La protesta di molte associazioni: "ignorato il nostro ordinamento giuridico che tutela sempre i minori e i figli"
Da alcuni anni la parola dominante nella narrazione pubblica è denatalità, asetticamente messa in relazione con l’evidente – benché mai approfondita – crescente indisponibilità delle donne a fare figli (con tutti i problemi, anche per la finanza pubblica, che, secondo alcuni, tale scelta comporterebbe).
Poi, nello stesso momento storico, succede che vi siano alcune donne – poche, percentualmente, a dire il vero – che fanno figli accedendo ad un istituto collaudatissimo da decenni nel mondo, che risponde al nome di “banca del seme”, nell’ambito di un progetto di famiglia che parte da due donne, teso a dare amore, sostegno economico, morale e tutto quanto ai nascituri.
Ebbene, queste ultime, secondo lo Stato – genericamente inteso – sbagliano. Pertanto, devono pagare le conseguenze di quello che secondo alcuni costituisce un errore. Come? Attraverso una rettifica dello stato civile che esclude una delle due figure genitoriali.
Ottimo! In questo modo i figli nati da quel progetto di famiglia avranno una sola figura genitoriale anziché due. Chi paga, quindi, le conseguenze di quella che per lo Stato costituisce un errore? I figli, evidentemente.
Peccato, però, che tutto il nostro ordinamento giuridico sia basato proprio sul concetto che sui figli non ricadano le scelte dei genitori.
Davanti alla Costituzione i figli sono tutti uguali: non esistono più figli legittimi e figli naturali, ma solo “figli”. Non esistono più figli incestuosi, ma solo “figli”. I minorenni possono essere adottati, e a quel punto diventano “figli”.
E, in caso di scelta, prevale il superiore interesse del minore.
E allora, a quale interesse del minore corrisponde la perdita di una figura genitoriale? E per quale motivo quei figli non possono essere solamente “figli”, esattamente come tutti gli altri?
E’ chiaro ed evidente che le giustificazioni giuridiche sono meramente pretestuose (come anche prospettate ‘sanatorie’ e dirottamenti verso altri istituti), perché è fin troppo ovvio che le norme attuali sono state scritte quando la possibilità che due donne volessero costituire una famiglia non esisteva. Pertanto, basterebbe modificare le norme, aggiornarle e il “problema” sarebbe risolto.
Continuare sulla strada intrapresa produce solamente danni - ai figli, innanzitutto, ma non solo – in termini di stress, discriminazioni, precarietà esistenziale.
E tutto questo per cosa? Non certo per tutelare la c.d. famiglia tradizionale, che secondo i dati Istat non esiste più. Il motivo vero pare piuttosto la necessità – sentita da certa parte della società - di creare divisioni, creare gerarchie, distinguere gli individui che possono da quelli che non possono, e quindi discriminare.
La questione della rettifica dello stato di nascita rientra pertanto in una visione del mondo ben precisa, che non si fa scrupolo di annientare le vite delle persone e che noi senz’altro condanniamo perché si tratta di una scelta abominevole e pericolosa per tutti e per tutte.
UDI FERRARA, CENTRO DONNA GIUSTIZIA, CGIL FERRARA, ANPI FERRARA, CITTADINI DEL MONDO, ARCI FERRARA, ISTITUTO GRAMSCI FERRARA, UDU FERRARA, ARCIGAY FERRARA
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