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Fu Liberazione e conquista di un diritto

Fu Liberazione e conquista di un diritto

Da 60 anni libere di scegliere - Il voto alle donne dopo che avevano combattuto insieme ai partigiani non era affatto scontato

Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006

Ero molto emozionata quel 2 giugno 1946. Anche per me era il primo voto! E soprattutto lo sentivo come una conquista, cui, sia pur poco, avevo contribuito. Nell’autunno del ’44, nell’Italia liberata, noi del Comitato pro voto eravamo convinte che il diritto di eleggere e di essere elette le donne italiane lo stavano conquistando nell'Italia occupata, combattendo nelle formazioni partigiane e nei "Gruppi di difesa della donna" per la liberazione dall'occupazione nazista, per la pace, la libertà e la democrazia. Sembrava scontato che, restaurato un regime democratico, le donne avrebbero avuto automaticamente diritto al voto. In realtà non era così. Infatti, a parte le dichiarazioni favorevoli di alcuni leaders, era prevalente nel mondo politico il disinteresse; addirittura un'ostilità appena mascherata. I liberali ad esempio volevano rinviare la decisione circa il diritto di voto delle donne alla futura Assemblea Costituente. Fu necessaria una pressione e una petizione popolare. Il decreto del 31 gennaio 1945 fu perciò un risultato importante. Le donne il 2 giugno si avvalsero del loro diritto, votando nella stessa percentuale degli uomini e 21 donne vennero elette all’Assemblea Costituente. Fu grazie a loro che nella Costituzione furono inseriti diritti fondamentali per le donne e fu introdotto quell’articolo 3 che, oltre a dichiarare che tutti i cittadini erano eguali indipendentemente dal sesso, stabiliva che la Repubblica avrebbe dovuto agire per rimuovere gli ostacoli che a quell’eguaglianza si frapponevano. Ci sono volute molte lotte delle associazioni femminili, battaglie nel paese e nel parlamento per tradurre in realtà i principi costituzionali, ma in 60 anni la vita delle donne italiane è cambiata. Parità, ingresso nel lavoro, nelle professioni, nell’università e nella ricerca, diritti propri delle donne, come l’autodeterminazione nella maternità e nell’aborto sono stati sanciti. Era un’illusione invece che il diritto di voto attivo e passivo avrebbe comportato di per sé l’ingresso paritario delle donne nelle istituzioni. Ancora oggi il divario tra la posizione che esse occupano nella società, le molteplici funzioni che esse vi esercitano e il posto che esse hanno nella vita politica, nei luoghi dove si decide, nel parlamento, nel governo, nelle direzioni dei partiti è assai grande: in 60 anni le percentuali delle donne elette in parlamento e nelle assemblee locali, sia pur con alti e bassi, sono poco cambiate.
Purtroppo negli ultimi decenni è emersa una disaffezione dal voto. Le vicissitudini del sistema politico italiano negli ultimi anni della storia della Repubblica, hanno logorato il rapporto delle donne con la democrazia. Molte oggi avvertono una contraddizione tra il loro bisogno di concretezza e di operatività e moduli, schemi, ritualità e linguaggi in cui esse non si riconoscono. Ma, soprattutto, negli ultimi cinque anni le forze di governo hanno diffuso a piene mani, in particolare attraverso il controllo dei media, il veleno di una cultura reazionaria, becera, antifemminista. Si è cercato di imporre un’immagine della donna tutta moda e seduzione: una preda offerta al maschio, non una persona, una cittadina. Si è voluto creare il clima per demolire le conquiste delle donne, per spingerle indietro: per migliaia di giovani donne un lavoro non precario, la parità di retribuzione, il diritto a programmare la propria vita e il proprio futuro, a coniugare lavoro e vita familiare sono ormai un’utopia. I consultori, la legge di depenalizzazione dell’aborto, persino il principio che la violenza sessuale è un delitto contro la persona sono sotto attacco. La penosa vicenda delle cosiddette “quote rosa” è emblematica. Mai come ora, perciò, il voto torna ad essere per le donne un’arma decisiva.
Tra le donne ci sono tante diversità, di cultura, di visione del mondo, di collocazione sociale, esse però hanno un interesse che le accomuna: difendere la loro dignità di persone, il loro diritto a scegliere, ad autodeterminarsi, a costruirsi un futuro, salvaguardare le conquiste ottenute, liberare il paese dai miasmi dei veleni reazionari e antifemministi. Col voto possono farlo.


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