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Famiglie allargate, integrazione e solidarietà

Famiglie allargate, integrazione e solidarietà

Cinema a Roma - Dopo il Matrimonio, ultimo film della regista danese Susanne Bier, si accende il dibattito

Colla Elisabetta Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007

La cinematografia scandinava, da sempre colta e all’avanguardia, ha prodotto negli ultimi decenni idee ed opere nuove e originali, basti ricordare fra tutte la nascita del movimento Dogma, basato su regole di autenticità formali e sostanziali delle opere prodotte, che ha avuto in Lars Von Trier il suo fondatore e principale esponente. E’ inoltre idea condivisa che nella laica Scandinavia i costumi sociali e le libertà individuali siano moderni ed evoluti oltre la media europea. In questa situazione privilegiata, per così dire, e nel confronto con essa, trova spazio l’opera della brava regista danese Susanne Bier, stimata e popolare nel suo paese e già conosciuta in Italia per il film Non desiderare la donna d’altri, uscito due anni fa e vincitore di numerosi Festival. Oggi la Bier torna nelle sale con un grande dramma, familiare e sociale al tempo stesso, presentato in anteprima alla Festa del Cinema del Roma. Racconta la storia di Jacob (Mads Mikkelsen) che, dopo aver dedicato la sua vita ai bambini abbandonati di un orfanotrofio indiano, viene chiamato a Copenaghen da un ricchissimo uomo d’affari Jorgen (Rolf Lassgard) che vuole finanziare validi progetti di solidarietà. Qui viene invitato al matrimonio della figlia del magnate, dove si troverà a fare i conti, per una serie d’inaspettate circostanze, con situazioni sentimentali e umane di un passato lontano, dalle quali era fuggito tanti anni prima, ritrovando Helene (Sisde Babette Knudsen) una donna per lui importante e scoprendo eventi segreti che sconvolgeranno il corso della sua esistenza. Paternità, maternità, figli, destino, benessere e povertà, generosità e controllo, morte e vita: la trama (che contiene diversi colpi di scena) avvince lo spettatore in una narrazione contraddistinta da un forte senso di realtà, in cui le protagoniste donne appaiono riflessive e accoglienti mentre gli uomini, apparentemente decisi e assertivi, si svelano nella loro fragilità. Teodora Film, la sensibile casa di distribuzione del film, ha deciso di sostenere (destinando una quota-parte dei proventi della distribuzione) la campagna “Riscriviamo il futuro” dell’organizzazione indipendente Save the Children, che vuole garantire scuola e istruzione a 8 milioni di bambini nei paesi di guerra o reduci dai conflitti entro il 2010. “Dopo il matrimonio è un film sulle grandi scelte della vita – afferma Vieri Razzini della Teodora – e per questo abbiamo associato la sua uscita in Italia a Save the children: siamo convinti che le aziende possono avere un ruolo di responsabilità nel risolvere gravi problemi sociali”.


Susanne Bier
Un occhio intelligente e sensibile, da vera osservatrice dei problemi familiari e dei sentimenti in una società che cambia, Susanne Beir, giacca di pelle nera da motociclista, risponde sorridente alle domande durante la conferenza stampa romana.

Ti sei ispirata al movimento Dogma per i tuoi lavori?
Soltanto all’inizio del mio lavoro, nel film Broken Hearts (2002): il Dogma ha dettato regole che ora non seguo più completamente ma mi rimane, ad esempio, la ricerca del forte senso di autenticità ed onestà che chiedo agli attori sul set. Parlo con loro per sapere se, nella vita, farebbero realmente alcuni concreti gesti quotidiani - come ad esempio bere un caffè - che in certi momenti della storia vengono richiesti ai loro personaggi. Ecco che tutto acquista credibilità. Inoltre continuo a girare con la macchina da presa a spalla, che segue gli attori, perché colgo interpretazioni migliori.

Il tuo lavoro s’inserisce nella tradizione scandinava relativa alla “lotta” fra i sessi (es. Ibsen e Strindberg) o t’interessano in generale le tematiche familiari? Nel tuo paese ci sono posizioni avanzate rispetto all’idea “tradizionale” di famiglia o ai problemi dei paesi come l’Italia?
Sarebbe pretenzioso accostarmi a quei nomi.. No, in effetti mi sono sempre sentita a mio agio nel mondo degli uomini e non sento necessariamente il bisogno di fare personaggi femminili che si affermano, esteriormente forti. Sono vicina alla mia famiglia e ne traggo una certa percezione della vita. Ma credo che oggi sia necessario rispondere ad un nuovo modello di famiglia allargata dove si accolgono figli di altre unioni, dobbiamo essere solidali e disponibili. Anche se in alcuni paesi è difficile accettarlo, è così che vanno le cose nella realtà e questa accoglienza cambierà le nostre vite. Credo in un approccio non dogmatico al mondo uomo-donna, ho paura degli stereotipi. Le donne del film sono libere di scegliere.
(31 gennaio 2007)

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