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Fedele… “alla linea”

Fedele… “alla linea”

Intervista a Helke Sanders - Un talento versatile a favore dell’emancipazione femminile

Colla Elisabetta Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2008

E’ considerata una donna molto importante per il cinema femminista tedesco: insieme a M. Von Trotta è una delle prime artiste che hanno saputo contestare le ambiguità sociali, attraverso un cinema impegnato, che guarda alla vita delle donne, mostrandone le problematiche sia nel vissuto quotidiano sia nei luoghi di lavoro. Incontriamo Helke a Roma e risponde volentieri alle domande di ‘noidonne’.

Se pensa alla sua storia, personale e professionale, quali tappe ritiene di poter individuare come le più importanti?
Per quanto riguarda la mia carriera professionale ho spaziato molto in ambiti artistici diversi, legati alle varie epoche della mia vita: dopo l’Accademia teatrale, ho lavorato per teatri che proponevano spettacoli molto differenti fra loro, dall’happening, al teatro sperimentale, a quello popolare; poi mi sono stancata ed ho ricominciato da capo con il cinema e la regia quando mi sono trasferita in Finlandia. Ho girato film anche a Berlino e nel 1980 ho iniziato a lavorare all’Accademia di arti visive di Amburgo, ma oggi sono troppo “anziana” per lavorare lì, perciò ho cominciato a scrivere romanzi. I miei due libri, ‘Le storie delle tre dame K’ e ‘Oh, Lucy’, sono stati tradotti anche in Italia ma ora sono esauriti, chissà se verranno ristampati….

Qual’ è la traccia che le hanno lasciato gli anni della cosiddetta “ contestazione giovanile”?
Innanzitutto è importante non ricordarli solo come anni di “contestazione giovanile”, perché io ero già abbastanza grande allora e forse non bisogna ancorare tutto all’anno ’68, come un punto fisso ideale...in realtà le cose sono iniziate molto prima, con la musica di Presley, i giovani arrabbiati in Gran Bretagna, la letteratura di Kerouac, perciò sarebbe storicamente sbagliato pensare al ’68 come inizio perché questi anni provengono da uno sviluppo molto più lungo, da un’epoca più lontana. Io ho partecipato soprattutto all’inizio del movimento femminista: nei primi anni ’70 tra giovani cineasti ci si chiedeva: “come facciamo a far uscir fuori la realtà?”…c’era una grande discussione su questo punto, perché esistevano pochi mezzi di diffusione rapida; volevamo fare film nuovi, più popolari, che mostrassero i problemi veri del popolo. Già si facevano film come ‘L’operaio berlinese’ ma sempre con protagonisti uomini, alle prese con problemi pubblici e privati. Tanti erano di sinistra ma le loro idee rispecchiavano troppo il socialismo reale e questo mi dava piuttosto fastidio, anche se era l’unico modo per lavorare con la televisione. Io pure volevo fare qualcosa ma con una protagonista donna. Volevo inserire un elemento diverso parlando del popolo, e ho pensato a qualcosa che oggi sarebbe scontato ma allora era come un fattore di science fiction, la telecamera in fabbrica! Il film, ‘Un premio per Irene’, dura solo un’ora ed ha una struttura semplice, ma la gente dopo averlo visto discuteva perché non era abituata a vedere le cose dal lato femminile. I miei compagni si sono arrabbiati con me per questo e dicevano che io avevo spaccato in due la classe operaia. D’altro canto questo film ha segnato la mia vita, è stato importante averlo fatto, perché dopo è stato molto difficile per me avere altri lavori.. Il film dice tante cose.…

Qual’ è stato il ruolo delle donne in questi anni e quale evoluzione ha avuto il suo lavoro?
Le donne hanno sempre aggiunto qualcosa all’esistente, e riempito le caselle ancora bianche o le zone vergini, realizzando ed inventando cose nuove. Tutto questo ha fatto sì che gli scontri nel tempo siano diventati più ampi e da qui sia nato qualcosa di nuovo e diverso. Le difficoltà, per me personalmente, sono cominciate quando in Finlandia, come cittadina, ho cominciato ad occuparmi delle donne, della politica femminista. Prima quando ero ancora regista a teatro ero anche famosa e non avevo difficoltà, ma quando ho cominciato ad interessarmi delle donne solo in quanto donna ho avuto problemi. In tutta la mia opera emerge il fattore soggettivo, che raccoglie il mio pensiero.

Le difficoltà non le hanno però impedito di lavorare e seguire la sua strada…
Ho sempre fatto film, questo sì, però ci sono tante cose che avrei voluto realizzare e non sono riuscita a fare, quindi c’è un grande divario fra le due cose se si guarda alla proporzione e, certo, in questo mestiere ci vuole una salute da cavallo per andare avanti, uno deve sempre aver ben presente quello che vuole veramente ed essere consapevole di come portarlo avanti, perché le resistenze sono grandi e si devono superare tanti ostacoli ma io, in linea di massima ho mantenuto la mia linea, magari rinunciando a delle cose quando non si poteva fare diversamente. Alle giovani donne che vogliono fare le registe non voglio dare consigli su come cavarsela ma potrei dire almeno questo: cominciate e cercate in tutti i modi di non demordere.

C’è una cosa di cui va orgogliosa e, al contrario, una cosa che non rifarebbe?
Sono molto orgogliosa di un film, quello sugli stupri di massa da parte dell’Armata Rossa - oltre che dei francesi e degli americani - sulle donne tedesche (I Liberatori-Le Liberate, 1992, 221’): ho fatto molte ricerche ed ho studiato tanto per realizzarlo, prima nessuno lo voleva ma poi ho tenuto duro e ce l’ho fatta, l’ha prodotto una donna. Da un punto di vista cinematografico ho fatto cose diverse, ma non mi vergogno di nulla, ho sempre mantenuto la mia linea di pensiero e di azione.

‘Un premio per Irene’
La regista e scrittrice tedesca Helke Sanders, è una delle poliedriche artiste che hanno segnato la storia del cinema e del teatro femminista negli anni Settanta. Regista di teatro e di cinema, attivista del movimento studentesco nel 1967, è stata fra i fondatori del nuovo movimento femminile nel 1968, e fra i promotori dei cosiddetti Kinderläden (asili gestiti dai genitori). Fondatrice della rivista Frauen und Film (Le donne e il cinema), da lei diretta per 8 anni ed edita ormai da 34 anni, Helke Sanders ha pubblicato diversi saggi, svolto attività di insegnamento in diversi paesi europei e non, e, dal 1981, è professoressa alla Hochschule für Bildende Künste di Amburgo. Invitata a Roma dal Goethe Institute, Helke Sanders ha incontrato il pubblico presso la Casa Internazionale delle Donne, dove è stata riproposta, in collaborazione con l’associazione Archivia, la visione di un bellissimo film in bianco e nero datato 1971, dal titolo ‘Un premio per Irene’, un’opera che destò scalpore per la sua carica innovativa legata ad un cinema impegnato in favore delle donne. “Nel 1971 in Germania - afferma la regista - non c’era ancora un cinema alternativo, né esistevano i cineclub, come adesso. Volevo realizzare un’opera che avesse come protagonista una donna single nel mondo del lavoro in fabbrica. Oggi questo film lo passano anche in tv ma all’epoca era impensabile”. ‘Un premio per Irene’, in effetti, colpisce per la moderna capacità di visione delle questioni femminili, documentando in tono provocatorio lo sfruttamento su due fronti delle donne impiegate in fabbrica e si conclude con la distruzione di gruppo di una videocamera di sorveglianza. La regista alterna le immagini girate dalla videocamera della fabbrica, puntata sulle operaie al lavoro, alle riprese del cameraman che insegue, con un punto di vista tutto al maschile, l’incedere sicuro e soddisfatto di un’attraente segretaria, in un pathos crescente affidato all’accompagnamento musicale della nota rockband tedesca degli anni ’70 “Ton Steine Scherben”.


(30 settembre 2008)

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