note ai margini - Testi di legge complicati e definizioni inglesi. Ma perchè non si parla in italiano? soprattutto se si tratta di pagare?
Castelli Alida Mercoledi, 12/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2012
Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini. Come non condividere questo titolo? Poi apri la televisione e ti senti dire che è il decreto definito Spending Review e allora mi chiedo cosa potremmo capire di tutto questo? Forse a nessun tecnico interessa la nostra opinione. O fossero esperti, che forse sono poco esperti dei livelli alfabetizzazione del nostro paese? E poi, chi ce lo aveva detto che, per capire cosa decide il nostro Governo, adesso bisogna essere bilingui? Gli studi dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) dicono che noi italiani siamo poco alfabetizzati in italiano, e ancora meno bilingui.
Personalmente “I dont speak english” nonostante i tentativi e “ich spreche, ein wenig deutsch” nel senso che so un po’ di inglese e un po’ di più di tedesco.
Mi ha sempre consolato il fatto che almeno i regolamenti attuativi della nostra Costituzione “prescrivono” che le leggi e tutti gli atti pubblici devono essere scritti in italiano!
E ancora. Un decreto di 83 pagine, considerati i livelli di lettura medi che ogni tanto l’ISTAT ci comunica, vorrei vedere chi lo avrà letto… e purtroppo nemmeno molti giornalisti ci hanno fatto capire di più.
Sono arrivata a queste banali e amare considerazioni leggendo l’articolo 12 comma 20 della legge di cui sto parlando, in cui non trovo nulla a me comprensibile, in cui si dice però: “A decorrere dalla data di scadenza degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, in regime di proroga ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le attività svolte dagli organismi stessi sono definitivamente trasferite ai competenti uffici delle amministrazioni nell’ambito delle quali operano”.
Che tradotto, sentita la vicepresidente del Comitato Nazionale Pari Opportunità, vuol dire fine del Comitato, dei relativi finanziamenti per i Piani di Azione Positiva e della Commissione Nazionale di Parità.
È amaro dover osservare che solo gli addetti ai lavori - e non tutti - capiscono cosa stia succedendo.
È amaro vedere che importanti istituzioni per le donne vengono cancellate parlando di “revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”.
Allora devo capire che, con tutte le critiche, le azioni positive sono scomparse? Che non erano un aiuto alle donne che ancora adesso, ad esempio, rientrano da un maternità e si vedono penalizzate? Che il deficit di cultura sulle pari opportunità del nostro Paese cui faceva fronte la Commissione Nazionale di Parità non era una servizio ai cittadini?
Per piacere fatemelo capire. Possibilmente in italiano!
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