Francoforte / Lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
CULTURA&FUTURO, ADDIO/3 - A proposito della chiusura dell'Istituto italiano di Cultura di Francoforte pubblichiamo la lettera aperta di Piazza Francoforte e.V inviata anche ai parlamentari
Piazza Francoforte e.V. Sabato, 07/06/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2014
Lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
Egregio Presidente, a questa lettera, che ha per oggetto la prevista chiusura dell’Istituto di Cultura di Francoforte, uniamo i pareri in proposito di autorevoli cittadini di Francoforte sul Meno e di altri, che ci hanno voluto inviare le loro riflessioni sul danno culturale che la soppressione dell’Istituto italiano di Francoforte arrecherebbe alla città - una città non solo importante per la sua centralità geografica ed economica, ma anche per una vocazione internazionale vecchia di secoli, testimoniata dall’attuale presenza di circa 180 lingue ed altrettante nazionalità. Proponiamo alla Sua attenzione le concrete ed immediate conseguenze di questa decisione e cioè le brutte figure che faremo a fronte dell’attuale clima di collaborazione con enti ed istituzioni della città e nel contempo l’abbandono di iniziative a vantaggio della locale comunità italiana. La spesa più consistente a carico dell’istituto è quella dell’affitto dei locali: un appartamento di cinque stanze, in cui si svolgono i corsi di lingua organizzati dall’associazione “Italiani in Deutschland”. In mancanza di locali i corsi verrebbero cancellati, sia quelli per adulti sia quelli per bambini in età prescolare, propedeutici, questi ultimi, per accedere alle classi bilingui di alcune scuole della città. Di conseguenza si mette in pericolo l’esistenza delle classi bilingui, che sono la via principe per rendere possibile ad italiani, anche poco scolarizzati (la maggioranza tra i 16.000 italiani residenti a Francoforte), crescita culturale e spesso il conseguimento della maturità bilingue. Inoltre si compromette la diffusione dell’italiano tra i tedeschi, che sono i principali estimatori e fruitori dei beni culturali d’Italia, con una spesa complessiva di 6,4 miliardi di euro nel 2012. Dato che per l’attuale ristrettezza dei locali le manifestazioni culturali dell’istituto hanno luogo altrove - la biblioteca centrale di Francoforte, il Goethe-Institut, l’Istituto Cervantes, solo per nominarne alcuni - verrebbe a cessare una collaborazione, che ha confermato il carattere multiculturale della città e che tra l’altro all’Italia non costa nulla. L’associazione ”Italiani in Deutschland” ed il Kulturamt della città, per esempio, organizzano annualmente un programma di visite guidate di musei per famiglie italiane con bambini, sempre nell’ottica di una progressiva acculturazione della comunità italiana locale. Forse in Italia non ci si rende conto di quanto siano necessarie simili strategie per avvicinare alla cultura gli italiani emigrati in Germania, oramai alla terza generazione ma rimasti pericolosamente al di fuori dall’ascesa professionale e sociale che contraddistingue invece altre nazionalità. Se anche la nostra esperienza non ce lo dicesse, i dati dello Statistisches Bundesamt ci confermano che la percentuale di scolari italiani è la più alta nelle scuole differenziali e la più bassa nei ginnasi/licei. L’Istituto di Cultura è sempre stato molto sensibile a questa problematica e ci ha aiutato in tutte le iniziative che le nostre associazioni hanno intrapreso per sostenere l’identità culturale dei connazionali. Ricordiamo, a titolo di esempio, le manifestazioni per il 150esimo dell’Unità, la mostra “donne e mafia” e la fondazione di una biblioteca italiana, in cui il sostegno e l’aiuto logistico dell’Istituto è stato fondamentale - mentre quello finanziario è sempre venuto da parte tedesca. Se queste iniziative verranno, come è prevedibile, ridotte per la mancanza dell’Istituto, ne soffrirà anche la collaborazione con la città, le sue istituzioni e le fondazioni che finora ci hanno sostenuto. È impensabile che questo non comprometta i buoni rapporti e i contatti che in decenni di volontariato abbiamo stabilito con i tedeschi, i quali non possono capire che si metta a rischio tutto ciò per un risparmio di 110.000 € all’anno. Equiparare gli stipendi dei manager pubblici italiani a quelli della Repubblica Federale (dove la cancelliera ha un mensile di 13.000 € circa) è la prima cosa che viene in mente a un tedesco. Che invece si preferisca chiudere un Istituto di Cultura non farà che rafforzare i pregiudizi sull’inaffidabilità delle istituzioni dell’Italia e del suo governo. Nel rivolgerci a Lei, che ha dimostrato una particolare sensibilità per il tema della scuola e della cultura, non possiamo fare a meno di sottolineare che quel divario storicamente presente in Italia tra una massa che non legge ed una elite intellettuale che non ha pari in Europa - confermata giustappunto da una indagine della UE di qualche anno fa - si è riprodotto pari pari tra gli italiani in Germania. A fronte di una maggioranza incolta abbiamo oggi un numero di ricercatori e professori che lavorano nelle università tedesche secondi solo ai cinesi e davanti agli austriaci, francesi e inglesi. Se a questi aggiungiamo la nuova emigrazione di laureati in cerca di occupazione, avremmo ora le persone adatte a fare da tramite tra le istituzioni locali e gli emigrati poco scolarizzati, una situazione, per noi nuova, che ha agevolato la crescita di altre nazionalità. A queste condizioni potremmo continuare più proficuamente il nostro lavoro per la crescita culturale e sociale della comunità italiana - che rimane comunque una risorsa economica importantissima per il marchio italiano in tutti i campi, come hanno riconosciuto già precedenti governi - ma per questo è inderogabile che continui ad esistere chi ci rappresenta, aiuta e sostiene nella nostra identità di origine storica e culturale, l’Istituto Italiano di Cultura.
Liana Novelli, Presidente di Piazza Francoforte e.V.
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