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Femminismo senatorio

Femminismo senatorio

Che cosa significa per noi - che siamo e vogliamo essere donne - che per la prima volta una di noi è chiamata a presiedere il Senato? Non è questione di destra o sinistra o del nuovo che avanza. Noi non siamo cittadini: siamo cittadine....

Lunedi, 26/03/2018 - Che cosa significa per noi - che siamo e vogliamo essere donne - che per la prima volta una di noi è chiamata a presiedere il Senato? Non è questione di destra o sinistra o del nuovo che avanza. Noi non siamo cittadini: siamo cittadine. Quindi non sottovalutiamo che Berlusconi aveva proposto con Romani quello che i grillini hanno ricusato come indecente (è stato passato in giudicato per peculato per avere dato alla figlia il cellulare di servizio quando era in Consiglio comunale a Monza), poi sostituito dalla bene accetta da M5S senatrice (dal 1994) di Forza Italia, Elisabetta Casellati, avvocata di Berlusconi ed eloquentissima sostenitrice della legittimità delle leggi ad personam, animatrice della protesta davanti al tribunale di Milano contro la giustizia persecutrice del suo presidente. Ma in questo momento ci chiediamo se alle donne che hanno votato M5S o Lega sta bene che i (peraltro normali) patti di accordo democratico tra le parti, abbiano realizzato "questo" primato italiano. Presiede infatti il Senato una cattolica conservatrice, che da sempre contesta la legge sull'aborto ed è favorevole all'introduzione delle "case chiuse". Il femminismo potrà autorizzare la passione di parte, non la negazione dei valori per cui ci rappresentiamo nelle istituzioni e, in particolare, le rappresentiamo.
Davvero una politica del femminismo è ancora ben lontana dall'avere diritto di cittadinanza, se giornaliste televisive giulivamente raccontano questa "soddisfazione femminile". Da esperta delle istituzioni dei tempi in cui l'interruzione volontaria di gravidanza passava le strettoie di un referendum che il governo e la chiesa pensavano di vincere (e il Pci di perdere), ho sempre sentito che la nostra voce risuona nelle aule parlamentari, ma "non fa genere". Tanto è vero che esiste una giusta legge che regola l'aborto, conquistata a fatica e con incomprensione se è vero che di tratta di un risarcimento e non di un diritto. Anche se le donne dovrebbero avere diritto sul proprio corpo senza chiedere autorizzazioni allo Stato, questa legge è ancora a rischio in un Parlamento in cui nessuno dei partiti vincitori ha mai espresso un parere sugli interessi della rappresentanza femminile.

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