Arte - Alla Biennale Donna di Ferrara (17 aprile-12 giugno 2016) espongono: Anna Maria Maiolino, Teresa Margolles, Amalia Pica e Ana Mendieta
Martedi, 29/03/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016
È un appuntamento atteso ed ecco che torna, ospitata dal 17 aprile al 12 giugno 2016 nel Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara, la Biennale Donna, organizzata da UDI - Unione Donne in Italia di Ferrara e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea della città. Questa edizione, la sedicesima, con il titolo SILENCIO VIVO. Artiste dall’America Latina, intende concentrarsi sulle questioni socioculturali, identitarie e geopolitiche che influenzano i contributi estetici dell’odierno panorama delle donne artiste e punta l’attenzione sulla multiforme creatività latinoamericana, con una collettiva che lascia la parola ad alcune delle voci che meglio rappresentano questa eccezionale pluralità espressiva: Anna Maria Maiolino (Italia-Brasile, 1942), Teresa Margolles (Messico, 1963), Ana Mendieta (Cuba 1948 - Stati Uniti 1985) e Amalia Pica (Argentina, 1978).
Le curatrici, Lola G. Bonora e Silvia Cirelli, confermano l’intento di una tra le rassegne più attese del calendario artistico: proporsi come un percorso di ricerca ed esplorazione della creatività femminile internazionale. Da sempre attenta al rapporto fra arte e la società contemporanea, la Biennale Donna SILENCIO VIVO riscopre le contaminazioni nell’arte di temi di grande attualità, interrogandosi sulla realtà latinoamericana e individuandone le tematiche ricorrenti, come l’esperienza dell’emigrazione, le dinamiche conseguenti alle dittature militari, la censura, la criminalità, gli equilibri sociali fra individuo e collettività, il valore dell’identità o la fragilità delle relazioni umane.
Un appuntamento che era mancato dopo la forzata interruzione del 2014 a causa del terremoto che ha colpito Ferrara e i suoi spazi espositivi e che riprende il proprio cammino, accompagnato dalla sapiente organizzazione del comitato che vede la presenza di: Lola G. Bonora, Anna Maria Fioravanti Baraldi, Silvia Cirelli, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano, Antonia Trasforini e Liviana Zagagnoni.
Ana Mendieta, una delle più incisive figure di questo vasto panorama artistico. Nonostante il suo breve percorso (muore prematuramente a 36 anni, cadendo dal 34simo piano del suo appartamento di New York), Ana Mendieta si riconferma ancora oggi, a 30 anni dalla sua scomparsa, come un’indiscussa fonte ispiratrice della scena internazionale. La Biennale Donna le rende omaggio con un nucleo di opere che ne esaltano l’inconfondibile impronta sperimentale, dalle note Siluetas alla documentazione fotografica delle potenti azioni performative risalenti agli anni ’70 e ’80. Al centro, l’intreccio di temi a lei sempre cari, quali la costante ricerca del contatto e il dialogo con la natura, il rimando a pratiche rituali cubane, l’utilizzo del sangue - al contempo denuncia della violenza, ma anche allegoria del perenne binomio vita/morte - o l’utilizzo del corpo come contenitore dell’energia universale.
Anna Maria Maiolino è di origine italiana e si trasferisce in Brasile nel 1960, agli albori della dittatura. L’esperienza del regime dittatoriale e la conseguente situazione di tensione hanno influenzato profondamente la sua arte, spingendola a riflettere su concetti quali la percezione di pericolo, il senso di alienazione, l’identità di emigrante e l’immaginario quotidiano femminile. In mostra una selezione di lavori che ne confermano la grande versatilità, dalle sue celebri opere degli anni ’70 e ’80, documentazioni fotografiche che lei definisce “photopoemaction” - di chiara matrice performativa - alle sue recenti sculture e installazioni in ceramica, dove emerge la sempre fedele attinenza al vissuto quotidiano, in aggiunta, però, all’esplorazione dei processi di creazione e distruzione alle quali l’individuo è inevitabilmente legato.
Teresa Margolles testimonia le complessità della società messicana, ormai sgretolata dalle allarmanti proporzioni di un crimine organizzato che sta lacerando l’intero paese e soprattutto Ciudad Juarez, considerata uno dei luoghi più pericolosi al mondo. Con una grammatica stilistica minimalista, ma d’impatto quasi prepotente sul piano concettuale, i suoi lavori affrontano i tabù della morte e della violenza, indagati anche in relazione alle disuguaglianze sociali ed economiche presenti attualmente in Messico. Le grandi installazioni che l’artista propone per la rassegna ferrarese - fra cui un’opera inedita, realizzata appositamente per la Biennale Donna - svelano un evidente potere immersivo, che forza lo spettatore ad assorbire e partecipare al dolore di una situazione ormai fuori controllo, troppo spesso taciuta e negata dalle autorità locali.
Amalia Pica, grande protagonista dell’emergente scena argentina. Utilizzando un ampio spettro di media - il disegno, la scultura, la performance, la fotografia e il video - l’artista si sofferma sui limiti e le varie derivazioni del linguaggio, esaltando il valore della comunicazione, come fondamentale esperienza collettiva. Le sue opere si fanno metafora visiva di una società segnata dall’ipertrofia della comunicazione, un fenomeno diffuso che sempre più di frequente conduce all’equivoco e all’alienazione, invece che alla condivisione. Ispirandosi ad alcune tecnologie trasmissive del passato, mescolate a rimandi del periodo adolescenziale, Amalia Pica sorprende con interventi dal chiaro aspetto ludico, che invitano gli stessi visitatori a interagire fra loro, sperimentando varie e ironiche possibilità di dialogo.
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