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Femminicidio: è ora di dire basta

Femminicidio: è ora di dire basta

Violenze di genere - Il 24 novembre mobilitazione nazionale a Roma contro le violenze alle donne, occasione per chiedere una rapida approvazione della legge sulle persecuzioni e per rifiutare le mistificazioni che affidano ai ‘pacchetti sicurezza’ la

Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2007

L’omicidio di Vyosa Demcolli nel Tribunale di Reggio Emilia da parte del marito, che ha ucciso anche il giovane cognato ed è stato poi freddato dai poliziotti presenti in aula, ha di nuovo scosso l’opinione pubblica sia per il luogo dove è avvenuto il fatto sia perché avrebbe potuto trasformarsi in una vera e propria mattanza, basta pensare che Klirim Fejzo sparando all’impazzata ha ferito perfino l’avvocata Giovanna Fava dell’associazione ‘Non da sola’ e difensore di Vyosa nella causa di divorzio. Le donne di Reggio Emilia hanno subito manifestato il loro sdegno e la rete nazionale delle donne sta individuando le migliori modalità per ribadire l’urgenza di una legge sullo stalking (persecuzioni), per sollecitare concreti sostegni alle Casa di accoglienza per le donne maltrattate e ai Centri antiviolenza e per richiamare l’attenzione pubblica sulla gravità di un problema che non può essere gestito con i ‘pacchetti sicurezza’ ma deve essere correttamente percepito e trattato come questione centrale nei rapporti tra i generi. Mentre andiamo in stampa apprendiamo che il movimento ha deciso di indire una manifestazione nazionale a Roma per sabato 24 novembre, nel primo pomeriggio. Sarà occasione per la presa di parola pubblica da parte delle donne nella giornata mondiale contro le violenze alle donne, il 25 novembre. Sarà occasione per i Centri Antiviolenza di parlare al Paese per spiegare cosa vuol dire per le donne vivere l’incubo del terrore dentro le mura domestiche, subire l’umiliazione del non essere credute dalle forze dell’ordine, mentire ai figli cercando di proteggerli o essere costrette a fuggire per non rischiare di morire. Diamo conto di seguito di alcune delle tante voci, riflessioni e testimonianze che viaggiano on line.
Le donne che dal sito www.controviolenzadonne.org avevano lanciato la proposta di una manifestazione ben prima dei fatti di Reggio Emilia, scrivono: “Il femminicidio per 'amore' di padri, fidanzati o ex mariti è una vergogna senza fine che continua a passare come devianza di singoli. Il tema continua a essere trattato dai mezzi di informazione come cronaca pura, avallando la tesi che si tratti di qualcosa di ineluttabile, mentre stiamo assistendo impotenti ad un grave arretramento culturale, rafforzato da una mercificazione senza precedenti del corpo delle donne. La violenza sulle donne è accettata storicamente e socialmente. Viene inflitta senza differenza di età, colore della pelle o status ed è il peggiore crimine contro l'umanità. Quello di una parte contro l'altra. La politica e le istituzioni d'altro canto continuano a ignorare il tema pubblicamente. Senza una battaglia culturale che sconfigga una volta per tutte patriarcato e maschilismo non sarà possibile attivare un nuovo patto di convivenza tra uomini e donne che tanto gioverebbe alla parola civiltà”. Da Milano, le donne di Usciamo dal silenzio osservano: “La parola pubblica che noi sollecitiamo non è quella che si spende con facilità nelle emergenze “estive” sbandierate dai media, ma deve essere iscritta nell’agenda istituzionale con la centralità che la questione della violenza ha nella vita delle persone. La sua assenza o inadeguatezza è infatti lo specchio della distanza tra la politica e la società. Il nostro paese è oggi abitato da uomini e donne che arrivano da culture e tradizioni le più diverse. Costruire una convivenza che condivida, in questo tempo e in questo spazio, i principi costituzionali e l’idea della libertà femminile che ha principio nell’inviolabilità dei nostri corpi è il cammino di cui ci sentiamo protagoniste insieme alle donne straniere che nel nostro paese devono essere padrone di se stesse, dunque in condizione di esercitare i diritti di cittadinanza. In questo percorso ci saranno difficoltà e contraddizioni, ma non devono costituire un alibi per occultare dietro la categoria dello scontro di civiltà il nodo conflittuale del rapporto tra i sessi che attraversa invece tutte le culture…. Sensibilizzare, prevenire, tutelare, progettare sono i verbi che scegliamo per dire come l’azione pubblica debba rispondere a esigenze molteplici che riguardano la sfera dell’educazione, della formazione, della socialità, del diritto e avere, insieme, l’ambizione di un nuovo disegno di convivenza”.
Dal blog di ‘Usciamo dal silenzio riportiamo anche uno stralcio delle riflessioni di Susanna Camuso, della Cgil Lombardia: "C’è bisogno di rendere evidente ciò che a noi tutte è da sempre noto, ovvero che all’origine della violenza sulle donne c’è la negazione della libertà femminile, c’è la volontà di controllo del corpo che dà la vita, c’è il conflitto donna-uomo.
Sufficiente? Credo sia necessario provare a guardare ancora, perché c’è una sessualità malata, violenta, che va oltre il rapporto donna-uomo, come dice la cronaca di Milano; eppure siamo il Paese che proclama la vita. Legge 40, eutanasia, testamento biologico; allora perché non si tuona da ogni pulpito contro la violenza, a difesa dell’integrità della persona? Sorge una domanda: forse che c’è un interesse a vedere come distinta la mente e il corpo? A vedere di quel corpo solo la funzione della procreazione “a prescindere” (ad esempio quando si nega l’interruzione di gravidanza per stupro etnico). Ma se è così, se si vede la persona solo in una sua possibile funzione, che idea della vita è ?”
L’UDI e il Centro Donna Giustizia di Ferrara osservano: “Non esistono ancora misure che assicurino tutela alle donne che trovano il coraggio di denunciare, viene sottovalutata la gravità della violenza in famiglia ed enfatizzata quella su strada. Continuiamo da anni a ripetere che è la famiglia il luogo più pericoloso in cui le donne subiscono violenze di ogni tipo fino a perdere la vita. Occorre davvero che non si continui a minimizzare la violenza”.
Il Telefono Rosa Piemonte rigetta “ogni tentativo di analizzare il problema dal punto di vista dei pacchetti sicurezza intesi come affinamento dei mezzi di intercettazione "fisica" dell'uomo violento…. non perchè sia inutile, ma perchè è limitativo, e perchè, in buona sostanza, sono i comportamenti a dover essere intercettati (e non solo le azioni), così come sarebbe importante conoscere le fantasie e i progetti di violenza dei tanti uomini di cui sentiamo quotidianamente parlare”.
Dall’Udi di Bologna domandano: “Cosa si aspetta a prendere provvedimenti ? Si vuole lo sterminio delle donne? La inutilità delle denuncie e querele, le richieste di archiviazione dei PM, il mancato intervento delle forze dell'ordine ci ha determinato a mettere in campo le nostre forze per predisporre, in rete con le associazioni e istituzioni locali, un progetto organico di intervento che sia in grado di rispondere: ad esempio la formazione all’eguaglianza dei generi fin dalla scuola primaria, l’informazione, la costruzione di una rete dei servizi sociali e di accoglienza per le vittime. L'UDI da sempre ha proposto la procedibilità d'ufficio per i reati di violenza alle donne, le quali molte volte a seguito di minacce e condizionamenti familiari, ritirano le querele. Il nostro appello è di decidere celermente una tutela efficace e preventiva e dare alle forze dell'ordine il potere di agire immediatamente dopo la presentazione della denuncia querela e ai magistrati il dovere di comminare misure cautelari”.


I NUMERI DELLE VIOLENZE ALLE DONNE IN ITALIA

• La violenza domestica è la prima causa di morte per le donne dai 16 ai 60 anni
• Sono 6 milioni 743 mila le donne che nel corso della vita sono state vittime di violenza fisica o sessuale
• C’è un omicidio in famiglia ogni 2 giorni, in 7 casi su 10 la vittima è una donna
• La maggior parte di queste violenze arrivano dal partner (come il 69,7% degli stupri) o dall'ambito familiare
• Solo nel 24,8% dei casi la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto
• Oltre il 90% delle violenze non è mai stata denunciata
• L'età media delle vittime si abbassa : un milione e 400mila (il 6,6% del totale) ha subito uno stupro prima dei 16 anni
• Solo il 18,2% delle donne è consapevole che quello che ha subito è un reato, mentre il 44% lo giudica semplicemente 'qualcosa di sbagliato' e ben il 36% solo 'qualcosa che è accaduto’


(25 ottobre 2007)

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