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Evelina Nazzari, e il “mestiere” dell’attrice

Evelina Nazzari, e il “mestiere” dell’attrice

Teatro - 'Evelina ha ereditato dal padre Amedeo una notevole dose di grinta e serietà professionale'

Colla Elisabetta Domenica, 19/12/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2010

Figlia d’arte, di un padre tanto amato dal pubblico italiano, Evelina Nazzari si è distinta ancora una volta come attrice di qualità, interpretando il ruolo della protagonista femminile (Lei) nel Gioco di Società, riduzione teatrale di un testo di Sciascia per la regia di Sandro Torella, insieme all’attore Giovambartolo Botta (Lui), messo in scena al Teatro Allo Scalo di San Lorenzo (Roma). Appare difficile immaginarla nella parte della cinica e perfida Lei, data la dolcezza dei suoi lineamenti e della sua voce, eppure Evelina ha ereditato dal padre Amedeo una notevole dose di grinta e serietà professionale.



Qual è il messaggio che Sciascia ci vuole dare attraverso il suo racconto Gioco di Società?

Si tratta di una critica al cinismo ed al consumismo, scritta negli anni Settanta ma rivolta agli anni Sessanta: l’autore non si fa molte illusioni sulla natura umana e sulla società: anche se i personaggi più negativi nascondono una profonda sofferenza, non resta molto spazio per la speranza.



Come senti di essere stata influenzata da tuo padre nel tuo modo di essere attrice?

Soprattutto nella serietà professionale, nel prendere il lavoro di attrice come un mestiere serio e faticoso, per il quale si deve studiare molto, anche se – come è accaduto a me – ci si trova dentro quasi per caso e ci piace.



Quali conquiste secondo te hanno raggiunto le donne e su cosa devono ancora lavorare?

Le donne hanno raggiunto molte mete, soprattutto negli anni Sessanta, anche se tutte le rivoluzioni sono sempre estreme ma ora stiamo perdendo tutto il terreno guadagnato, le conquiste fatte. La donna oggetto c’è sempre stata, quello che fa la differenza è la consapevolezza, il ribellarsi a un certo stato di cose, oggi sembra invece che tutto venga accettato senza reagire. Inoltre le donne andrebbero aiutate a conciliare vita e lavoro, anche esortando gli uomini a fare le stesse cose che facciamo noi, a condividerle: ad esempio chiedere le aspettative per paternità, i permessi per prendere i figli, ecc. Le donne sono affaticate dall’organizzazione che devono sempre avere su ogni situazione, soprattutto quelle familiari.



Quali sono i tuoi progetti futuri e cosa consigli alle giovani colleghe che vogliono intraprendere questo mestiere?

Il progetto più importante è quello dello spazio chiamato “Artificio”, un luogo che, con due compagni di viaggio, l’attrice Gaia Riposati ed il regista Fabrizio Bancale, abbiamo rilevato nel centro di Roma e da poco inaugurato, per far incontrare diverse forme d’arte, spaziando per non chiudersi in un unico settore (www.spazioartificio.info). Alle ragazze direi di studiare come si fa per imparare un mestiere, che da artigianato ogni tanto può diventare arte: per le donne è e sarà sempre tutto più duro perché bisogna combattere gli stereotipi.



(20 dicembre 2010)

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