Spigolando tra Terra Tavola e Tradizioni - Trionfo di colori, profumi e sapori
Ortensi Paola Lunedi, 16/07/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2012
“Se ami la macedonia di frutta - diceva nonna Linda, un po’ cittadina un po’ contadina - godine a luglio”! Luglio socchiude le porte alle ultime fragole e ciliegie, le spalanca a pesche e percoche, prugne e susine, albicocche, fichi e fichi d’india, cocomeri e meloni d’estate e d’inverno, more, gelsi e mirtilli. E timidamente mostra i primi chicchi d’uva matura. La tavola s’adorna di fruttiere colorate e profumate. Il caldo suggerisce un’alimentazione fresca, nutriente e leggera. La terra in festa ci regala frutta abbondante, risorsa impagabile per la salute e il gusto, morbida e dai colori pastello. Chi non ha nella memoria un’allegra cocomerata al termine di una cena fra amici? Quanti piatti di prosciutto melone o fichi passati sulle nostre tavole, soluzione felice di tavolate in compagnia. Chi non ha negli occhi il gesto di piacere di qualcuno che, fatta a spicchi una pesca, la immerge nel bicchiere di vino pregustandone il gusto e l’aroma. Bella la frutta dalle forme tonde e ovali: prima dura, prevalentemente verde, poi morbida e matura colorata con mille sfumature. Insegna la maestra che l’albero da frutto, secondo la grammatica, è sempre maschile, mentre il frutto è femminile. Salvo eccezioni, come il fico o il limone, dove albero e frutto son entrambi maschili. E così il pesco ci regala le pesche, il melo le mele e l’arancio le arance, per ricordare alcuni esempi tra i più comuni. Il fiore, divenuto frutta, ammicca suadente tra una foglia e l’altra, si lascia cogliere, consumare, trasformare in succhi, gelatine e marmellate. Si fa stendere al sole per accompagnarci nell’inverno. Consapevole della sua importanza, ha lasciato che il suo nome, seppur nuovamente con desinenza maschile, divenisse parola che annuncia la vita che nasce, come frutto dell’amore. Ecco quindi il verbo ‘fruttare’, ovvero dare ricchezza, come avviene in modo esplicito per i buoni fruttiferi o per un gesto gentile che frutta un sorriso. Al contrario sfruttare segnala il prendersi troppo da persone o situazioni. Quel che forse ci piace poco è quel modo di dire ‘essere alla frutta’, pronunciato quando si è affaticati o con poche energie e risorse, materiali o psicologiche. Quando ci si sente alla fine di un percorso. L’allegria della frutta comunque riemerge e ci coinvolge in sagre e feste che uniscono la frutta alla storia di un territorio. Ed è pensando a questo che auguriamo alle terre violentate dal terremoto dell’Emilia di continuare ad essere luogo d’eccellenza di tante qualità di frutta.
RICETTE
Sfogliando le collezioni di Noi Donne del 1960, abbiamo trovato:
Crostata di 4 frutti. 200 gr di farina, 10 gr di burro, 50 gr zucchero, 50 gr di liquore, 150 gr susine gialle,150 gr susine nere, 200 gr di pesche, 200 gr di albicocche, 50 gr zucchero in polvere. Macerare la frutta in uno sciroppo di zucchero, liquore e acqua; preparare la pasta poi cotta la base, predisporre la frutta macerata a piacimento e rinfornare per qualche minuto.
Cocomero e cioccolato. Fare a cubetti la polpa del cocomero e porla nelle coppe, annaffiare col rhum (due cucchiai per coppa), coprire ogni coppa con cioccolato freddo ottenuto con cacao, zucchero e acqua (non latte).
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