EU su aborto e nozze gay / Risoluzione Panzeri: un passo avanti
Dopo la vittoria 'dimezzata' della mozione Tarabella (per il riconoscimento del diritto all'aborto) un passo avanti con l'approvazione della risoluzione Panzeri
Allorquando il 10 marzo scorso è stata votata dal Parlamento europeo la mozione Tarabella, agli entusiasmi iniziali relativi all’attribuzione della qualifica di diritto per la libertà riproduttiva, connessa specificamente alla facoltà di interrompere legalmente una gravidanza o di eseguire un aborto terapeutico, venne a sostituirsi in poco tempo un prorompente sconcerto per la riconferma di un diversificato regime normativo nei singoli Stati dell’Unione Europea. Non si sarebbe, però, immaginato che di lì a due giorni il disorientamento avrebbe lasciato il posto al compiacimento conseguente all’approvazione della risoluzione Panzeri, riguardante “Il Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo 2013 e la politica Ue in materia”. Al suo interno, difatti, è inserito il par.136, in cui si “deplora il fatto che i corpi delle donne e delle ragazze, in particolare riguardo alla loro salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti, rimangano a tutt’oggi un campo di battaglia ideologico e invita l’UE e i suoi Stati membri a riconoscere i diritti inalienabili delle donne e delle ragazze all’integrità fisica e all’autonomia decisionale per quanto concerne, tra l’altro, il diritto di accedere alla pianificazione familiare volontaria e all’aborto sicuro e legale, la libertà dalla violenza, compresa la mutilazione genitale femminile, i matrimoni infantili, precoci e forzati e lo stupro coniugale”.
Al di là del mancato riferimento al principio di sussidiarietà, in base al quale ogni normativa statale in tema di aborto e di educazione sessuale prevale sull’omologa comunitaria, così come riconfermato dalla risoluzione Tarabella, sorprende il voto favorevole sulla definizione di “diritto inalienabile” per definire la libertà di accedere alla pianificazione familiare e all’aborto sicuro e legale.
Configurare tale situazione giuridica soggettiva quale non cedibile ad altri rende tale diritto fondamentale, ossia non negoziabile e a garanzia di tutela primaria da parte dello Stato. Di certo il Rapporto annuale sulla politica comunitaria in tema di diritti umani per il 2013 non ha carattere legislativo, cioè vincolante, per gli Stati membri della U. E, ma va là che non possa considerarsi carta straccia. Qualsiasi norma di principio in esso contenuta dovrà conseguentemente sostanziarsi in garanzie più efficaci ed in controlli altrettanto efficienti al suo riguardo in ogni singola realtà nazionale. In Italia, ad esempio, il risultato di riconoscere in Europa quale inalienabile il diritto all’aborto sicuro e legale necessiterà di nuovi strumenti per la 194, una legge svuotata di tutele a causa dell’alto tasso di obiezione del personale sanitario e no, obiezione che in alcune realtà regionali raggiunge percentuali pari al 90%.
Mentre l’esito della rmozione Tarabella può qualificarsi come una 'vittoria dimezzata' perché veniva sì votato favorevolmente il diritto all’aborto, ma nel contempo esso non era riconosciuto in maniera eguale nelle specifiche realtà nazionali a causa della riaffermazione del principio di sussidiarietà, invece con la risoluzione Panzeri si centra in pieno l’obiettivo perché il Parlamento europeo ha scelto di valutare inalienabile quel diritto. Agli analisti politici si lascia il lavoro di comprendere come possano raccordarsi questi due atti della suddetta assemblea comunitaria e, soprattutto, cosa possa essere successo in soli due giorni per mutare la qualificazione giuridica del diritto correlato alla libertà riproduttiva delle donne europee. A quante di loro lo intendano esercitare, tutti gli Stati membri dell’Unione Europea potranno garantire le correlate prestazioni sanitarie, conseguentemente anche la Polonia, l’Irlanda Malta dove invece l’aborto terapeutico e l’interruzione volontaria di gravidanza è negata a prescindere dai limiti di legge valevoli per essa. Le istituzioni nazionali pubbliche preposte potranno conseguentemente garantire i trattamenti sanitari idonei alla salvaguardia di tale diritto, per evitare situazioni prive di tutela che possano pregiudicarne l’esercizio, quali ad esempio l’alta obiezione di coscienza in Italia.
Il futuro potestativo è d’obbligo su questo tema, perché un invito, una sollecitazione, da parte degli enti comunitari, così come è avvenuto ad esempio con le risoluzioni Tarabella (testo) e Panzeri, non prevede correlati atti a carattere vincolante, quali un regolamento o una direttiva dell’Unione Europea. Sta ora ai singoli Stati attrezzarsi di conseguenza, per dare sostanza al principio di diritto riconosciuto la scorsa settimana. Se ogni realtà nazionale si porrà nell’ottica di adottare specifiche misure a garanzia dell’esercizio del diritto all’aborto sicuro e legale, ben venga. Diversamente, ove di qui a qualche un anno si continuerà in alcuni specifici Stati a calpestare quello che è stato definito un diritto inalienabile, le istituzioni comunitarie si impegnino sin d’ora a monitorare la situazione relativa alle reali garanzie a salvaguardia di questo diritto fondamentale, per decidere di intervenire con precipui regolamenti che impongano ad ogni singolo Stato inadempiente come rispettare il diritto all’aborto sicuro e legale. Perdere di vista questo obiettivo, oppure delegare la decisione dei singoli casi di inadempienze nazionali alla Corte di Giustizia, sarà comunque una sconfitta. Per quell’Europa dei diritti, che sempre più perde di vista gli strumenti di protezione delle persone a vantaggio esclusivo dei suoi equilibri politici interni o di particolari vincoli economico-finanziari.
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