Di cultura italiana, di lingua tedesca, di intelligenza sovranazionale: una giornalista che dagli schermi televisivi ha spiegato ai tedeschi l'Italia vera. Peraltro iniziando in tempi in cui il Bel Paese era giudicato dalla gente di Germania attraverso i gastarbeiter - gli immigrati colà "spediti" a lavorare dall'accordo bilaterale del '55 -, oltre che da un sentire popolare rafforzato dalle trascorse vicende belliche (inaffidabili se non voltagabbana), ma in piccola parte addolcito da vacanze estive in Romagna. Ha raccontato la politica, l'arte, la società e pure la cucina italiane, con passione, raffinatezza e opinioni progressiste. Si chiamava Franca Magnani e vide la sua ventennale e brillante carriera concludersi bruscamente nel '77, con un licenziamento politico, e le sue ragioni riconosciute troppo tardi sia dalla magistratura sia dalla Repubblica tedesca (medaglia dell'Ordine al merito). Tanto nota nella sua nuova patria quanto praticamente sconosciuta da noi. Perché?
Confesso con imbarazzo che non la conoscevo e come me quasi tutte, tranne una, le italiane, alcune giornaliste e molte accademiche, che partecipavano al convegno italo tedesco "Creatrici di opinione in minoranza: giornaliste in Germania e in Italia tra passato e presente" (dal 10 al 12 settembre scorso nella Fondazione di Villa Vigoni: territorio germanico sul lago di Como). Perché, dunque? Una rimozione collettiva di cui le relatrici tedesche si sono stupite, ma dovuta probabilmente ad un motivo molto italiano: per la stampa nostrana lei era la figlia di, ma soprattutto la moglie di. Cui consegue un ulteriore motivo, anch'esso molto italiano: la damnatio memoriae degli avversari politici all'interno della sinistra. E difatti l'ultima (bellissima) intervista, Franca, una collega di cui andare orgogliose di Simonetta Fiori su Repubblica - 13 ottobre 1991, interpellava Franca in qualità di vedova di Valdo Magnani, il secondo marito, il "comunista eretico" di cui condivise le scelte politiche.
Conviene allora riavvolgere il nastro e riferire le testimonianze in prima persona portate dalle colleghe tedesche, a Villa Vigoni, ossia fra le altre da Magdalena Kemper e Carmen Thomas, oltre che dalla vicedirettrice e consigliera scientifica Christiane Liermann (che ha fortemente voluto a Loveno di Menaggio una mostra biografica su di lei: sino al 20 novembre). Mi sono poi ulteriormente rifatta leggendo Una famiglia italiana, l'autobiografia pubblicata nel 1991 da Feltrinelli (Eine italienische Familie edita, come gli altri suoi libri, l'anno prima intedesco; https://books.google.it/books?isbn=8807811944) e che suggerisco vivamente.
Dunque Franca nella sua vita ha quattro nomi. Nasce chiamandosi Schiavetti, nel 1925 a Todi e qui coi nonni materni resta per qualche anno dopo che i genitori con la sorellina son dovuti sfuggire al fascismo andando in esilio prima a Marsiglia e poi dal 1932 in Svizzera: il padre Fernando Schiavetti, giornalista, livornese, socialista e amico di Pertini, era infatti direttore de La voce repubblicana. Lei li raggiunge ed è a Zurigo, dove il padre è nascosto sotto lo pseudonimo di Bondanini, che studia e cresce nell'ambiente dei fuoriusciti politici, che inizia a scrivere i primi articoli, che sposa giovanissima il giornalista svizzero Arnold Kunzli.
In carriera, diventa dapprima corrispondente da Londra; sarà però in Germania, a Bonn dal '55, nella televisione pubblica, che inizia a raccontare l'Italia della cronaca e della storia ai tedeschi. Il ghetto ebreo a Roma, i figli venduti in Sicilia, i politici, la battaglia per il divorzio, la mafia, ma anche lo stile di vita e dunque Mastroianni, Fellini, la Dolce vita. Dibatte con accanimento di politica nei primi talk show ("era ironica, ma anche molto litigiosa": i tedeschi non c'erano abituati e così le sue cronache e le sue intemerate divenivano materia di ulteriore discussione), ma poi spiazza tutti e si mette ai fornelli e dal video insegna come preparare spaghetti e gnocchi...
Finché Franca Schiavetti, ex Bondanini, ex Kunzli, incontra Valdo e diventa Magnani. Iscritto dal '36 al Pci, partigiano coi titini, poi deputato, antistalinista della prima ora e dunque espulso con ogni ingiuria. Franca ne condivide le battaglie - lo spalleggia anche contro il proprio padre - e con lui si trasferisce a Roma dove diventa la prima corrispondente dall'estero della televisione tedesca, ARD. Per capirci, è a casa sua che si tiene il primo incontro riservato fra Enrico Berlinguer e Willy Brandt. E intanto ha messo al mondo due figli. Nel '77, si badi alla data, viene licenziata. Il 1977 è quello del tragico epilogo della "banda Baader-Meinhof" ovvero della Rote Armee Fraktion: sparatorie, ostaggi sequestrati e uccisi, dirottamenti, teste di cuoio, terroristi morti nel conflitto a fuoco più altri due "trovati suicidi" l'indomani nel carcere di Stammheim.
È l'occasione per una svolta moderata ed il giro di vite che colpisce anche la stampa porta ad un duro scontro nella redazione romana della ARD. E Franca Magnani è messa alla porta. Intenta una lunghissima causa - ma nel frattempo scrive libri, produce documentari, vince il premio Giornalismo coraggioso - che si conclude più o meno assieme alla sua vita, stroncata da un cancro a settant'anni.
Franca Magnani fu convinta assertrice dei diritti e dei valori delle donne. Tributa nel citato Una famiglia italiana (per inciso: 300mila copie) un riconoscimento di stima professionale alla sua prima caporedattrice svizzera, della rivista Annabelle, e scrive molti pezzi sull'arretratezza del maschio italico - poi raccolti nel volume Ciao bella. L'uomo italiano - , a partire dai compagni. È chiara e lapidaria; nel '62 scrive che "i comunisti italiani non sanno niente delle pari opportunità e non gli interessa saperlo". Già dal '67 racconta non solo le lotte studentesche ed operaie, ma anche quelle delle donne. E sostiene con partecipazione il "femminismo necessario".
Racconta la miopia degli osservatori politici, che non capivano le lotte emancipatorie e sbagliavano regolarmente le previsioni. Anche le vicende processuali che avvia, prima contro la radio bavarese per discriminazione e poi impugnando il licenziamento dalla televisione, sono sì la reazione ad una repressione politica, ma sotto sotto sono anche un regolamento di conti maschio/femmina: fra un uomo d'ordine (il caporedattore molto tedesco e molto democristiano) ed una donna libera cittadina del mondo.
Negli archivi dello Spiegel c'è tutto, poiché il quotidiano ha per un decennio resocontato minuziosamente su questa causa infinita. E qualcosina c'è anche nei libri che, raccogliendo i suoi articoli per temi, i figli hanno pubblicato dopo la sua morte. Alcuni anche preveggenti, come Mia Italia. Roma fra caos e miracolo. Franca, una collega di cui andare orgogliose.
Lascia un Commento