Sondaggio di gennaio - “diminuire l’ineguaglianza sociale”, “impedire l’accesso alla cosa pubblica di persone che hanno manifestato comportamenti non etici”...
Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009
Se analizziamo le definizioni del dizionario, possiamo rilevare come al termine “etica” corrispondano più definizioni. Le più diffuse la identificano in “una parte della filosofia che studia la condotta umana, i moventi che la determinano e le valutazioni morali”. Per estensione assume il significato di “complesso di norme di comportamento (non leggi) di una società, di un gruppo, ad esempio si parla di “l’etica vittoriana”, “etica professionale”, ecc. Spesso inoltre si parla di comportamento o atteggiamento “etico” in contrapposizione ad un atteggiamento “interessato”. Tale visione corrisponde al noto concetto kantiano di “imperativo categorico”. Cioè: se faccio qualcosa per ottenere un vantaggio il mio comportamento non è morale. Devo farlo perché corrisponde a un “valore” (ecco i “valori aziendali”). Altri filosofi hanno tuttavia un modo molto diverso di impostare il problema.
Il termine “valore” appartiene originariamente al linguaggio economico e, solo successivamente, è stato esteso al campo etico. Un tempo il linguaggio morale impiega i termini di “bene” e “male”, intendendo con il primo qualcosa di oggettivo e riconoscibile, non qualcosa di soggettivamente valutabile.
Con la modernità, è il soggetto che diventa titolare della libertà e del giudizio: “bene” e “male” derivano dalla sua valutazione, il “bene” diventa valore proprio perché valutabile.
Secondo alcuni filosofi, con la secolarizzazione della società e con il crollo delle ideologie, si dissolve definitivamente il riferimento alla universalità del valore e l’etica si ridefinisce nel rapporto con l’altro.
Forse è proprio partendo da questi assunti che il 41% delle scelte si attesta nell’individuare l’etica come “sinonimo di comportamento corretto”, pur correlando questa affermazione con frasi di approfondimento che attestano una pressoché totale assenza di etica e di valori nei comportamenti delle persone, sia nel comportamento individuale sia in quello istituzionale e politico.
Dove trovare e dove non trovare comportamenti etici? I primi ambiti si contrappongono ai secondi: nella semplicità, in parte del mondo intellettuale, tra la gente comune si identificano opportunità positive; nella politica, nelle istituzioni, nell’economia si rilevano maggiori difformità. Quello che appare comune alla quasi totalità delle risposte è che la linea del potere separa gli ambiti buoni da quelli cattivi.
Molto interessanti i suggerimenti emersi per promuovere l’etica nella vita sociale e politica: “migliore informazione, maggiore socialità, solidarietà sociale”, oppure “l’insegnamento nelle scuole e nelle aggregazioni sportive”, “aumentare la consapevolezza e la conoscenza delle persone”, “maggiore trasparenza ed informazione”. Ma anche “diminuire l’ineguaglianza sociale” o “impedire l’accesso alla cosa pubblica di persone che hanno manifestato comportamenti non etici”.
Ma l’etica non interessa solo i macroscenari, la vita quotidiana è nutrita dei grandi principi morali della giustizia e della imparzialità. La forza e l’autorità di questi ideali si misurano tanto nelle grandi quanto nelle piccole scelte. A partire da noi, sempre.
Come una lettrice ci ha suggerito, anche quando invitiamo ad un figlio diciamo “usa pure il mio telefonino di servizio per chiamare la pizzeria, così risparmi”!
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