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Facciamo curare i padri padroni

Facciamo curare i padri padroni

Idee -

Iori Catia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2007

Chissà quali incancellabili stigmate porterà nell’animo Caterina, la ragazza torinese oggi trentenne, che sin dall’infanzia era vissuta in una gabbia metaforica, giacché il padre le proibiva ogni contatto con altri esseri umani di sesso maschile. Eppure la maggior parte dei casi rispetta un copione similare e davvero scadente. Caterina oggi è arrabbiata con le forze dell’ordine che sminuiscono i casi in cui non sussiste violenza fisica, con i giudici che chiedono prove reali, con gli assistenti sociali che non possono muoversi senza ordinanza del giudice, con gli avvocati che si prestano alla difesa estrema di questi “uomini”pur essendo loro stesse madri e mogli e pur avendo capito benissimo la situazione, con la finanza che non può agire per gli anni passati perché c’è un condono tombale. E tuttavia sta pagando un prezzo altissimo perché questo padre padrone non solo le ha inibito un armonioso sviluppo psichico per cui dovrebbe essere curato come caso psico-patologico ma le ha fatto oltretutto perdere un sacco di tempo assolutamente vitale. Eppure quante di noi non conoscono e pur sapendo, non denunciano la presenza di questi uomini a cui egocentricamente tutto è concesso e per i quali aver generato una figlia equivale ad avere piena potestà sulla sua vita? Si dice che la giustizia in questi casi è lacunosa, per ovvi e scontati motivi. A me pare un baratro senza fondo! Un pugno lascia segni visibili e tutto sommato guaribili, ma la violenza psicologica lascia tracce ben più profonde, perché non ci si può difendere, lascia ferite indelebili o malamente suturate da psicofarmaci e calmanti. Penso che noi donne in tutto questo siamo sole, abbandonate, a volte anche da chi sa, perché non conosce la propria responsabilità civile e così si è sistemato anche la coscienza. Parliamone. Ho tanto atteso che qualcuno iniziasse a parlarne seriamente, ufficialmente, nelle late schiere di governo. Come dice il ministro Pollastrini “Abbiamo bisogno di una nuova cultura”. Il mondo va avanti tecnologicamente, e la nostra cultura resta ferma al “segrega tua moglie, tu non sai perchè lo fai, ma lei sì”. Da questa cultura hanno origine molte delle discriminazioni che, ancora oggi, negano alle donne uno spazio di “pari diversità” nella società.



(21 novembre 2007)

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