Martedi, 19/11/2019 - L’ultimo atto della politica autoritaria del Governo turco ha avuto per obiettivo le donne. Ancora una volta. Non sono bastati gli orrori del conflitto in Siria. Né gli stupri contro le kurde ezide in Iraq. A contribuire al massacro del popolo kurdo - che attraverso le politiche di uguaglianza di genere è diventato avanguardia per l’emancipazione femminile in Medio Oriente - ci si è messo pure il Rais di Istanbul, in crisi di consenso interno e in difficoltà sulla scena internazionale. Sono state quattro le sindache silurate dal Presidente della Repubblica turca nel sud est anatolico. Quattro sindache sostituite d’imperio con Governatori nominati dall’alto. Uomini fedeli al partito di Recep Tayyp Erdogan. È successo il 14 novembre. Le sindache erano state elette a grandissima maggioranza nelle province turche di Diyarbakir e Dersim. Erano tutte appartenenti all’HDP (Partito Democratico dei Popoli) il partito di sinistra filo kurdo che ha vinto le elezioni amministrative del 13 marzo scorso. Ancora una volta l’accusa è stata di terrorismo. Verdetto utilizzato ad arte come grimaldello contro ogni forma di dissenso o critica al Governo. Come dimostrano le purghe di intellettuali e professori universitari, personale amministrativo, politici, parlamentari, studenti e giornalisti che dal fallito golpe del 2016 hanno ingrossato a dismisura la popolazione carceraria, i più fortunati hanno perso il lavoro, gli altri sono diventati profughi in patria o sono espatriati. Da agosto le epurazioni delle amministrazioni rette da sindaci e sindache dell’opposizione al partito nazionalista (AKP) di Erdogan sono diventate la norma. Tutti i sindaci delle principali città del Kurdistan turco sono stati rimossi: da Van a Diyarbakir. Questa ennesima manovra liberticida è parte di un piano che cerca di annientare con ogni mezzo l’opposizione. E intanto in Siria mentre il fattore etnico continua a pesare contro la popolazione kurda l’esercito turco, con i sui alleati jihadisti, ha ingaggiato una vera e propria pulizia etnica. Con l’obiettivo di eliminare il sistema di autogoverno e pacifica convivenza tra popoli di diverse etnie messo in piedi nel Rojava (Siria nord orientale). Nel mirino le donne combattenti per l’autodifesa del popolo e le civili disarmate. A dare man forte all’esercito turco mercenari di varie fazioni e provenienza, assoldati da Erdogan per combattere sia contro il Governo siriano di Al-Asad che contro i kurdi del Rojava.
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