che siano “più incluse nella società e che abbiano più accesso all’agricoltura”. Ma come si immagina nel suo futuro, questa giovane e determinata siciliana del Terzo Millennio? “Spero di potermi vedere con i capelli grigi in campagna, lavorando in un’azienda multifunzionale che produca di tutto: dalla A di api alla Z di zafferano”. Una ragazza coraggiosa? “no, anzi dovrei fare di più”, e la mafia? “la cosa giusta è fare bene il nostro lavoro, andare avanti in maniera corretta, presidiando il territorio”. Non c’è dubbio: è una scelta d’amore che Gea ha fatto consapevolmente perche, spiega “la terra mi da la possibilità di essere parte di questo territorio e la coltivazione della terra anche di più”.
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