A Salerno riprende il processo di 2° grado per l'assassinio di Elisa Claps e la madre, più che mai determinata,in udienza porterà idealmente e visivamente la figlia con sè.
Martedi, 09/04/2013 - Anche oggi, che si celebra la terza udienza del giudizio d’appello contro Danilo Restivo, condannato in primo grado a 30 anni di detenzione per l’uccisione di Elisa Claps, Filomena Iemma varcherà la porta di quell’aula presso la Corte d’Assise d’Appello di Salerno abbracciata alla foto della figlia. Anche oggi cercherà di incrociare lo sguardo dell’unico imputato per l’omicidio della sua Elisa, portando con sé quella sua immagine più grande, perché “nella prima udienza non l’ha neanche guardata”. Cercherà con gli occhi quelli di Danilo, come ha continuamente fatto nelle precedenti sedute del 20 e del 26 marzo scorso, con quello sguardo reso duro da anni ed anni di ricerca forsennata di verità e giustizia in nome e per conto della figlia assassinata.
Una donna gracile, ma con una forza d’animo al di sopra delle proprie possibilità, invoca da lungo tempo una doverosa punizione per Danilo Restivo, giungendo al punto di dire “deve marcire in carcere, io non mollerò finchè avrò un filo di vita”. Marcire, come il corpo di Elisa, ritrovato dopo ben 17 anni dalla sua uccisione nel sottotetto della chiesa della SS. Trinità a Potenza. Nell’immediatezza della scomparsa della giovane donna, depistaggi più che opportuni, connivenze più che colpose e ricostruzioni più che fantasiose hanno caratterizzato la vicenda. Ma Filomena Iemma, insieme ai figli Gildo e Luciano, ha tirato dritto, incurante del pesante clima di offuscamento della verità sulla morte della propria congiunta. E Gildo, consapevole di quanto sia difficile oggi sostenere la vista di Danilo Restivo, nell’aula di tribunale poco distante da sé, ripercorrerà mentalmente ancora una volta gli ultimi istanti di vita di Elisa e, per resistere al dolore, si appoggerà alla madre Filomena, da lui stesso definita “una roccia”.
Come diversamente qualificare una donna che ha deciso di “non mollare, finchè non scoprirà tutta la verità”, cosciente che il compito più arduo non è tanto convivere in una stessa stanza con l’assassino della figlia, ma piuttosto far acclarare nel processo anche altre certezze, riguardanti la folte e densa coltre di nebbia che offuscò l’accertamento dei fatti nell’immediatezza della scomparsa di Elisa. Una madre che ”abituata a sentire queste cose”, come, ad esempio, i particolari più raccapriccianti del ritrovamento del corpo della figlia dopo 17 anni, continuerà a sentirsi “ribollire il sangue” di fronte a Danilo Restivo al punto tale da esibirgli la foto di Elisa, arrivando anche a porgliela accanto, soddisfatta che “lui l’ha guardata con la coda dell’occhio”. Giungerà pure al punto di rivolgergli la parola, dicendogli “ devi parlare con me”, senza però avere alcuna risposta al riguardo. Questo pressing fisico e psicologico Filomena continuerà ad attuarlo, perché vuole con tutta sé stessa che vengano individuate anche le responsabilità di chi ha coperto omertosamente, colposamente e dolosamente l’assassino della figlia. D’altronde don Marcello Cozzi, vicepresidente di Libera nonché strenuo ed accanito nell’essere di sostegno alla famiglia Claps in tutti questi anni di ricerca di verità e giustizia, è stato chiaro al proposito chiedendo al reo di “fare i nomi di chi lo aveva aiutato”. Ordunque un dolore infinito quello di congiunti di Elisa, reso nel contempo indefinito dall’attesa, finora vana, di individuare i motivi per i quali ci siano voluti ben 17 anni per ritrovare i poveri resti della ragazza.
Filomena, come anche gli altri figli, sono consapevoli che non possono aspettarsi da Danilo Restivo alcuna confessione al riguardo, ma attendono fiduciosi che qualcosa avvenga, sostenendosi l’un l’altro in questa difficile resa di conti. Lei, seppur resa roccia da tanti anni di realtà denegata, porterà ancora una volta con sé l’immagine della figlia, non solo a risarcimento di quell’ultimo abbraccio che le è stato negato, ma soprattutto per rendere viva la presenza ideale di Elisa, che dal buio di quel sottotetto riemergerà ancora una volta nella luce dell’aula 220 del Tribunale di Salerno. Una battaglia a viso aperto anche oggi ti attenderà, Filomena, e tu la sosterrai dignitosamente, come del resto hai fatto negli anni passati e come continuerai a fare, fintantoché non sentirai di aver ritrovato quell’ appagamento interiore tanto giusto da indurti a dire: riposa in pace, figlia mia, quella stessa pace che io sto vivendo con te dopo anni e anni di dolore, strazio e tanta, tanta ingiustizia”.
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