Giovedi, 09/04/2009 - Uno storpio e un cieco uniti dalla solidarietà solo per un istante della loro vita stracciona; una donna senza una cornice temporale e spaziale inchiodata a un dondolo; due individui - un pasticcione sfigato e un meticoloso ossessivo - prigionieri dei loro destini di solitudine; tre signore mature spettegolanti su una panchina. Sono questi i protagonisti di “Fragments”, cinque folgoranti atti unici di Samuel Beckett messi in scena da Peter Brook. Campioni di un’umanità scalcinata e senza speranze, ma prodigiosamente vitale, si animano e svaniscono nel “miglior spettacolo straniero presentato in Italia” (secondo il prestigioso Ubu che l’ha premiato il gennaio scorso). Li si vede arrabattarsi nel buio, intrecciare parole e gesti inutili in un mondo che li già scalzati dalle loro esistenze. Li accompagnano poche cose: un violino, una sedia, un sacco, una panchina, un abito liso.
In quello sfondo spoglio si stacca un tris di attori dotati di qualità mimiche e interpretative d’eccezione (Hayley Carmichael, Antonio Gil Martinez e César Sarachu), che nei panni dei soggetti messi in luce sprigionano alla perfezione l’immobile drammaticità del testo e l’intensità espressiva del drammaturgo irlandese premio Nobel nel 1969.
La rapsodia composta dal regista inglese, è irresistibile: fra momenti intrisi di tristezza e passaggi che fanno ridere fino alle lacrime illuminano appunto i “frammenti”, ora silenziosi ora logorroici, di un’umanità scalcinata e senza speranza, formicolante di esseri infissi nel vuoto che si definiscono e si annullano nella verità di episodi stralunati, senza nesso, ma emblematici nella loro semplicità dell’abisso esistenziale e del nulla che avvolge la vita.
Dopo una sosta applaudita alle Fonderie teatrali Limone di Moncalieri per la stagione Musica Teatro di Moncalieri e per il Circuito Teatrale del Piemonte, lo spettacolo, un’ora e mezza di tensione fortissima, tocca Alba e Genova.
L’occasione, rara, è da cogliere: questo bell’esempio di teatro, misurato, essenziale, venato di cruda, immensa poesia, malgrado gli aspetti grotteschi e di macabra comicità, fa ritrovare con gioia il grande Beckett, osservatore inafferrabile, beffardo e pieno di ironia della condizione umana, assediata di domande senza risposta.
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