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'Freedom Theatre', il buio sulla speranza

'Freedom Theatre', il buio sulla speranza

E' stato ucciso Juliano Mer Khamis, direttore della Scuola di Teatro per i bambini del campo profughi di Jenin.

Mercoledi, 06/04/2011 - Il Teatro della Libertà -"Freedom Theatre", con il suo sogno di trasformare la violenza, la rabbia, la frustrazione in espressione artistica, creatività, "parola", dando spazio alla cultura piuttosto che alle armi, aveva avuto origine da una donna, la madre di Juliano Mer Khamis, Arna, attivista dei diritti umani, che nel 1987 creò questo spazio teatrale per i bambini di Jenin traumatizzati dalle violenze della infinita guerra arabo-israeliana e dall'occupazione, -iniziativa per la quale ebbe nel 1993 il "Right Livelihood Award", meglio conosciuto come "Il Premio Nobel alternativo".Arna morì poi di cancro nel 1995.

Ma cinque anni fa, nel 2006, il Freedom Theatre per i bambini e i ragazzi del campo profughi di Jenin risorgeva ad iniziativa di Julian Mer Khamis, regista, attore, intellettuale. Figlio di Arna, israeliana, e di un palestinese, Julian si poneva come testimone e punto d'incontro di culture diverse e apparentemente inconciliabili. Al suo fianco Zakaria Zubeidi, ex leader della "Brigata dei Martiri di Al-Aqsa", comandante di Fatah ai tempi della Seconda Intifada che però aveva rinunciato alla lotta armata in favore di una resistenza attraverso la catarsi dell'arte. Juliano era noto a livello internazionale per il suo documentario "Arna's Children", dedicato alla madre e al suo tentativo di sottrarre i bambini di Jenin alla violenza e alla miseria insegnando loro il linguaggio della creatività grazie al teatro. Aveva anche recitato con Diane Keaton nel film "The little drummer girl"(George Roy Hill, 1984) e nel recente film "Miral" di Julian Schnabel (2010), ispirato al libro della giornalista Rula Jebreal.

In relazione al Freedom Theatre così affermava in una intervista:"Stiamo parlando di migliaia di persone che vivono in un deserto culturale. Parliamo di bambini che non hanno la possibilità di esprimersi attraverso le arti o con qualunque altro strumento. Bambini senza una biblioteca, un teatro, un cinema.Noi cerchiamo di dar loro spazi perchè possano incanalare la loro rabbia e la loro frustrazione in modo costruttivo. Speriamo che tutto ciò faccia parte di un contesto di lotta per la libertà.Stiamo cercando di formare una nuova generazione che possa alzarsi in piedi e gridare forte il proprio messaggio. Che

possa fare qualcosa per la propria liberazione non necessariamente usando un Kalashnikov".

I bambini di Jenin non sono solo bambini privi di benessere e cultura.Sono bambini che hanno visto cose che anche un adulto farebbe fatica a reggere:aggressioni, distruzioni, cadaveri, violenze; bambini abituati all'odio e alla contiguità con il dolore e la morte.

Ecco le parole di Asma, una ragazzina di 13 anni con alle spalle una drammatica vicenda-due fratelli uccisi, uno in prigione, la sua casa due volte distrutta-,entrata a far parte del Teatro : "Con il teatro ho imparato a esprimermi e a controllare l'odio che mi stava uccidendo".

“The Freedom Theatre” in questi anni ha regalato a chi vive in una realtà di emarginazione, violenza,

isolamento, la tregua della magia e della fantasia, organizzando laboratori, performances e messe in scena regolari, l'ultima delle quali, in febbraio, Alice in Wonderland. Attraverso la collaborazione di esperti e volontari sono stati realizzati progetti multimediali nell’ambito della regia, della fotografia, della scrittura, con un grosso impegno di iniziative per la ricerca di sostegno finanziario.

Il 4 Aprile 2011 Juliano Mer Khamis è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco da ignoti,- forse integralisti islamici, o forse, come ipotizza Zubeidi,una "potente organizzazione" per cui Juliano era un elemento di disturbo. Non aveva consapevolezza di essere in pericolo:abitava a Jenin e quando è stato colpito era insieme al figlio di pochi mesi e alla babysitter.

Nel 2009 però era stato minacciato di morte, accusato di essere una spia, e comunque guardato con sospetto per le sue origini e il suo impegno laico per una resistenza che non si basasse sulla violenza e sullo spargimento di sangue, per una conciliazione "impossibile" tra popoli da troppo tempo nemici.

Una sconfitta per l'arte, per la speranza, per la cultura della pace. Resta il bisogno di credere che la sua morte non sia anche la morte dell'Utopia con cui lui e Arna avevano sfidato il destino.

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