Ad Assisi per la pace - Sabato 26 agosto 2006 ore 10.00 manifestazione nazionale per la pace in Medio Oriente
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2006
'noidonne' condivide il documento della Tavola della pace indirizzato al Parlamento e al Governo italiano, elaborato in collaborazione con il prof. Antonio Papisca e il prof. Marco Mascia del Centro diritti umani dell’Università di Padova
Sulla forza di pace dell’Onu in Libano
La Risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza dimostra ancora una volta che l’ONU rimane l’istituzione multilaterale essenziale e ineludibile per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e che pertanto è nell’interesse di tutti procedere velocemente al suo rafforzamento e alla sua democratizzazione come da anni andiamo sostenendo. Il buon funzionamento delle istituzioni internazionali multilaterali e un ordine internazionale basato sulla Carta delle Nazioni Unite e sul Diritto internazionale sono obiettivi ineludibili per costruire la pace in Medio Oriente e in ogni altra parte del mondo. La Risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza è un documento che contiene una novità importante: forse per la prima volta le Nazioni Unite (NU) riescono a mettere insieme due obiettivi, quello immediato, della cessazione delle ostilità, e quello di lungo periodo, della pace giusta e duratura in Medio Oriente.
MANDATO
Nonostante la Risoluzione non contenga un esplicito riferimento al Capitolo VII della Carta delle NU, il mandato della missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) è più ampio di quello previsto per il tradizionale peacekeeping. E’ un mandato corredato di autentica e forte autorità politica sopranazionale. Per usare la tipologia di Boutros Boutros-Ghali, contenuta nel documento “Un’Agenda per la pace”, la missione UNIFIL rientra nell’area del peacemaking (pacificazione): “E’ l’azione per condurre le parti ostili all’accordo, essenzialmente attraverso mezzi pacifici come quelli contemplati nel Cap.VI dello Statuto delle NU, ma anche con gli strumenti militari previsti dal Cap. VII”. Pertanto il mandato di “UNIFIL rinforzata” non è soltanto di mera interposizione, ma contempla altre importanti funzioni. Il testo della Risoluzione 1701 è abbastanza esplicito al riguardo. Per quanto attiene in particolare gli obiettivi strettamente militari, è da escludere che essi abbiano carattere offensivo. Dunque, la caratteristica della missione UNIFIL è quella di una robusta forza di polizia militare internazionale, non di una forza di combattimento bellico. La “nuova” UNIFIL si differenzia nettamente da missioni “multinazionali” quali, per esempio, Enduring Freedom e ISAF in Afghanistan. Essa beneficia in partenza di una forte ed ampia legittimazione giuridica nel segno dell’autorità sopranazionale delle Nazioni Unite. Il difficile compito del disarmo, attribuito dalla Risoluzione al governo del Libano, il quale può chiedere la collaborazione a UNIFIL, potrà essere agevolato dalla scrupolosa osservanza del contemporaneo embargo nei riguardi dell’ingresso di armi in Libano.
COMANDO
Coerentemente con l’alto profilo politico della missione, il comando militare della stessa dev’essere esercitato sotto il controllo diretto dell’autorità politica delle NU, cioé personalmente dal Segretario generale delle NU in stretta collaborazione con il Consiglio di sicurezza. Occorre evitare quanto successo in Bosnia ove l’autorità politica delle NU fu esercitata da un inetto funzionario delegato dal Segretario generale. Poiché si tratta di un’operazione di polizia militare internazionale, vale per essa quanto è proprio delle operazioni di tale natura, quindi diversamente dalle operazioni belliche: il poliziotto è sempre sotto autorità politica, ne discende che la catena di comando operativo sul campo deve agire nel rispetto del diritto internazionale nella sua interezza (non soltanto del capitolo relativo al diritto internazionale umanitario) e, va sottolineato con forza, sotto la costante vigilanza dell’autorità politica sopranazionale delle NU.
COMPOSIZIONE
Data la natura complessa e l’alto rilievo dell’operazione che, come prima precisato, si articola in funzioni di “interposizione” e di “imposizione della pace” in vista di una soluzione duratura, è importante che la stessa missione contenga al suo interno, come elemento caratterizzante, una forte componente “diritti umani” in particolare per assicurare che i diritti fondamentali siano rispettati, in primo luogo dal personale militare impiegato. Per la realizzazione di questa “human rights dimension” occorre che all’interno della missione UNIFIL, quale sua parte strutturale, ci sia personale civile in congruo numero e con appropriata competenza: monitori dei diritti umani, specialisti nel settore dello sviluppo e dell’assistenza umanitaria, personale esperto in comunicazione e dialogo interculturale, nonché nella collaborazione con le organizzazioni non governative, le istituzioni civili locali, il mondo della scuola e dell’informazione. E’ importante che tra questi civili ci sia anche un “difensore civico” che sorvegli il comportamento dei Caschi blu nei loro rapporti con la popolazione.
PRINCIPI
Tra i principi che devono guidare la missione UNIFIL si segnalano i seguenti.
Il primato dei diritti umani. I diritti umani devono essere rispettati e protetti anche durante un conflitto e chi commette gravi violazioni dei diritti umani sia considerato un “criminale”. La salvaguardia della vita e della dignità delle persone deve essere l’obiettivo primario della missione.
La legittima autorità politica sopranazionale. L’ONU deve esercitare una forte autorità politica sopranazionale di comando e controllo della missione, quindi anche delle operazioni sul campo. Trattandosi di un’operazione di polizia militare internazionale, il comando operativo sul campo non può essere mai lasciato a se stesso.
Il coinvolgimento delle legittime istituzioni locali e della popolazione. E’ di tutta evidenza che l’efficacia di un intervento internazionale in una situazione di conflitto come quella libanese dipende in larga misura dal consenso della popolazione.
L’approccio della missione UNIFIL deve pertanto essere di tipo “bottom-up”, cioè deve tener conto dei bisogni fondamentali delle popolazioni che sono afflitte da violenza e da insicurezza. UNIFIL deve ricercare il consenso della popolazione locale attraverso un continuo processo di comunicazione, consultazione e dialogo con le autorità di governo locale, le organizzazioni non governative, i gruppi della società civile, le organizzazioni femminili, i media locali. Appunto per il conseguimento di questi fini, è indispensabile la componente diritti umani come prima segnalato.
La pace duratura in tutto il Medio Oriente. Il focus della missione deve chiaramente essere “regionale”, tenuto conto del fatto che oggi i conflitti non hanno confini definiti, si diffondono per via transnazionale, soprattutto attraverso le reti terroristiche e criminali che provocano situazioni di grave insicurezza non soltanto all’interno di uno stato ma a livello regionale. Non si deve ripetere quello che è successo nella ex Jugoslavia, dove la mancata inclusione del Kosovo negli accordi di Dayton sulla Bosnia e Erzegovina non è estranea allo scoppio della guerra nel 1999. La proposta del Ministro degli affari esteri D’Alema di inviare un’analoga missione delle NU a Gaza va dunque nella direzione giusta: per la costruzione di una pace duratura in MO bisogna risolvere contestualmente sia il conflitto tra Israele e Libano sia il conflitto tra Israele e Palestina.
Il rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto internazionale . Il compito principale della missione UNIFIL dev’essere quello di contribuire all’applicazione del Diritto internazionale. Ciò comporta, da un lato, che si agisca con costante riferimento alla Carta delle NU, al Diritto internazionale dei diritti umani, al Diritto internazionale penale, oltre che al diritto internazionale umanitario) e, dall’altro, che si potenzino le capacità civili della missione come prima segnalato allo scopo sia di dare un maggior sostegno alle istituzioni e alle organizzazioni di società civile locali, sia di favorire il dialogo interculturale tra le parti, sia di contribuire alla raccolta di informazioni che possono portare all’incriminazione di criminali. Il personale militare della missione UNIFIL dovrà essere consapevole che in sede internazionale vige oggi il principio secondo cui la responsabilità penale è personale. Alle cosiddette “regole di ingaggio” e al consueto “codice di comportamento” per i Caschi blu, deve tra l’altro accompagnarsi il “codice condotta sessuale” già approvato dall’Assemblea generale delle NU il 15 aprile 2003. Perugia, 17 agosto 2006
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