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Esserci, per cambiare il mondo

Esserci, per cambiare il mondo

Partito democratico - Francesca Brezzi, Marina Sereni e Albertina Soliani – espressioni della cultura di sinistra, cattolica e della società civile – ragionano sul Partito Democratico e sul ruolo che le donne potrebbero avere nella costruzione di que

Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2007

Noidonne ha chiesto a tre esponenti della cultura democratica del nostro Paese di parlare della prospettiva del Partito Democratico e del ruolo che le donne potrebbero avere in questo nuovo soggetto. Ne è scaturita una discussione aperta in cui la Professoressa Francesca Brezzi (docente di Filosofia morale e Direttore del Dipartimento di Filosofia della Facoltà di Lettere dell'Università Roma Tre), l’Onorevole Marina Sereni (Ds, vicepresidente vicario del gruppo L'Ulivo alla Camera)) e la Senatrice Albertina Soliani (Margherita, componente del gruppo L'Ulivo al Senato), hanno dibattuto sulle scelte, le possibilità di partecipazione, le politiche di genere possibili nella costituenda formazione politica.

Francesca Brezzi. Per dare un primo impulso alla discussione vorrei portare la mia esperienza relativa ad un ciclo di lezioni che abbiamo tenuto all’Università su “Donne, Politica ed Istituzioni” , al quale abbiamo avuto una partecipazione straordinaria. Grazie all’impostazione che ha privilegiato strumenti di apprendimento come la partecipazione diretta e personale e cercando di soffermarci su aspetti concreti e reali, seppure meno noti della vita delle istituzioni, quelli che, una volta nel Palazzo, non sempre si ricordano, è nata una rete di donne. L’altra esperienza si riferisce all’appello, fatto prima delle precedenti elezioni, per chiedere ai vari partiti di comporre le liste elettorali in maniera paritaria; avevamo detto che avremmo sostenuto i partiti dell’Unione che avrebbero attuato una politica attiva anche per modificare la legge elettorale in questo senso. Nonostante le varie risposte ottenute, anche da Prodi, al nostro appello non c’è stato seguito. Questo ci ha deluso e sconcertato.
Partendo da questi fatti, che ho toccato con mano, mi preme interrogarvi su come la politica e i partiti vogliono rispondere a questo desiderio di partecipazione delle donne; la mia impressione è che non si risponda adeguatamente a questa passione. Riguardo alla costituzione del PD aggiungerei che mi sembra che sia completamente assente, non solo la voce delle donne, ma anche una generica attenzione alle politiche di genere. Vorrei riportare una frase di una delle nostre corsiste: “la politica può fare molto per le donne ma solo la politica delle donne può fare il resto. Partecipare alla vita politica più che un diritto è diventato un dovere; agire insieme è l’accezione politica più vicina alle donne”. Su questo vi chiedo un’opinione.

Marina Sereni. Una mia prima considerazione conferma l’impressione di Francesca: non si può dire che le donne apprezzino la politica e ancor di più direi che c’è un’evidente distanza tra i cittadini e i partiti. Sappiamo anche che a questa indifferenza delle donne per la politica istituzionale non corrisponde un’indifferenza verso l’impegno civile e questo ci dice che scelgono di agire e di farlo in un luogo più accogliente. Il PD sarebbe un’opportunità straordinaria perché potrebbe nascere, a differenza di quelli che abbiamo conosciuto e in cui abbiamo militato, con un pensiero fondativo di due generi anziché di uno. Non siamo certe che questo accadrà perché la partenza non è stata soddisfacente: penso al seminario di Orvieto, che doveva essere l’inizio di questo tragitto, con moltissimi uomini e pochissime donne; penso al comitato di saggi chiamato per la stesura del manifesto del PD in cui le donne sono un numero limitato: tre su quindici. E’ chiaro, quindi, che partiamo da una situazione che non ha assunto fino in fondo quest’opportunità. Sta a noi cercare di rovesciare la piramide. Un altro fattore di perplessità è la domanda sull’incontro tra culture diverse che la costituzione del PD presuppone, sull’idea diversa dell’impegno in politica a partire da un’appartenenza di tipo religioso e di fede che ci interroga sul principio della laicità e dei diritti. Credo molto nel progetto del PD ma è evidente che non porteremo in esso le donne se non saremo in grado di costruire un partito laico. E da questa sfida mi aspetto molto dalle donne perchè mi fido della loro capacità di mediazione alta, come è stato per il disegno di legge Bindi-Pollastrini sulle Unioni di fatto.

Albertina Soliani. L’idea del PD è, da dieci anni a questa parte, dalla nascita dell’Ulivo, l’idea più importante della politica italiana perché unisce culture politiche, esperienze, storie, sul tema dell’unità che è la parola chiave intorno alla quale si riconoscono milioni di italiani. Bisogna dire che la forza fondamentale dello schieramento di centrosinistra e la base fondamentale dell’azione di governo è proprio questo PD, non ancora definito, ma vivo nelle premesse e unica speranza vera per l’Italia. Tuttavia ci rendiamo conto che, rispetto alla dinamica democratica, di grande slancio, che dovrebbe rappresentare questa fase, siamo in una specie di frenata non rispetto ai tempi, ma rispetto ai modi. Perciò non dobbiamo perdere di vista due condizioni essenziali senza le quali un sogno come questo potrebbe anche morire o diventare sterile: la grande forza delle idee e dell’impulso che debbono animare anche i nostri congressi e la partecipazione, l’apertura. Malgrado questa straordinaria possibilità vedo che le donne non sono dentro la costruzione di questa proposta in maniera decisiva e questo è un allarme politico. La questione è di natura culturale ma anche di natura politica, nel senso che è una lotta per la conquista dello spazio per esserci. Ricordo un’espressione di Tina Anselmi nel momento in cui partecipava alla lotta di liberazione: “io compresi allora che per cambiare il mondo bisognava esserci”. Noi dovremmo avere, oggi, il senso del cambiamento del mondo e quindi imporci di trovare il modo di dedicare tempo ed energie alla politica e di farlo insieme. Come diceva Marina le donne hanno un’idea della vita, della società, dei problemi, del mondo intorno alla quale possono sperimentare direttamente quel metodo che è anche la sostanza della democrazia, il dialogo. Questo deve realizzarsi soprattutto dentro il PD laddove le donne possono dare un contributo straordinario sui grandi temi dei valori condivisi, della laicità, dei diritti e delle responsabilità. E’ molto significativo che una parte di questa sfida sia in mano alla Bindi e alla Pollastrini. Però è solo un piccolo segno. Si può e si deve fare di più.

Brezzi. Sono d’accordo su molte cose che avete detto e sono anche contenta di sentire questo entusiasmo; quello che temo è che tutto ciò rimanga una pura e semplice dichiarazione di intenti. Credo che sia necessaria un’azione capillare, di moltiplicazione dei luoghi di discussione e delle proposte. Poi queste proposte devono essere portate avanti dalle donne dei partiti, cosa che io non sempre vedo.

Soliani. Non direi che il quadro generale sia così disastroso; per esempio la nostra Capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro, è una donna autorevole e riceve attestati di stima da parte di tutti. E poi ci sono altri segnali incoraggianti come la proposta che è emersa nell’ultima riunione del Gruppo dell’Ulivo al Senato di inserire nel direttivo dell’Ulivo 50% tra uomini e donne.

Noidonne. I tatticismi sono necessari, ma sono interni e non hanno l'impatto forte che sarebbe necessario a conquistare l'opinione pubblica. La politica si rende conto che il Paese non ha il tempo di aspettare e apprezzare passaggi così lenti e così interni? Il Paese è bloccato e sembra che nulla possa cambiare le cose: in questo modo il divario non può che aumentare. Quella del PD sembra l'ultima occasione.

Sereni. Penso che questo sia il cuore di un passaggio, anche culturale, che dobbiamo fare fra le donne prima di tutto. Siamo in bilico tra una rivendicazione per noi stesse e la consapevolezza della necessità di modernizzare il Paese. O si riesce a fare leva sulle risorse femminili o si ferma tutto il Paese. Questo salto non possiamo più farlo con il solo linguaggio delle donne della mia generazione e delle precedenti perché ci sono molte ragazze che non ci capiscono e in qualche caso pensano che stiamo ponendo un falso problema. Dobbiamo allora porci anche il tema di come costruire spazi di discussione e badare non solo alla qualità ma anche alla quantità; se siamo in tante possiamo contare, se siamo in poche non ce la facciamo. Questo si fa con le regole. Penso che le donne dei DS e della Margherita, in questa fase che porta alla costituzione del PD, possono fare due cose: una grande campagna nel Paese confrontandosi sui contenuti e una elaborazione di regole chiare da inserire nello Statuto del PD che permettano di accedere a degli spazi che altrimenti si chiuderebbero. Io non penso che noi siamo deboli in questo momento, anzi, penso che abbiamo una forza che ci viene dall’essere in una fase costituente. Però dobbiamo farlo insieme, non è pensabile farlo prima nei propri partiti e poi in quello nuovo perché il risultato non sarebbe lo stesso.

Soliani. A questo punto dobbiamo dire chiaramente a noi stesse e al Paese che bisogna cambiare l’Italia e senza le donne non si può fare. Questa è l’occasione. Pur non avendo una visione pessimistica sull’operato della politica penso sia giunto il momento di dire alle donne “Ora si può cambiare l’Italia” e, a partire da questa affermazione, cominciare a declinare le cose. Da qui si può iniziare a lavorare con i gruppi e le associazioni a patto che le donne che stanno nelle istituzioni dedichino una parte della loro giornata all’esterno, altrimenti rischiamo di rimanere chiuse in una gabbia.
(29 marzo 2007)

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