Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2006
Molte le risposte arrivate, ben più del solito. Tanto da farci percepire che il tema della rappresentanza interessi chi legge 'noidonne'. Il sondaggio ci ha permesso di rilevare il giudizio sul numero delle ministre nominate, sul perché si parli tanto delle donne in politica e quali potrebbero essere modi e argomenti da approfondire sulle pagine di questo giornale.
Troppo poche! Ben il 62% delle risposte indicano una forte delusione in merito che, se unito al 19% di chi afferma “mi sarei aspettata/o di più” evidenzia un 81% di risposte che dimostrano un malessere in chi continua a vedersi rappresentato/a da una scena politica dove le donne, al massimo, fanno le moglie e le interpreti.
Più istruite, più preparate, frequentano anche i corsi di politica, eppure non ci sono. Non sono presenti nei salotti della televisione, né nelle foto che fanno da sfondo ai telegiornali. E se non sei presente lì, non esisti.
Anche l’Unione Europea indica nel riequilibrio della rappresentanza una delle strategie da perseguire per garantire le pari opportunità per entrambi i generi. Ma siamo ancora lontani quando si va a fare un confronto con gli altri Stati del medesimo continente o di altri. Forse non saremo più all’84° posto nella classifica dell’Osservatorio Interparlamentare Mondiale, ma non possiamo dichiararci soddisfatte dell’aver raggiunto una posizione che sale a poco più del 60° posto.
Le donne non sono contente e lo dimostrano. E la stampa ne fa articoli, non solo sui giornali femminili, riportando dati che dimostrano come il genere femminile nel nostro Paese, che pure rappresenta il 54% della popolazione, di fatto non esprima una congrua presenza che lontanamente richiama la realtà quotidiana. Sono presenti nel lavoro qualificato, nel volontariato, impegnate nel sociale, ma assenti nei luoghi decisionali.
E la difficoltà nel delegare all’altro sesso la rappresentanza dei bisogni e delle aspirazione sta tutta nel vedere come chi è lontano dalle nostre pratiche quotidiane non comprende, non percepisce la necessità di impegnarsi su temi considerati di secondo piano. Perché la politica al femminile agisce in modo diverso perché “guarda il mondo con occhi di donna”, cogliendo anche quegli aspetti che riguardano il lavoro di cura non retribuito, ambito nel quale sono da sempre troppo sole. Quando a decidere sono gli altri, con un approccio apparente neutro, di fatto producono azioni che impattano diversamente sulla popolazione femminile e maschile.
Ed alle ministre, che siedono sugli scranni dai quali si esercita il potere, formulano richieste precise.
A Rosy Bindi, al Ministero della Famiglia, chiedono interventi precisi per le coppie di fatto, azioni in favore della conciliazione tra lavoro e vita privata, applicazione di attenzioni alla donna lavoratrice e madre sia sul versante dei servizi sia sul versante dell’organizzazione del lavoro e delle città.
A Emma Bonino, al Ministero delle Politiche Comunitarie, viene chiesta attenzione ai finanziamenti europei affinché possano promuovere migliori condizioni per le donne, superando i gap rivelatori della presenza di stereotipi o discriminazioni. A Linda Lanzillotta, al Ministero degli Affari Regionali, si chiede un generale impegno per sostenere le tutte le politiche che riguardano le donne.
A Giovanna Melandri si chiede tanta attenzione alle/ai giovani, alla precarietà che rischia di minare il benessere di una generazione. Meno attenzione al calcio, più attenzione a tutto l’altro sport, meno ricco ma tanto sano.
A Barbara Pollastrini tante domande, la maggior parte delle quali indicano azioni per il rafforzamento della rappresentanza femminile nella politica: le donne devono essere presenti e attive nei luoghi decisionali per cambiare la politica, per prendere in considerazione tutti quegli aspetti ai quali gli uomini talvolta non pongono eccessiva attenzione.
Alcune riconoscono che la mancanza di portafoglio rappresenta un grave limite, ed invitano la ministra a farsi parte diligente per superare questa grave carenza.
Si chiede anche un impegno generale sui grandi temi (fecondazione assistita, pacs, ad esempio), sulla conciliazione, sulla formazione delle donne in politica, e una maggiore attenzione al tema della violenza domestica e sulle donne in generale.
A Livia Turco si chiede un miglioramento generale dei servizi e di intervenire sulla legge per la fecondazione assistita.
La presenza nei luoghi decisionali di donne competenti potrebbe dunque introdurre nell’agenda politica quei temi troppo a lungo rimasti fuori. E’ un sentire comune, è un bisogno comune, ai quali occorrerà dare presto – e bene – una risposta.
Per questa ragione a gran voce si chiedono leggi che obblighino gli uomini a farsi più in là, ed a permettere un’equa rappresentanza di chi da sempre è rimasta all’uscio.
Chi ha risposto non si è persa in giri di parole, in modo molto chiaro e preciso ha denunciato difficoltà - omogeneamente diffuse - per riequilibrare la rappresentanza.
E non potrà essere una speculazione elettorale, magari per prendere qualche voto in più, per poi non fare nulla.
Le donne chiedono di esserci, hanno capito l’importanza della presenza e del contare nella politica e nelle istituzioni. Scrive una lettrice: “E’ per giustificare lo scarso coraggio politico che poi si perdono delle opportunità.” Sostiene che “la collettività non può permettersi di perdere altro tempo in questo senso”.
E questa voglia di partecipare, di imparare a farlo, di raggiungere un’equa rappresentanza la si legge anche nelle richieste che lettori e lettrici fanno al giornale: informazione, avere i dati che evidenziano la situazione italiana in rapporto al resto dell’Europa o del mondo, la valorizzazione dell’operato delle poche elette (di cui nessuno parla mai), diffondere le buone prassi individuate, la promozione forum, seminari e tavole rotonde, la formazione, rappresentano azioni utili per sostenere una campagna che a sessant’anni del voto alle donne, più che dignitosa appare assolutamente ineludibile.
Il Presidente Prodi si è recentemente espresso sulla necessità di intervenire sul tema attraverso uno strumento legislativo in grado di garantire una percentuale minima di donne elette in politica o nominata negli enti di secondo livello.
Ci auguriamo che questa promessa non resti tale, perché le donne non possono più aspettare.
(25 agosto 2006)
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