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Gaza / Un patrimonio umano e storico inestimabile - di Giovanna Cifoletti

Gaza / Un patrimonio umano e storico inestimabile - di Giovanna Cifoletti

La guerra e i bombardamenti hanno danneggiato anche monumenti e testimonianze della antica storia di quei luoghi. Occorre un impegno per il recupero di questo patrimonio culturale del Mediterraneo

Lunedi, 10/02/2025 -

La grande storica dell’età moderna Natalie Zemon Davis nel 1997 ha detto: «Per quanto il presente ci appaia statico e disperante, il passato ci ricorda che il cambiamento può avere luogo. Almeno le cose possono essere differenti. Il passato è una fonte infinita di interesse, può essere perfino una fonte di speranza».
In quanto donne abituate a vivere in Italia, o nelle terre intorno al Mediterraneo, sappiamo quanto le tracce materiali del passato siano sufficienti a generare la speranza e perfino l’entusiasmo. In quanto italiane, sappiamo purtroppo anche quanto la guerra (si pensi ai bombardamenti su Pompei), come pure la migrazione forzata, può distruggere e portare alla disperazione, alla perdita di riferimenti e della loro trasmissione, alla dispersione della molteplicità culturale e all’incapacità di vivere insieme nella diversità linguistica. Fare tabula rasa non porta a un nuovo inizio, ma piuttosto all’abisso della mancanza di accesso alla memoria, all’assenza di empatia e all’annientamento volontario del nostro rapporto al passato.
L’attualità ci propone un caso esemplare di questa distruzione della memoria: oggi siamo nello sgomento per la notizia che il presidente degli Stati Uniti propone di fare pulizia del popolo e delle macerie determinate dai bombardamenti per trasformare la striscia di Gaza in una nuova Riviera.
Purtroppo siamo stati testimoni impotenti non solo dell’uccisione dei cittadini di Gaza e dell’annientamento loro habitat, ma anche della distruzione sistematica della sua eredità culturale. Il bilancio delle perdite di questa eredità completa il bilancio delle perdite umane, senza precedenti in così poco tempo. Ma ancora oggi è importante contrastare l’immagine di Gaza come una lunga spiaggia coperta da tendopoli e da montagne di edifici moderni distrutti. Essa è falsa: la striscia di Gaza è popolata da più di 3500 anni, varie civiltà vi hanno lasciato delle tracce e fino alla guerra attuale era riuscita a preservare un patrimonio archeologico e storico di estrema importanza. Tra l’altro le donne palestinesi, responsabili delle tradizioni di tante tradizioni artigianali come la cucina e il ricamo, hanno contribuito anche alla conservazione dei monumenti: diverse archeologhe palestinesi oltre che inglesi, a partire dal XIX secolo, hanno lavorato agli scavi in Palestina, tra queste si ricorda Yusra al Karmelieh, che scoprì il teschio di un uomo di Neanderthal e poi scomparve tra i dispersi della Nakba. L’attività archeologica è stata interrotta solo dalla guerra, basti pensare che ancora nel febbraio del 2022 nella striscia di Gaza fu scoperto un cimitero romano a Beit Lahiya, una zona poi attaccata a più riprese, fino al dicembre 2024. Secondo l’UNESCO almeno 75 siti storici sono stati distrutti o danneggiati. Si tratta per esempio del mosaico bizantino di Al Bureij, che ricorda quello di Ostia, o quelli del monastero di Sant’Ilarione, fondatore del monachesimo palestinese, nato cinquant’anni prima di Sant’Agostino e un secolo prima di Sant’Ambrogio.
Si è parlato della chiesa di San Porfirio, tra le più antiche al mondo, o della moschea Sayed al-Hashim, del 1100.
Dal 9 ottobre 2023 i bombardamenti hanno danneggiato e distrutto buona parte di questo patrimonio.
Tra le organizzazioni che hanno recensito prima i siti di interesse archeologico e storico e poi hanno documentato la loro distruzione ci sono l’UNESCO, Gaza Histoire (CNRS e université Paris 1 Sorbonne), l’università di Oxford, il World Monument Fund Oxford. Oltre alle prove dei i reati commessi secondo il diritto internazionale per il patrimonio dell’umanità, si tratta di creare le condizioni per la messa in sicurezza, il restauro, eventualmente la ricostruzione.
Pensare al futuro significa pensare alla memoria che le generazioni future potranno avere. Se tutte le tracce sono cancellate, non saranno più disponibili per la memoria delle generazioni future.
La domanda che dobbiamo quindi porci tutte e tutti è: che cosa possiamo fare per il recupero di questo patrimonio culturale del Mediterraneo prima della sua cancellazione totale?

Giovanna Cifoletti
Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Paris


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