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Futuro è...

Futuro è...

Sondaggio di dicembre - 'Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni' Eleanor Roosevelt

Rosa M. Amorevole Sabato, 15/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011

Il nostro desiderio di conoscere il futuro sembra essere insaziabile. Il bisogno di conoscere cosa succederà, nel privato, nei mercati, nelle evoluzioni della società, per capire prima degli altri per poter razionalmente pianificare strategie per difendersi.

Il futuro ha sempre avuto un posto molto speciale nella filosofia e nella mente umana. Non è forse l'evoluzione del cervello umano in grande parte sviluppo di abilità cognitive necessarie a predire il futuro: immaginazione astratta, logica ed induzione?

L'immaginazione ci permette di vedere ciò che potrebbe essere in futuro una certa situazione, senza osservarla davvero. Le ragioni logiche permettono la previsione delle conseguenze inevitabili di azioni e situazioni. L'induzione, invece, permette di associare una causa alle sue conseguenze, nozione necessaria per ogni predizione di quel che sarà.

Da un lato si vorrebbe conoscere il futuro sia per poter affrontare le situazioni in continuo cambiamento, dall’altro si desidererebbe avere il tempo per soffermarci ed affrontare a fondo tutte quelle riflessioni che ci potrebbero permettere di entrare a fondo sui temi e sui problemi della vita, magari per riuscire anche ad essere protagoniste di una trasformazione.

Le risposte, che arrivano al sondaggio del mese, solitamente tendono a distribuirsi tra le opzioni proposte. In questo caso si assiste ad una netta divisione tra chi ne offre una visione non positiva (il 7% delle risposte “incertezza, paura, precarietà” e il 36% di quelle che lo ritengono “impossibile, se non si costruisce”) e chi spera che il futuro possa garantire “dignità e diritti per tutti” (il 57%).

Come scriveva Flaubert “l’avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge”. Ma se si dovesse immaginare l’Italia del futuro, le suggestioni arrivate sono molteplici: un paese “verde, onesto, aperto, accogliente e giusto”, “interculturale”, con le donne in prima fila pronte a fare la loro parte e che ritrova la sua “dignità politica”. Un luogo dove le aziende sono aiutate per uscire dalla crisi e dove le comunità sono in grado di sviluppare cultura, dove i giovani e la ricerca non sono cosa da buttar via.

C’è poi chi vede solo molte difficoltà, “soprattutto per le donne native e migranti” tanto da rendere il futuro duro e “difficile da immaginare”. Interessanti suggerimenti arrivano per la costruzione di un mondo migliore: c’è che ricomincerebbe “dalle persone in difficoltà” (madri, bambini, coppie e single nativi e migranti), chi dalle energie alternative con un grande impegno per “il rispetto degli equilibri ambientali”; “la pace, la dignità individuale, i diritti, l’istruzione, l’educazione”. Ed ancora: l’onestà, la partecipazione, una politica interessata al bene comune più che ai ritorni personali. La scuola, i giovani, una più equa distribuzione delle ricchezze. E le donne. Più donne competenti nei posti decisionali, e forse qualche cambiamento lo potremo registrare.

A fine dicembre è uscito il 44° Rapporto sulla situazione del Paese 2010 del Censis nel quale, tra l’altro, si rilevano negli italiani manifestazioni di fragilità sia personali sia di massa. “Comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e futuro”. Si descrive una società appiattita che “fa franare verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa”. Oggi sembrerebbe mancare il desiderio, ammonisce il Censis. “Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita”, è la ricetta proposta. Scriveva Eleanor Roosevelt “il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni”. Le donne sono piene di desideri, e se le lasciassimo fare?



(17 gennaio 2011)

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