Sabato, 11/07/2009 - Il re d’Abruzzo, il Guerriero di Capestrano è l’unico grande rimasto a L’Aquila oggi. Come per la fine di una festa, fa un po’ tristezza la cittadella vuota, se non paura, nella condizione in cui siamo.
Il giorno dopo il G8, L’Aquila non è più obiettivo sensibile, sorvegliata speciale e neppure ombelico del potere del mondo. La città prova a tornare alla sua normalità attuale, quella di un post disastro, che vorremmo durasse poco.
Qualcosa è già cambiato però, nella consapevolezza degli spettatori. La grandiosità del G8 ha mostrato, anche a noi amministratori, come l’esigenza impellente e la causa di forza maggiore possano dissolvere la ragionevolezza del tempo fino a far materializzare nuove strade in un mese e rotatorie per il traffico che si annodava da anni. Abbiamo visto un aeroclub trasformarsi in aeroporto, un’austera caserma diventare uno sfavillante villaggio mediatico, con corridoi spartani diventati sontuosi salotti e musei estemporanei. Abbiamo visto anche donare disinvoltamente diamanti per ospitalità.
Bene. Avevamo da subito detto sì a questa grande opportunità e non siamo pentiti. Siamo stati al gioco senza cadere in moralistiche ingenuità e ci conveniva così. Lo abbiamo fatto perché la frastornante attenzione del mondo, dalla memoria corta, riaccendesse almeno per tre giorni le telecamere sulle macerie.
Attraverso gli occhi dei capi di stato e le lacrime delle first ladies una consapevolezza ha attraversato il pianeta: il dolore è ancora qui, la ferita è aperta, non valgono altri messaggi mistificatori.
Ci aspetta una sfida enorme a cui non possiamo essere lasciati soli. Dobbiamo rimettere insieme i pezzi di una città, di una comunità, di un’economia e superare in fretta un trauma.
L’impellenza e la causa di forza maggiore, ora, deve essere questa. Con lo stesso zelo che abbiamo visto per gli 8 grandi, a testa bassa si pensi ora ai 100.000 nessuno a cui è stata azzerata la vita. Tornino qui i capi di stato anche dopo, per monitorare le opere che hanno scelto di adottare.
Non ci si accontenti dei new village, ma si cominci a guardare anche ai centri storici da restituire alla vita, migliorandoli dove possibile. Alle case ed alle piccole economie da far ripartire. Al lavoro che è tragedia personale di molti e collettiva per il nostro problematico tessuto economico. Non si dimentichi che c’è da rimediare alla beffa di un decreto ingiusto ed a una norma iniqua, che ci obbliga a restituire totalmente le imposte non versate, già dal mese di gennaio, come se l’emergenza fosse già finita.
Non siamo degli ingrati come qualcuno vorrebbe far passare. Non chiediamo diamanti, ma case. Non il superfluo, ma l’essenziale.
Se questo G8 non sarà servito a far capire questo, e a far nascere l’urgenza della ricostruzione, avrà fallito il suo obiettivo morale, se anche risolvesse la fame nel mondo. E si ricorderà solo come un’isola di sfarzi per delegazioni e giornalisti, nel nulla assoluto della distruzione.
Vogliamo tutti che non sia così, e per l’impegno che ci aspetta giro a tutti gli aquilani l’esortazione fraterna fattami da un sorridente Obama:”Coraggio!”
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