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Femminismo? No, orgoglio femminile

Femminismo? No, orgoglio femminile

Decliniamoci - Una riflessione sui modi di dire e sul fatto che la lingua 'pronuncia la cultura'

Raffaella Mauceri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2006

Una volta le donne non potevano mettere piede in un tribunale se non per essere giudicate. E sapete perché? Perché si riteneva che fossero troppo emotive per emettere un giudizio sereno. E se è per questo non potevano nemmeno testimoniare né prestare giuramento perché si pensava che fossero incapaci di dire la verità e incapaci di tener fede ad una parola data. Oggi le donne si stanno prendendo una grossa rivincita: sono sempre più numerose infatti quelle che scelgono la carriera di avvocate e di magistrate. Peccato che devono sempre dimostrare che non sono da meno dei colleghi uomini. E quel che è peggio, spesso, ahimé, lo fanno nella maniera più sbagliata, cioè facendosi chiamare ‘avvocati’ con la i e assumendo, a volte, atteggiamenti fisici e mentali tipicamente maschili: la supponenza, il paternalismo, il linguaggio strettamente specialistico e desemplificato.
Gli uomini infatti, non hanno alcun rispetto per chi non è avvezzo alla terminologia professionale, al contrario, provano un piacere perverso nel mettere in difficoltà i profani usando un gergo ostico e oscuro proprio per prendere le distanze e parlare al ‘volgo’ dall’alto della loro scienza, suscitando impressione e soggezione.
E’ triste constatare come alcune donne hanno così gravi e irrisolti problemi con la parte femminile di se stesse. Ogni donna infatti dovrebbe portare il femminile in ogni e qualsiasi professione per affermare la propria differenza di genere. Pensare che chiamarsi ‘avvocato’ sia più elegante, come qualcuna sostiene, significa gratificare ancora una volta il genere maschile infliggendo una sottile violenza al proprio/nostro genere giacché equivale a sostenere implicitamente che tutto ciò che fa una donna acquisisce credibilità, forza e autorevolezza solo se si nega come donna e finge con se stessa e con gli altri di essere un uomo.
Sicuramente qualcuno ci dirà che questo è femminismo retrò. Possiamo assicurarvi invece che questo è vecchio, insuperato e intramontabile orgoglio femminile. E anche se apprezziamo moltissimo tanti avvocati uomini, tuttavia ad una donna non dovrebbe mai venire in mente di farsi chiamare al maschile, non foss’altro perché è contro natura.
La lingua pronuncia la cultura, per cui quando vogliamo che una parola introduca un cambiamento culturale, non dobbiamo fare altro che pronunciarla con convinzione e ripeterla con decisione.
Un bell’esempio ce lo dà Tiziana Bartolini, responsabile di questo periodico, che si firma ‘direttora’. E un altro ce lo dà Corrado Augias che la Moratti e la Prestigiacomo le chiama ministre. Qualcuno storcerà il naso ma, scusate, non è a dir poco grottesco dire che il ministro Prestigiacomo era incinto e poi ha partorito ed è diventato mamma?

* Presidente del Centro antiviolenza Le Nereidi, Siracusa (tel 0931 492752)
(1 giugno 2006)

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