Mercoledi, 26/08/2020 - «Se potessi tornare indietro non farei più figli, ma non perché non sono contenta di loro. Ma per questa società che purtroppo non ti offre niente, non sei tutelato e ti senti abbandonato a te stesso. Una figlia la fai nascere, la cresci con tutto il tuo amore per farla diventare una persona onesta e libera e poi, tutto d'un tratto, arriva qualcuno che te la porta via per sempre lasciando un dolore incolmabile. Una ferita che non si rimarginerà mai. Chiediamo giustizia, che il processo abbia subito inizio e che Elisa torni subito a casa». Sono parole di Maria Cristina, madre di Elisa Pomarelli uccisa un anno fa da Massimo Sebastiani, un suo amico che non accettava NO come risposta alla ripetuta richiesta di avere una relazione con lei.
Il corpo di Elisa è stato restituito alla sua famiglia dopo un anno, e due giorni fa è stato celebrato il suo funerale. Il suo assassino ha confessato il delitto e ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, subordinato all'espletamento di una perizia psichiatrica che ne verifichi la capacità di intendere e volere. Il rito abbreviato, come noto, concede lo sconto di un terzo sulla pena in caso di condanna. I giornali – quegli stessi giornali che un anno fa descrivevano l’assassino come un “gigante buono” che ha ucciso per troppo amore -, titolano che quello di Elisa, per la legge italiana, non è stato un femminicidio. Ma è un errore: la verità è che per la legge italiana non esiste affatto il femminicidio! Esiste l'omicidio aggravato quando è commesso, tra le altre ipotesi, "contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva". Tale tipo di aggravante comporta l'ergastolo e quindi, in base alla normativa adottata nel 2019, solo i reati puniti con l'ergastolo escludono l'accesso al rito abbreviato (tale normativa è comunque già al vaglio della Corte Costituzionale che potrebbe dichiararla illegittima). Elisa ha rifiutato una relazione affettiva con l'uomo che la pretendeva e che l'ha uccisa, quindi la sua uccisione non rientra in quell'ipotesi aggravante prevista dal nostro codice penale, e che in via interpretativa viene ricondotta all'ipotesi paradigmatica di femminicidio: uccidere la propria donna, laddove il problema sta esattamente nell'aggettivo "propria".
In Italia il femminicidio non è contemplato né nella cultura sociale che ancora lo nega, né nella legge che quella cultura rappresenta. Esiste, perché i numeri continuano a dirci che esiste. Anche l’ultimo dossier del Ministero dell’Interno ci dice che mentre gli omicidi commessi nel contesto della criminalità organizzata continuano a calare, quelli nel contesto familiare e affettivo rimangono sostanzialmente stabili. E che in questo contesto circa il 70% delle vittime sono donne; durante il periodo di lockdown il 75% delle vittime sono state donne, quando si parlava di “drammi della convivenza forzata”, quando si diceva che la reclusione forzata dà alla testa, quando per l’ennesima volta venivano cercate attenuanti ad un’azione che attenuanti non ne ha. Eppure ancora non esiste un osservatorio nazionale sul femminicidio, che raccolga dati certi e monitori l’andamento del fenomeno. Perfino la commissione parlamentare sul femminicidio deve basare le proprie indagini sui dati raccolti autonomamente dalla Casa delle donne di Bologna e dalla stampa, dati dai quali a volte non emerge neanche il nome della vittima, o quello dell’assassino.
Tutto ciò ci dice che è necessaria una previsione normativa specifica, che inglobi in uno specifico articolo di legge quanto le studiose hanno impiegato anni per teorizzare e spiegare? Questa prospettiva non sembra verosimile, e forse non sarebbe neanche compatibile con l'impianto complessivo del nostro codice penale fascista. Ma comunque la soluzione non è nella legge. Non può esserlo. La soluzione è e sarà solo in una rivoluzione culturale, che sovrascriva tutto ciò che ci è stato insegnato e che ci viene insegnato sui ruoli di uomini e donne. Quando le donne saranno libere di dire NO, senza doversi preoccupare delle conseguenze che questa loro presa di posizione potrebbe avere, quando le donne saranno libere di non dover controllare il proprio comportamento perché gli uomini non sono in grado di controllare il loro, allora il femminicidio sarà superato. Questa è l'unica soluzione. Se sia utopica e inverosimile anche questa non lo so. Ci spero a giorni alterni.
Intanto ciao Elisa, un’altra donna uccisa da un uomo perché donna.
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