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Fili che si riannodano per tessere nuove storie

Fili che si riannodano per tessere nuove storie

Potenza - L’Associazione Telefono Donna e la Casa per le donne “Ester Scardaccione”. A Potenza incontriamo Cinzia Marroccoli

Silvia Vaccaro Domenica, 05/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

Il problema della violenza in Italia è tutt’altro che risolto: poche e non istituzionalizzate le attività di prevenzione e di contrasto agli stereotipi, una legislazione che andrebbe rivista e pochi fondi per i Centri che forniscono un sostegno straordinario e insostituibile. Incontrare Cinzia Marroccoli, Presidente dell’Associazione Telefono Donna di Potenza ci ha permesso di fotografare uno scorcio di Italia dove si lavora in maniera efficace e creativa contro le violenze di genere. Cinzia, nata a Potenza, ha studiato Psicologia all’Università La Sapienza di Roma e in quegli anni ha fatto parte di un collettivo femminista. Dopo una tesi sulle carriere femminili è tornata nella sua regione, con altre compagne si è dedicata alla diffusione della contraccezione, soprattutto nell’entroterra, e ha deciso di costituire l’associazione Telefono Donna, che formalmente è nata nell’aprile del 1989. Cinzia racconta che la violenza domestica non veniva nemmeno riconosciuta e per molte donne rientrava nella normalità delle dinamiche coniugali. La sfida più grande di quegli anni è stata lavorare sulla consapevolezza: tra il 1989 e il 2001 l’associazione ha organizzato numerose iniziative di sensibilizzazione delle donne, seminari sull’identità femminile e sull’educazione alla sessualità. La sede di allora era una stanza all’interno della sede potentina dell’AVIS, dove, alternandosi, fornivano consulenza e ascolto tre pomeriggi a settimana in maniera totalmente auto-finanziata. Ester Scardaccione, avvocata e legale di Telefono Donna, è stata amica e compagna di Cinzia, che la ricorda come una persona molto energica e vitale. Dopo anni con l’Associazione, Ester è diventata Presidente della Commissione Pari Opportunità del Consiglio regionale di Basilicata, avviando un grosso lavoro di coinvolgimento e confronto tra tutte le realtà attive contro la violenza di genere. Nel 1997 Ester è morta suicida, lasciando le sue compagne sgomente e alle prese con un grande vuoto, che è stato colmato con la Casa per le donne “Ester Scardaccione”, il primo Centro antiviolenza della Basilicata, l’unico ad oggi, aperto nel 2000 grazie al contributo della Fondazione Banco di Napoli. Le donne arrivano al Centro o chiamando in prima persona o su segnalazione dei Servizi Sociali: questa differenza, apparentemente marginale, determina in modo rilevante lo scenario che si creerà nei mesi successivi. Delle 1550 donne che si sono rivolte al Centro dal 2001 ad oggi, quelle che hanno deciso in autonomia hanno maturato un alto grado di consapevolezza cosa che, numeri alla mano, ha determinato maggiore facilità nel trovare un lavoro e un posto dove stare. Quando arrivano al centro le donne sono in uno stato che tecnicamente si definisce “post-traumatico da stress”, ed è importante, come prima cosa, farle sentire sicure e allo stesso tempo libere di ricominciare a pensare a se stesse. La quasi totalità delle donne non ha un lavoro o percepisce un reddito molto basso, alcune sono straniere e tra queste alto è il numero delle donne sposate con italiani, dai quali poi fuggono. Dopo i primi giorni, si inizia a parlare di quello che è successo e si chiede alla donna di raccontare sia la storia affettiva, sia la storia di violenza con l’uomo da cui sono scappate. È come riannodare un filo spezzato: ripartire dai suoi punti di forza, dalle persone che possono starle vicino, per pensare a nuove soluzioni che vanno dal cambiare la scuola frequentata dai figli, al cercare un lavoro e una casa, al denunciare e separarsi se la donna decide di proseguire su questa strada (l’associazione, in quei casi, si costituisce parte civile e le accompagna nel processo). In ogni caso è la donna che ha l’ultima parola e alcune decidono di tornare con il marito per dargli un’altra possibilità. La porta del Centro resta comunque sempre aperta, perché se è vero che in alcuni casi le violenze si esauriscono e i due partner ritrovano una serenità di coppia, spesso le cose vanno diversamente. Come già ribadito, la violenza sulle donne è un tema quanto mai attuale e anche la società civile, grazie al lavoro di Centri come quello di cui Cinzia è Presidente, vuole contribuire alla lotta contro gli abusi. Complice l’enorme successo dell’evento One Billion Rising, molte donne, giovani e no, si sono avvicinate all’associazione che ha organizzato l’evento a Potenza. A quell’evento sono seguiti i festeggiamenti per l’otto marzo con alcune letture di testi scritti da donne, e l’invito a Riccado Iacona a presentare il suo libro “Se questi sono uomini”. Oltre ai consueti appuntamenti nelle scuole, nei prossimi mesi Telefono Donna sta organizzando un progetto di arte, musica e cinema al femminile e sarà impegnata su un progetto finanziato dalla regione Basilicata, per far accedere le donne vittima di violenza a corsi di formazione professionale. Telefono Donna è una realtà che si muove e Cinzia collabora con associazioni di altre regioni e si spende per organizzare iniziative di sensibilizzazione affinché il problema della violenza sulle donne venga affrontato e raccontato nella sua complessità. E oggi insieme a Cinzia e alle altre operatrici, lavora anche Cristiana Coviello, avvocata e figlia di Ester. Un altro filo spezzato che si riannoda. 

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