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Fili di donne nell'arte

Fili di donne nell'arte

Textil Art, Fiber Art, Knitting Art: cucire, ricamare, lavorare a maglia e uncinetto sono diventate pratiche consuete per molte artiste nell’arte contemporanea

Domenica, 01/08/2021 - I fili della vita di Clara Hunter, un libro che mi è stato regalato da mia cognata Daniela, mi ha indotta a rivedere e a riordinare pensieri e ricerche su artiste che, per realizzare le proprie opere, hanno utilizzato le tecniche del cucito e del ricamo, del lavoro a maglia e all’uncinetto. Lavori considerati di scarsa rilevanza perché ‘femminili’ sono stati riscoperti e valorizzati già negli anni ‘60 e ‘70 da artiste quali Myriam Shapiro, Faith Ringold e Judy Chicago.
Diverse artiste hanno ripreso la tecnica del patchwork dalle donne statunitensi che realizzavano coperte utilizzando avanzi di stoffa. Una modalità adottata anche per le più antiche bandiere della pace come per le opere di tante donne cilene durante gli anni della dittatura. Cucire per esplicitare al mondo la volontà di pace e di giustizia e per restituire il senso del ‘non buttare perché tutto può tornare utile’,
Le competenze femminili legate all’ago, agli aghi, danno origine a miti e a leggende. il filo di Arianna, la tela di Penelope, le Parche e, anche se meno noto, il gomitolo nel mito dell’Anguana.
Il gomitolo costituisce un patrimonio, una risorsa da usare collettivamente…. è il filo dei ricordi, è la ricchezza dei saperi e delle tradizioni delle quali occorre conservare memoria.
Il filo è tempo di vita. L’ago è elemento che permette, attraverso il filo, di ri-unire, di ri-cucire, di ri-parare, attraverso un lavoro preciso, paziente e prezioso, ciò che è stato diviso.
In qualche modo si ritrova in diverse opere un sentire esplicitato da Louise BourgeoisHo sempre avuto paura di essere abbandonata. Il cucito è il mio tentativo di tenere insieme le cose’. L’artista si è occupata della sessualità, della famiglia e della solitudine, ha espresso il concetto di maternità attraverso enormi sculture a forma di ragno e opere realizzate in stoffa.
In diverse occasioni le donne hanno cucito o ricamato pezzi di tela per rappresentare relazioni affettive o politiche. E’ il caso delle coperte composte da pezzi di tessuto ricamati con i nomi delle vittime dell’AIDS, dei fazzoletti ricamati contro la violenza sulle donne nello stato di Chihuahua in Messico e dei fazzoletti indossati nelle manifestazioni e nelle chiese dalle Madres argentine.
Mi piace riprendere un dire di Anna Del Bo Boffino.
‘Nei momenti migliori, quando la speranza non è sommersa dalle sconfitte, mi piace immaginare un mondo in cui tutti lavorino solo quattro, o al massimo sei ore, uomini e donne, giovani e anziani; dove tutti in misura uguale siano addestrati fin da piccoli a tutto: scienza e tecnica, pensiero e scrittura, contatto con la terra e i suoi frutti, o con il mare e il cielo; dove si sappia ugualmente adoperare le mani e la testa, e anche il cuore’.
E mi piace accomunare a questa convinzione una riflessione linguistica.
Nella lingua italiana sono tre i verbi legati alla memoria, si ha memoria con il cuore, ricordare, con il corpo, rimembrare, con la mente rammentare. E si può scordare e dimenticare ma rimembrare non ha possibile correlazione negativa.
Oggi Textil Art, Fiber Art, Knitting Art sono termini ampiamente utilizzati nell’arte contemporanea perché le competenze del cucire, del ricamare, del lavorare a maglia e uncinetto sono diventate pratiche artistiche consuete per molte artiste.
I fili, tesi dall’artista iraniana Saba Najafi su una tela leggermente colorata di grigio - nero, rimandano alla tessitura e alla vita. I fili di cotone lasciano intravedere pensieri, ricordi e disegni spontanei sulla tela grezza. Qui la tela grezza è il subconscio che comunica attraverso i fili. Il passaggio ripetitivo dei fili crea per me un tempo lungo nelle immersioni interiori e il risultato di ogni lavoro ha una storia diversa.
Si presentano alla mente le Parche e i miti che ad esse si riferiscono. Clito filava la vita, Lachesi indicava con il filo bianco i giorni felici e con quello nero i giorni faticosi, accoppiando comunque l’oro, ad indicare la preziosità della vita, Atropo tagliava il tempo di vita.
Marilde Magni e Nadia Magnabosco, artiste milanesi, hanno spesso utilizzato i fili per realizzare le proprie opere. Marilde Magni ha inventato la tecnica della magliacarta che le permette di lavorare con i ferri sottili strisce di carta per comporre forme.
L’artista sarda Maria Lai ha utilizzato, nelle sue opere, assemblaggi di fili, scampoli di tessuto, telai, legno e talvolta oggetti di uso comune nella cultura sarda sino ad arrivare a realizzare, ad Ulassai, una grande installazione che esprime il legame con la natura e le relazioni tra famiglie.
E sempre il cucito è una tecnica utilizzata da Loretta Cappanera per dare forma ai suoi libri d’artista e a i suoi giardini
In diverse situazioni di sofferenza o di disagio psichico l’arte viene utilizzata per consentire, attraverso la realizzazione di forme e colori, e la concomitanza di mani, mente e cuore, momenti di tranquillità ed espressività. L’arte è terapeutica.
Così alla Biennale di Venezia è stato possibile incontrare le opere che Judith Scott, con sindrome di Down, ha elaborato in un laboratorio d’arte. Inizialmente Judith ha utilizzato matite colorate sovrapponendo cerchi ci colori differenti successivamente, conosciuta l’arte tessile, ha sovrapposto ad oggetti scampoli, fili di lana, rocchetti, pezzi di plastica. Judith è sempre partita da un oggetto o recuperato al centro o suo o dei suoi cari, per recuperare la forma iniziale è necessario quasi sempre ricorrere ai raggi X.
Sono ormai moltissime le artiste che utilizzano tecniche riprese dal sapere femminile, tramandato attraverso i secoli, per realizzare opere d’arte.
L’artista egiziana Ghada Amer indaga i temi del fanatismo religioso e i problemi legati al corpo e alla seduzione attraverso il ricamo che utilizza sia nelle opere pittoriche che scultoree
Joana Vasconcelos, nata a Parigi nel 1971, si appropria e decontestualizza oggetti d’uso assemblandoli attraverso il cucito, la maglia e l’uncinetto, costruendo forme organiche in dialogo con l’architettura dei luoghi dove realizza le sue installazioni definite Contamination. Forme generalmente considerate attività artigianali, oltre che tipicamente femminili, risultano in contrasto con la monumentalità dell’intervento e del suo impatto visivo e tattile.
Annette Messager è un’artista francese che realizza collage, installazioni, assemblaggi e sculture. La sua è una tecnica che si compone di vari materiali, che vanno dall’“object trouvé” all’utilizzo di fotografie , dai tessuti alla scrittura, dal ricamo e l’uncinetto ai libri, dalla pittura ai disegni, dal metallo al materiale video, ai led elettronici, dai giocattoli agli animali imbalsamati avvolti con tenerezza in piccoli abiti lavorati a maglia.
Luce Irigaray, filosofa della differenza, consiglia alle madri di scambiare manufatti con le figlie perché, attraverso la relazione io -tu, si rafforzi l’io delle figlie attraverso l’esplicitazione della relazione madre – figlia.
Le bambine e i bambini che regalano un proprio disegno alla mamma, al papà, alla zia sanno istintivamente che il manufatto contiene un di più rispetto all’utilizzo perché realizzato con mani, mente e cuore. Hand made è più ricco di ready made. Fatto a mano ha un valore superiore rispetto all’oggetto fatto a macchina.
Sheila Hicsartista di oltre 80 anni, ha elaborato, per la Biennale di Venezia del 2015, montagna di palle colorate morbide. Verrebbe voglia di toccare, ma è proibito, scalare… neanche a parlarne. Sheila si prende cura anche del muro e cerca di riparare le sue ferite L’artista non presta attenzione ai confini normalmente accettati tra belle arti, artigianato, design e architettura e definisce le sue opere “architetture senza pregiudizi”.
Chiharu Shiota sostiene che “Le chiavi sono cose familiari e di grande valore che proteggono le persone e gli spazi importanti della nostra vita. Ci ispirano anche ad aprire la porta a mondi sconosciuti. Mentre creo il lavoro nello spazio, i ricordi di tutti quelli che mi forniscono le loro chiavi si sovrapporranno ai miei ricordi. Questi ricordi sovrapposti si uniranno a loro volta con quelli delle persone di tutto il mondo che vengono a vedere la biennale, dando loro la possibilità di comunicare in un modo nuovo e comprendere meglio i reciproci sentimenti”. Gli spettatori si sono ritrovati in un’architettura tessile, uno spazio pieno di filo rosso. all’estremità di ogni filo, sospeso al soffitto, una chiave.
Christine e Margaret Wertheim, nate in Australia, vivono e lavorano a Los Angeles. La loro opera, Crochet Coral Reef è costituita da diorami rappresentanti forme di vita marine, i coralli, realizzati all’uncinetto utilizzando fili e filati, cavi, nastri di videocassette e perline che, diversamente combinati, formano una barriera corallina. Attraverso una convocazione di mail art si sono aggiunte al progetto iniziale opere pervenute alle due gemelle per posta. Più di diecimila contributi hanno permesso di creare una quarantina di barriere esposte in diverse città e paesi. Pur trovando l’opera esposta al limite del kitsch lezioso, ho particolarmente apprezzato sia l’estensione del progetto attraverso la convocazione di mail art che l’utilizzo della Knitting Art. Knitting Art che restituisce dignità ad un lavoro femminile che, in quanto tale, è stato generalmente sottovalutato quando non addirittura disprezzato. Mi spiace soltanto che quello che è stato sempre definito “lavoro a maglia” debba essere tradotto in Inglese per acquisire importanza…
Natali Rocha ha rappresentato il Venezuela alla Biennale di Venezia del 2019. I materiali e la tecnica che utilizza, la tela, i ricami, l’atto del cucire costituiscono un mezzo espressivo e diventano concetti e linguaggi personali. Cucire, riparare, dare forma a stoffe diventano modalità espressive per esplicitare pensieri, ricordi felici o tristi, riflessioni sul proprio essere e sulla società. Nel 2020, a Venezia, ho incontrato l’opera dell’artista Alessandra Beltrame, esposta alla Fondazione Bevilacqua – La Masa. Pelli dorate, cucite con filo rosso, ricoprono oggetti che rimandano al quotidiano ‘Ciascun soggetto scelto, viene ricoperto con una pelle dorata cucita addosso da me manualmente. Ognuno di essi è riconoscibile in quanto tale ma, nell’omologazione dorata, l’identità reale si apre ad una nuova identità fantastica, creando quello spaesamento entro il quale si formula un nuovo linguaggio. Molti soggetti possono trovare richiami nella letteratura fiabesca ma, allo stesso tempo, possiedono una loro propria storia che ha radici reali e concrete. Storie dai rimandi a volte felici a volte drammatici’ E l’artista, in questa mostra intitolata In fabula, si chiede quindi "Quello che vediamo è veramente quello che crediamo di conoscere? Le singole voci che non udiamo ma che sono rapprese all’interno della pelle dorata, racconterebbero le stesse storie che abbiamo ascoltato nella nostra infanzia? Come nelle fiabe, in cui la linea di confine tra reale e fantastico è sottile e sinuosa: ciò che la pelle contiene corrisponde poi realmente a quanto l’artista descrive oppure è solo una sua finzione?".

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