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Fabbrica: è lavoro e (anche) amore per il lavoro - di Tiziana Bartolini

Fabbrica: è lavoro e (anche) amore per il lavoro - di Tiziana Bartolini

Il 21 ottobre sarà presentato a Milano (Sala Buozzi della Camera del Lavoro) “L’operaia che amava la sua fabbrica” di Maria Pia Trevisan. Intervista all'autrice.

Sabato, 16/10/2010 -

Cgil Milano e Archivio del Lavoro hanno organizzato la presentazione del libro “L’operaia che amava la sua fabbrica” di Maria Pia Trevisan. L'autrice racconta la storia della sua fabbrica, la Mivar, affrontando risvolti e colori umani che permettono di guardare oltre la cronaca dell’azienda, per arrivare alla vita dell’operaia, della sindacalista, della donna, durante un vasto arco temporale, -dagli anni Sessanta agli anni Ottanta- che sono stati determinanti per la storia del nostro paese, delle donne e del sindacato.



La presentazione si terrà il 21 ottobre, alle ore 16, presso la sala Buozzi, alla Camera del lavoro di Milano, Corso di Porta Vittoria, 43.



Partecipano: Maria Costa – Archivio del Lavoro, Anna Milani – Segretaria SPI Cgil Milano, Primo Minelli – già Segretario FIOM e Camera del Lavoro Ticino Olona e Maria Sciancati – Segretaria Generale FIOM Cgil Milano. Sarà presente l’autrice.



Coordina: TIZIANA SCALCO – Segretaria Camera del Lavoro di Milano



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Intervista all'autrice Maria Pia Trevisan


"Una piccola storia che non appartiene solo a me"

di Tiziana Bartolini


Quando e perchè decidi di scrivere questo libro?

Ho iniziato a scrivere questa storia, nel mese di luglio del 2008. Per la prima stesura ho impiegato poco più di tre mesi. Ho speso poi quasi un anno per rivederla e per cercare una casa editrice che fosse interessata a pubblicarla.

A quarant’anni da quell’importante stagione di lotte che si aprì con la contestazione studentesca del 1968  ma che coinvolse poi la classe operaia e tutto il mondo del lavoro, ho sentito che era tempo di contribuire alla riflessione su quel periodo storico, con la testimonianza diretta di una piccola storia, che avrebbe messo in evidenza, a mio parere, il risvolto umano di quella partecipazione di massa che portò cambiamenti notevoli nella cultura, nell’organizzazione sociale e nella fabbrica.

Una piccola storia scritta anche per dimostrare che all’interno delle fabbriche non ci sono numeri,  ma persone che hanno una loro storia, una loro dignità, e per dire che, queste persone, sono soggetti di diritto e rimangono tali anche nei luoghi di lavoro.

Questo, a mio parere vale anche in momenti di estrema difficoltà come quelli che stiamo vivendo, “anche quando ti venderesti l’anima per avere un lavoro”.

Ne consegue che il libro vuole mettere in evidenza il valore del lavoro e dell’impresa che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, come recita l’articolo 41, della nostra Costituzione.

E’ in sostanza un piccola storia che non appartiene solo a me, ma che diventa mia nel momento in  cui mi metto in gioco per raccontarla in prima persona e con il mio sguardo chiaramente femminile.

Fermarsi un attimo, guardare indietro per riflettere sul senso di una vita vissuta intensamente in un contesto storico importante, per riflettere e fare riflettere sull’oggi e per guardare avanti in maniera più consapevole, è in sostanza la ragione principale che mi ha fatto decidere di scrivere questo libro.

 

Raccontando la tua esperienza in fabbrica scrivi di un passato, ma forse vuoi anche parlare del presente e, soprattutto, del futuro e di quello che è già una diversa organizzazione del mondo del lavoro....

A questa ragione, potrei aggiungerne altre che provo ad elencare: mi piace scrivere. Conosco il valore della memoria trasmessa attraverso la scrittura autobiografica. La scrittura autobiografica spesso ha anche una funzione terapeutica. Scrivere obbliga alla riflessione. Voglio unire la mia voce a quella di quanti non vogliono rassegnarsi al "ribaltamento di quei valori umani" per cui mi sono battuta per un lungo arco della mia vita.

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