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"Evelyne tra le nuvole" di Anna Di Francisca: un film green e con tante sfumature del femminile

Nelle sale dal 30 marzo distribuito da Orange. Intervista esclusiva di NOIDONNE alla regista

Martedi, 28/03/2023 - Reduce dal successo ottenuto a Sguardi Altrove Film Festival, dove il film è stato presentato in anteprima, esce nelle sale ´Evelyne tra le nuvole´, commedia sofisticata scritta e diretta da Anna Di Francisca. Nel cast Eleonora Giovanardi, Gilbert Melki (attore francese protagonista del film BDE di Michaël Youn e della serie Netflix Destini in fiamme), Antonio Catania e Violante Placido, oltre alla rinomata interprete francese Claire Nebout ed agli italianissimi Andrea Roncato, Marco Maccieri e Lucia Vasini.
Il film, realizzato con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso Emilia-Romagna Film Commission e del Ministero della Cultura, è prodotto e distribuito da Orange Film a partire da giovedì 30 marzo.

La regista e sceneggiatrice, (tra gli altri, di La bruttina stagionata, candidato ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento, e Due uomini, quattro donne e una mucca depressa, oltre a numerose serie televisive e documentari), in una lunga intervista a NoiDonne, racconta il suo percorso cinematografico e parla del suo film in uscita.


Intervista ad Anna Di Francisca

Com’è nato questo tuo nuovo film? Esiste una prosecuzione ideale con gli altri film che hai realizzato come regista?
In un certo senso, i film che ho fatto hanno alcune analogie: per esempio io ho un grande amore per i microcosmi, è difficile che pensi di girare in grandi città. Mi piace l’idea di storie che si svolgono in piccoli centri e divengono poi il simbolo di qualche cosa d’altro. Ma i temi sono diversi, infatti il mio primo film, ‘La Bruttina Stagionata’ era tratto da un romanzo della Covito, ‘Fate un bel sorriso’ era una storia legata all’adozione degli anziani come se fossero bambini - quindi un argomento a sé - e poi ‘Due uomini, quattro donne e una mucca depressa’, una coproduzione spagnola, un film girato in un paesino della Spagna, aveva come tema la musica, il coro come strumento terapeutico. In questo ultimo film, ‘Evelyne tra le nuvole’ il tema è legato al Green, si parla di un possibile conflitto tra le nuove tecnologie e la natura e della ricerca di un’armonia tra queste due cose, visto che tutti noi con queste tecnologie dobbiamo convivere e non ne possiamo fare a meno - come abbiamo visto più che mai durante la pandemia - anche là dove le tecnologie ci sembrano eccessivamente invadenti nella nostra vita e a volte intollerabili (come vediamo coi social su qualunque argomento questa invasione anche con fake news). Io che sono della generazione degli anni Sessanta queste cose le soffro. Ovviamente ci dobbiamo adeguare, però cercando di apprezzare tutto ciò che è legato alla natura, come la protagonista del mio film (interpretato da Eleonora Giovanardi), una donna di 40 anni che vive in un agriturismo-fattoria ereditato dalla famiglia dove ama curare con le erbe, ha le mucche che tratta come fossero persone ed ha un rapporto con la terra molto forte. Quando si vede arrivare un tipo che vuole piazzare una mega-antenna che porterà la connessione in tutta la valle succede l’ira di Dio. Il film non intende però criminalizzare le nuove tecnologie, bensì trovare un equilibrio possibile, una modalità per conviverci senza perdere tutto il resto. Mai come in questi anni il problema dell’ambiente e la gravità della questione è stata totalmente ignorata da una parte politica, speriamo che ora Elly Schlein ci venga in soccorso e che questi temi vengano affrontati bene.

Che genere prediligi nel fare cinema?
Il filone che prediligo è quello della commedia sofisticata, come si definisce a livello europeo, una commedia che affronta tematiche sociali. Spero che oggi la ´disgrazia´ legata alla parola commedia decada, anche perché le indagini di mercato fatte durante la pandemia hanno evidenziato che la commedia è un genere da sofà, ricrecato dal pubblico sulle piattaforme, tutti hanno voglia di vedere anche cose leggere... che poi ci sono molti tipi di commedie, io stessa amo un certo tipo di commedia come La cena dei cretini, La Famiglia Bélier, Dio esiste e vive a Bruxelles, cioè commedie che affrontano con ironia e con sguardo più leggero tematiche anche molto serie. Un genere molto difficile da fare ed inoltre ignorato dalla critica, che spesso ha un atteggiamento spocchioso verso la commedia in generale, ma secondo me è un genere con cui si possono raccontare tante cose e che va rispettato, dipende sempre dai toni. A volte quando arrivano dall’estero le commedie piacciono, se sono nostre no, ma se si riesce ad arrivare con delicatezza e intelligenza al pubblico, è sempre apprezzabile.



Nel tuo film i personaggi sembrano tutti portatori di un´ambivalenza, di un conflitto…
Tutti i personaggi della mia storia rappresentano un percorso conflittuale in effetti. Antonio Catania ad esempio fa l’allevatore di lumache,  un animale che fa simpatia in questo momento di frenesia, c’è dietro il discorso sulla lentezza. Catania interpreta un italiano di origini calabresi che è stato molto all’estero e parla un linguaggio un po´ astruso, da italo-americano, fa sentire il sapore di una visione folkloristica dell’Italia dei tempi andati, ma dove lui sogna di ritornare. Tutti i miei personaggi hanno dei sogni nel cassetto, chi più chi meno. Anche i personaggi femminili rappresentano molti mondi.

Raccontaci qualcosa della location del film, una fattoria, un borgo, o tutte e due le cose, dove si trova?
Il film è girato sull’Appennino emiliano, bellissimo e poco conosciuto, abbiamo avuto la fortuna di trovare un agriturismo dove la signora Silvana e la sua famiglia ci hanno dato ampia disponibilità, anche di dipingere le stanze, e questo Borgo Maillo, un luogo magico con due adorabili famiglie che ci hanno accolto con grande disponibilità, sembrava quasi un teatro di posa, lì dentro abbiamo trovato tutto, l’osteria, la casa della Placido, sembrava un dono di Dio – lo diceva anche la scenografa – tutte le basi per fare il film, con una generosità molto emiliana. Io tengo molto all’educazione della troupe e a lasciare un buona traccia; quando abbiamo terminato di girare c’è stata una festa finale commovente, con una grande partecipazione e poi la malinconia di non avere più tutto il movimento del set. La Film Commission della Regione è venuta a fare dei sopralluoghi, ed era piacevolmente colpita innanzitutto dal fatto che il nostro era un set molto armonico, dove si lavora tanto e con adrenalina ma senza tensioni e col sorriso. Questo è perchè io voglio che la mia femminilità sia usata nel senso buono, non è che come regista donna devo imitare il peggio degli uomini, per carattere mi piace portare armonia. Se il clima è sereno, in buona parte è merito del regista, poi c'è da dire che cerco di stare attenta a scegliermi capireparto sulla mia lunghezza d’onda, non isterici; non è necessaria l’isteria per creare, spesso è una forma mentis, uno stereotipo.

Hai parlato della femminilità, a questo proposito vorremmo chiederti se è stato difficile fare la regista donna, soprattutto quando eri più giovane e con meno esperienza, e che tipo di problemi hai avuto?
È stato sempre sempre abbastanza complicato in verità, anche perché io non vengo da una famiglia di cinema per cui ho avuto un percorso 'canonico'. Era molto difficile anche quando studiavo: ho vinto una borsa di studio in una scuola importante, era un’alternativa al centro sperimentale dove si veniva selezionati con la borsa di studio, eravamo in 25 per ogni specializzazione. Poi ho fatto l’aiuto regista e la segretaria di edizione, nessuno mi ha mai regalato nulla. Ho lavorato e collaborato con vari registi trai quali Giuseppe Bertolucci e Gianni Amelio, fino ad arrivare a fare le mie prime regie. Inizialmente mi ricordo mi dicevano: “ma come tu sei donna e vuoi lavorare sulla commedia!”, come se fosse una cosa molto stravagante. Poi credo che, nel tempo, a questa dimensione ci si è un po’ abituati. Alla domanda ‘quali sono stati i tuoi riferimenti di registe donne quando hai iniziato?´ non è facile rispondere! Quando ho cominciato le registe in Italia erano praticamente solo Cavani e Wertmüller, ma rispetto al mio cinema i riferimenti magari erano Jacques Tati o Truffaut. Adesso ci sono tante registe straordinarie, alcune fanno un cinema che mi è più vicino (Susanne Bier, Jane Campion) altre le sento più lontane ma ne apprezzo tantissimo lo stile.
Tra l'altro io non ero figlia di, mio papà era di una famiglia siciliana poverissima ed è diventato poi un magistrato (sogno di fare un lavoro su di lui perché è stato uno dei magistrati che tolse la censura a Salò di Pasolini, in sostanza è un pretesto per parlare della censura). Lui adorava il cinema e sicuramente mi ha trasmesso l´amore per il cinema. Inoltre vivevo a Milano, lontana dalla città per eccellenza del cinema, che è Roma. Sicuramente ho avuto tante difficoltà ma nello stesso tempo tanta tenacia ...



Sul set hai avuto problemi perché era una donna a ‘dirigere’?
Direi che questa cosa non la sento, non so se è perché mi è andata bene o perché mi sono scelta bene i collaboratori, secondo me le nuove generazioni questa cosa non ce l’hanno. Io però sono una che dà il copione anche agli elettricisti e quando vedi che chi sta lì a mettere la lampada ride e dice ´bella quella scena´ sono contenta....sarà la mia parte materna, però mi dà una grande soddisfazione. Ho avuto più problemi quando ero assistente alla regia, ma per fortuna mi sapevo difendere. Mi è sempre capitato di lavorare con persone con cui mi sono trovata bene e molto rispettose, secondo me c’è anche il fatto che quando ti sentono competente stanno un po’ più attenti. In generale però dipende dal carattere e da quanto si è collaborativi indipendentemente se uomo o donna. Non è detto che fare una troupe tutta di donne risolva la vita, anzi.

Il femminile nel film?
La protagonista è una donna, la tenutaria di questo luogo ed è interpretata da Eleonora Giovanardi: è lei che combatte perché si arrivi ad una conclusione armonica del problema, inizialmente c’è il rifiuto ma poi si trova una soluzione. Il femminile nel film c’è sotto varie sfaccettature: c’è il femminile di Violante, legato alla modernità assoluta che vorrebbe vivere in un mondo di plastica, c’è il femminile di Eleonora con le mucche, il verde, gli animali; c’è il femminile della maga Lucia Vasini e c’è il femminile di Claire Nebout, che è la pittrice francese che fa cose legate alla natura e che arriva lì per rilassarsi e non avere Internet: è la classica parigina che da cittadina sogna solo di rilassarsi e stare tra gli animali. Le quattro donne sono tutte diverse, ma sono quattro sfaccettature che raccontano le donne di oggi.

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