Focus - Cibo Ribelle/3 - Le donne hanno la responsabilità della gestione dell’alimentazione propria e della famiglia: un potere sociale ed economico che chiede consapevolezza
Badalassi Giovanna Sabato, 30/05/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2015
Estate in arrivo e, come ogni anno, tempo di dieta. Dieta di ogni tipo, oramai si sono creati dei veri filoni letterari: la Dukan, la Metabolica, quella a zona, quella dell’uva, la Montignac, la Tisanoreica, solo per citarne alcune. Poi ci sono i regimi alimentari: i vegetariani, i crudisti, i vegani. per non parlare degli appassionati di cibi rigorosamente bio o tendenza Slow Food. In tutte queste sperimentazioni alimentari le donne sono protagoniste: la prova bikini rappresenta uno stereotipo oramai inattaccabile e, anche quando sono gli uomini a mettersi a dieta, molto spesso dietro c’è una figura femminile che li convince a mettersi a stecchetto, fa la spesa e prepara amorevoli pasti.
Dietro a questo fenomeno un po’ kitch e spesso eccessivo delle diete, si nascondono però delle dinamiche di genere culturali, sociali ed economiche importanti, che coinvolgono la salute di tutti.
Le donne hanno infatti da sempre un rapporto privilegiato con il cibo. Anche se non sta scritto da nessuna parte che debbano essere le donne ad occuparsi dell’alimentazione di tutta la famiglia, il retaggio culturale, nato dal mito primordiale della mamma che allatta, rimane fortissimo. Ancora oggi in un giorno medio settimanale l’86,4% delle donne over 15 cucina, lava e riordina le stoviglie contro il 40,5% degli uomini. Una responsabilità importante, che può condizionare la salute e il benessere di tutta la famiglia, oltre che delle donne stesse.
Come esercitano le donne questa capacità/responsabilità? A giudicare dalle statistiche mondiali sullo stato di salute degli italiani, sempre tra i primi in classifica, molto bene, si direbbe. E questo nonostante le ansie alimentari di molte, i sensi di colpa per gli strappi alle regole, e una continua ricerca di un equilibrio alimentare di cui le appassionate di diete estive rappresentano solo la versione più pittoresca.
Le donne alla fine sono delle autentiche campionesse nella gestione del proprio rapporto con il cibo: le loro maggiori aspettative di vita (84,9 anni contro gli 80,2 per gli uomini) sono in gran parte riconducibili a comportamenti alimentari particolarmente virtuosi.
Infatti le donne:
- bevono meno bevande gassate (53,3% contro il 63,6% degli uomini over 11), e meno alcolici e superalcolici fuori pasto (15,8% le donne contro il 36,5% degli uomini)
- fanno in maggior numero una colazione adeguata (82,6% contro il 76,7% della popolazione con più di 3 anni)
- mangiano più verdure (il 56% delle over 3 almeno una volta al giorno contro il 46,5% degli uomini), e più frutta (77,1% delle over 3 contro il 71,7% degli uomini)
- prestano più attenzione al consumo di sale (71,5% delle over 3 contro il 62,1% degli uomini)
Ne consegue inevitabilmente che sono più magre (solo il 36,8% delle donne in Italia sono sovrappeso o obese contro il 55,6% degli uomini) e quindi sono meno soggette a fattori di rischio per la propria salute.
Tutto bene quindi? Si e no. Rimangono forti criticità a seconda delle classi sociali e del livello di istruzione che mettono maggiormente a rischio l’alimentazione e la salute degli adulti e dei bambini, e che richiedono un percorso di crescita e di consapevolezza non solo delle donne ma anche degli uomini.
Tra gli uomini over 15 i laureati sovrappeso o obesi sono infatti il 46,4% contro il 68,7% di coloro che non hanno superato la licenza elementare, mentre tra le donne over 15 le laureate sovrappeso o obese sono il 19,9% contro il 57,7% delle donne con licenza elementare.
L’alimentazione corretta dei bambini, e il ruolo prevalente delle madri in questa attività, rappresenta poi un ambito di particolare criticità sociale e sanitario che le chiama ad un percorso di crescita nella gestione della loro salute sempre più consapevole.
Tra i bambini di 8-9 anni infatti quelli in sovrappeso sono il 20,9% e quelli obesi il 9,8%, con una maggiore concentrazione nelle regioni del centro e del Sud. Importante (anche qui!) è il ruolo delle madri dei bambini in sovrappeso. Tra queste infatti il 38% ritiene che il proprio figlio sia sotto-normopeso e solo il 29% pensa che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva.
È insomma una grande fatica, preparare da mangiare per tutta la famiglia, stare dietro alla salute di tutti, sopportare e superare i capricci alimentari dei bambini e, spesso, dei grandi. Avere rigore e disciplina ogni giorno, o almeno provarci.
Una fatica che però, oltre ad essere un fardello di responsabilità spesso opprimente, rappresenta anche un importante potere economico e, alla fine, se lo vediamo in prospettiva più ampia, anche politico. Se infatti le famiglie spendono in acquisto di alimenti e bevande non alcoliche 143,2 miliardi di Euro l’anno, e se consideriamo che la responsabilità della spesa quotidiana ricade soprattutto tra le incombenze femminili, capiamo immediatamente il potere economico in questo ambito che hanno le donne, e la rincorsa dell’industria alimentare ad aggiudicarsi le loro scelte di acquisto.
Come vengono spesi questi 143,2 miliardi di Euro? Lo sappiamo bene, ogni volta che andiamo a fare la spesa, ma è interessante vedere i dati dei segmenti di mercato più salutisti. Per la nostra italianissima dieta mediterranea, che è indicata come una delle più sane, se adottata senza eccessi, si parla di un giro d’affari di 35 miliardi di Euro e di un valore potenziale del “brand” di un miliardo di Euro. Tutto l’alimentare bio coinvolge il 68% degli italiani per un fatturato complessivo di 3,1 miliardi di Euro , mentre per i soli prodotti dietetici (barrette, beveroni, pasti sostitutivi, prodotti fatti apposta per chi segue un determinato regime alimentare), si spendono 150 milioni di Euro l’anno.
Le donne hanno quindi un forte potere di acquisto in questo ambito, e possono fare la differenza nello scegliere di mangiare più o meno sano, nel rivolgersi a negozi bio o a prodotti delle multinazionali, dietro ai quali si nascondono interessi economici di rilevanza mondiale che troppo spesso vanno a scapito della qualità del cibo. Si calcola infatti che il 70% dei prodotti alimentari sia concentrato in sole 10 multinazionali che fatturano ogni anno 450 miliardi di dollari e hanno una capitalizzazione di 7.000 miliardi . È facile immaginarne il potere di persuasione attraverso campagne di marketing di livello globale, soprattutto rispetto ai ceti sociali più modesti e con un livello di istruzione inadeguato a proteggerli dalla forza accattivante del messaggio pubblicitario.
Decidere se mangiare cibo sano e genuino, fare una dieta o piuttosto affidarsi ciecamente al potere della pubblicità è quindi una scelta molto importante alla quale le donne sono chiamate e che ha riflessi non solo sulla salute propria e della propria famiglia, ma anche su interi settori di business alimentare.
C’è da quindi da augurarsi che, dietro alle nuove mode alimentari, cresca ancora di più la consapevolezza per una corretta alimentazione, che sappia essere non solo appannaggio dei ceti più istruiti ed abbienti, ma che sappia diventare un patrimonio culturale e sociale condiviso a tutti i livelli della società. E le donne, volenti o nolenti, saranno le protagoniste di questa crescita. A pensarci bene, un potere sociale, politico ed economico enorme.
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