“Esili come brezza nei venti di guerra” è il sottotitolo cheAntonella Fornari, biologa, scrittrice, e come ci racconta grande amante delle montagne e alpinista ha voluto dare al suo libro dal titolo “Le donne e la Prima Guerra Mondiale” Edizioni DBS.
Una ricerca interessante, che ci vuole raccontare cosa significò la Grande Guerra per le donne che vivevano nelle zone montane del nord Italia. All’inizio del conflitto erano donne, quasi immobili in una condizione antica fatta di sottomissione, di matrimoni quasi sempre senza amore, “quasi sempre senza tenerezza”, senza feste, ci sposava la mattina ed il pomeriggio si lavorava. Luoghi, dove “appena una bimba apriva gli occhi diventava un debito, un debito che ricadeva su lei stessa e che lei stessa avrebbe pagato, saldato con il tempo, con la vita, con il lavoro”. E, quelle nate alla fine dell’800 avrebbero pagato più duramente, con la vita, molto spesso, con una inedita e peggiore povertà, perché arrivò la guerra.
Ed allora quelle donne, “con i loro vestiti austeri e i capelli nascosti dai fazzolettoni annodati” capirono che le loro sofferenze passate non sarebbero state sufficienti, perché significava veder partire per il fronte padri mariti e figli e perché, per loro che rimanevano, significava affrontare una nuova vita in una comunità, ma sole, spesso in balia di avvenimenti che spostando più volte la linea del fronte le avrebbero costrette anche loro come i soldati ad un esodo forzato.
E Fornari ci racconta, con passione e fantasia, la storia di alcune di loro in bilico tra una patria nativa, l’Austria, e quella che doveva venire di lì a poco: l’Italia. E, naturalmente, questo conflitto ideale segnò, non poco, la vita e le scelte di molte di loro. Dalla soldata Viktoria Savs, eroina delle Tre Cime di Lavaredo che ottenne nel 1915 a soli 16 anni di seguire il padre arruolandosi nella brigata Innsbruk del Landsturm, dove il padre era caporale, che alla fine del conflitto trovò insostenibile divenire cittadina italiana trasferendosi in Austria. Alla cadorina Lina Toffoli che, austriaca di nascita, si innamora e sposerà un fante italiano di Potenza Picena.
Tra le testimonianze di Fornari spiccano per la particolarità del loro ruolo negli anni di guerra le “Portatrici Carniche” che instancabili facevano la spola tra i soldati nelle trincee ed i paesi, portando nelle loro “Gerle” munizioni, vestiti di ricambio, cibo, medicinali, affrontando salite impervie in ogni stagione con dislivelli anche di 1200 metri.
Ad una di loro, Maria Plozner Mentil, madre di quattro figli, morta per mano di un cecchino durante una delle salite alle trincee è stata intitolata l’unica caserma intitolata ad una donna nel suo paese natale Paluzza (Ud).
Nel libro si racconta di altre: dalle diariste, alle mamme, mescolando i racconti delle loro vite con il racconto delle montagne dei luoghi, una narrazione che spesso va oltre gli anni della Guerra, che ci raccontano anche il ritorno ad una “normalità” che non poteva essere più la stessa.
Accompagnano il libro, anzi lo attraversano, una grande quantità di fotografie, di donne di uomini, ma soprattutto delle montagne ed i paesi che furono lo sfondo della guerra e della vita di quegli anni.
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