Visti da vicino - La strage di Erba sollecita alcune riflessioni su una 'normalità' malata e inesistente
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2007
Il teatro della mattanza è luogo denso di simboli e anche di messaggi. Un luogo dove gli opposti non hanno retto al confronto e la rotta di collisione è stata tremenda, bestiale. La famiglia 'giusta', quella che risponde agli schemi definiti che qualcuno vorrebbe fossero anche gli unici possibili, ha massacrato tre adulti e un bambino. Gli altri, quelli fuori dalle regole, quelli che vivevano il loro tempo e che facevano rumore, quelli che con un gesto umano sono accorsi per aiutare, sono stati soppressi. La società dell'odio e dell'egoismo era infastidita dall'altra società - plurima, generosa, aperta – e ha semplicemente voluto negarle di esistere. L'ordine e la pulizia maniacale in cui vivevano i coniugi Romano si mantiene solo se non si permette a niente e a nessuno di interferire. Quell'ordine era anche e soprattutto mentale e simbolico. Inimmaginabile aprire la propria casa ad altro/altri: le contaminazioni sarebbero state insostenibili. Questo equilibrio, tanto perfetto quanto malato e fragile, si è scontrato con il disordine di cui i giovani Azouz e Raffaella erano rappresentanti. Una dimensione plurima, un misto di culture, colori, sapori, religioni. Un insieme completamente fuori da quegli schemi rigidi in cui si dipanava la vita dei due assassini. Un bambino che gioca in cortile non può mai diventare pretesto per uccidere. Ma se il cigolio di quel triciclo è vissuto come il rumore di futuro minaccioso, destabilizzante perchè diverso da quel modello unico in cui si vuole vivere, allora quel bambino in movimento diventa il simbolo del mondo 'altro' che non è compatibile con i centrini lindi e i soprammobili allineati. Un futuro da negare e, quindi, da sopprimere. La piccola, sanguinosa, guerra di Erba si è consumata tra un ordine sociale che impone e persegue un unico modo di essere e le dimensioni plurime che sono già il nostro presente, modalità di vivere vite e di scegliersi come famiglia che ciascuno decide per sé al di fuori di regole impossibili da imporre. Sono i simboli di questo mondo spaccato in due con una minoranza rinsecchita nel suo conservatorismo e di una moltitudine straripante di nuove umanità, culture e pensieri, cittadina del mondo e affatto impaurita, capace di affrontare viaggi e ansiosa di novità. Quanto pensano ancora di dire e cosa pensano inutilmente di fare i teocon per fermare questa onda, che anomala non è?
(27 febbraio 2007)
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