La Leader che non c'è /3 - Donne al e di potere: un certain regard, quello internazionale di Paolo F. Valentino
Marina Caleffi Domenica, 06/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013
La condizione femminile in Italia è un filo migliorata rispetto alle generazioni precedenti, oggi le donne hanno migliori opportunità di lavoro e la possibilità di decidere della propria vita. Nonostante questi progressi, siamo ancora liminali per ciò che attiene il potere in affari e politica, e decisamente poco ascoltate là dove si devono assumere posizioni che incidano nella vita della collettività. Non troviamo un’Antigone che indossi i panni di tutte/i le dissidenti,una “disobbediente” civile che sfidi le leggi non scritte della polis.
Come favorire la "rincorsa" di cui abbiamo bisogno per ottenere maggiore potere politico, sulla scia dell’exemplum estero, resta un problema aperto.
Il giorno dopo la netta conferma dell’imperium di Angela Merkel, ne parliamo con Paolo F. Valentino, twitter@pfvalentino, senior foreign policy columnist al Corriere della Sera, già corrispondente da Washinghton, Berlino e Mosca, che ha conosciuto da vicino la Cancelliera e le leaders che l’agenda alla Storia hanno dettata. E con un certain regard ci osserva.
È il Paese che ci condanna alla retroattività o siamo noi, a dirsi il 52% della popolazione, che non apriamo le porte al genere? Manca un ‘educazione ad esprimere leadership e skills politiche?
L’uno e l’altro. Non c’è dubbio che per mentalità, cultura politica, costume, assetti legislativi, strutture educative l’Italia non sia un Paese per donne. Ma credo anche che alle donne italiane manchi la capacità di far sistema, di agire insieme oltre le divisioni ideologiche, di imporre proprie agende alla politica. Parafrasando Kennedy, non chiedetevi cosa il Paese e il Governo possano fare per le donne, chiedetevi cosa voi possiate fare per voi stesse.
Non è che la questione si riduce essenzialmente al fatto che l'Italia è un paese fondamentalmente maschile/ista?
Non è più maschilista di altri. Ma in più è un Paese arretrato, familista, impermeabile alla modernità, acconciato ad una concezione malata della vita pubblica.
Parrebbe che Thatcher e Merkel abbiano tratti comuni. Donne decise e pronte al patricidio. La Thatcher lo fece con il suo “tutor” e la Merkel lo ha fatto con Khol che la portò nel governo…
Thatcher e Merkel sono due storie a parte. La Lady di ferro non difese mai una posizione femminista, né difese in modo specifico l’avanzamento delle donne nella società britannica (per lei “la società non esiste”). Il suo segreto fu di tenere testa a un partito e a un mondo nel quale, ancora ai sui tempi, gli uomini dopo cena si ritiravano per discutere fra di loro di cose serie bevendo whisky, Thatcher li seguiva e li stendeva al loro gioco. Era una donna di potere, carismatica, con convinzioni fortissime che difendeva fino alla morte, con un altissimo senso del servizio pubblico. Il che non significa che non usasse il suo fascino, come avvenne con Ronald Reagan che ne era letteralmente invaghito. Merkel è un’altra storia: nessun carisma, sempre sotto traccia, nessuna convinzione forte, straordinaria flessibilità e pragmatismo, grande capacità analitica. Anche se non si può considerare femminista, Merkel è sempre molto solidale con le donne e ne promuove il ruolo nella società tedesca. Crede nel ruolo del governo. Come Thatcher però ha un grande istinto assassino, forse è l’unico tratto comune tra loro due: entrambe hanno sempre eliminato - senza pensarci su - ogni loro avversario politico. Quanto al parricidio, Merkel è molto più serial killer di Thatcher: ne ha fatti fuori almeno tre: Lothar de Maizière, ultimo premier della Ddr, Helmut Kohl e Wolfgang Schaeuble.
Le donne leader che abbiamo citato sono un filo di destra. Con forte personalità, carattere di ferro e vision….
Thatcher era di destra e aveva una visione, Merkel no, non ha alcuna visione. Merkel è molto liberale, nel senso che la vita nella Ddr le ha insegnato il valore della libertà. Ma per il resto abbraccerebbe qualsiasi posizione di sinistra se le servisse a mantenere il potere. Lo ha già fatto: ha deciso l’uscita dal nucleare dopo Fukushima in una notte, ha fatto suo il salario minimo nazionale proposto dalla Spd, etc.
A determinare il successo pare servano qualità come coraggio, resilienza, pervasività, e capacità di coniugare posizioni differenti dalla propria in nome di un bene superiore. Parlo della Clinton, che è da anni in “campagna elettorale”e ha comitati di sostegno per le Presidenziali, già scalpitanti alle gabbie di partenza da tempo. Io sono #readyforHillary, ma secondo alcuni editorialisti la Clinton non ha chances di diventare The President. La sensazione è che non piaccia davvero agli americani. Non perché sia donna ma perché è Clinton. In realtà anche i conservatori erano pronti a sostenere una presidenta e infatti Sarah Palin era nel ticket. Insomma forse l'America è pronta per un presidente donna ma l'Italia, direi, non lo è...
Hillary Clinton sarà candidata alla Casa Bianca e probabilmente vincerà. È vero che è molto divisiva, ma lo è molto meno di prima che facesse il Segretario di Stato. E poi, la demografia USA cambia a ritmo velocissimo: la nuova coalizione vincente (quella che ha rieletto Obama) è costituita da donne-ispanici-afroamericani-giovani metropolitani e sarà ancora più forte nel 2016: per loro Hillary è perfetta.
Il panorama italiano cosa offre?
Emma Bonino, Lucrezia Reichlin e poche altre. Ma il punto è che se non si cambia approccio, se non cambiate approccio, non ne verranno fuori altre.
Pare che le donne nel nostro Paese non riescano a fare con convinzione self promotion nemmeno per candidarsi alla guida di un Partito, figuriamoci per il premierato o per la Presidenza. Nessuna così determinata da crederci per scardinare la pratica della cooptazione e il boys club?
Non so. Mi sembra piuttosto una incapacità di fare squadra, di sfidare le vecchie guardie dei partiti tradizionali. Si dice che in Italia i blocchi elettorali non cambino mai. Forse potrebbero/dovrebbero essere proprio le donne a cominciare a dinamitarli.
…Intanto non siamo un paese per giovani. E neanche per donne…
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