Stop femminicidio/6 - Donatella Linguiti e l'UDI nazionale aderiscono alla manifestazione nazionale contro la violenza alle donne del 24 novembre a Roma.
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2007
Adesione della sottosegretaria Donatella Linguiti
“Sono convinta che sia una manifestazione importante in cui in tante riprendono parola pubblica su un tema centrale come quello della violenza maschile sulle donne”: lo dichiara Donatella Linguiti, Sottosegretaria ai Diritti e alle Pari opportunità che precisa che “sarà importante essere a Roma il 24 novembre per ribadire che la violenza sulle donne è causata dal patriarcato ed è alla base anche di tutte le discriminazioni e i razzismi”.
La Sottosegretaria si dichiara soddisfatta per il via libera in Commissione Giustizia della Camera allo stralcio del ddl su stalking e omofobia ma sottolinea “che le donne mandano alla società e alle istituzioni un segnale inequivocabile di cui deve essere recepita la forza reale e simbolica. Non si può rinviare la presa d’atto che il problema è culturale e va affrontato a tutti i livelli, con una formazione adeguata dei soggetti coinvolti a vario titolo, operatori sociali e sanitari, forze dell’ordine e magistratura, ma anche con misure di prevenzione efficaci che comincino dalla scuola e coinvolgano i mass media e la società civile”.
Adesione dell'UDI nazionale
Una manifestazione contro la violenza che i maschi esercitano sulle donne - e i bambini - tocca le visceri.
E chiama prepotentemente ciascuna di noi ad esporsi, di conseguenza, a prendere posizione.
Abbiamo aderito rispondendo, prima di tutto, alle donne che l’hanno indetta, confidando sulla loro esperienza perché fosse garantita alle donne la titolarità dell’iniziativa.
Il 24 novembre noi dell’UDI manifesteremo per dire pubblicamente che non sopportiamo più questo mondo conformato dai maschi a loro misura, violenza compresa.
E quel giorno sarebbe un segno di pacificazione se gli uomini che criticano l’ordine patriarcale, facessero un passo indietro e lasciassero ad altre la responsabilità della presenza e dell’autorappresentazione.
Manifestare contemporaneamente non significa mai esporsi alla pari, noi lo sappiamo.
Mescolarsi alle donne, farsi accogliere, significa chiedere ai nostri corpi tutela, fornendo ad alcuni uomini l’agio di parlare contro altri uomini.
Con ciò si occulta il dato più importante rinviando all’infinito la sua discussione: ciascun uomo partecipa del simbolico che nutre la violenza sessuata, il femminicidio e i maltrattamenti.
Noi sappiamo che per cambiare veramente la realtà non servono nuovi strumenti legislativi, ma si deve intaccare quel simbolico fin dalle sue fondamenta.
Sono altri i gesti necessari per stabilire un dialogo reale tra i generi.
Occorrono intanto gesti di risarcimento consapevoli del danno che ognuna di noi subisce per il solo fatto di essere una donna.
E devono essere fatti verso le donne e verso gli uomini.
E non possono essere gli stessi.
Occorre esporsi dove è forte e prepotente il simbolico, perché solo lì avrebbe un significato farlo: pensiamo ai luoghi della quotidianità dove il loro corpo gli permette di confondersi mettendoli al riparo dalle aggressioni dei loro simili e pensiamo ai clienti delle prostitute che sono anche i loro padri, i fratelli, gli amici…
Sarebbe liberatorio per tutte e per tutti se alcuni uomini dichiarassero un autentico separatismo e trovassero delle forme politiche originali che, senza mimare il femminismo, segnassero l’inizio di un nuovo discorso.
Il separatismo declinato al maschile sarebbe una bella scommessa in un mondo in cui gli uomini parlano da sempre tra loro attraverso il corpo delle donne.
Sarebbe interessante vedere cosa metterebbero tra sé e il mondo.
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