Domenica, 04/04/2010 - Davvero la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista non sono caduti ad opera di "Mani pulite", ma perché erano vecchi: la sinistra ha "tenuto" dopo l'Ottantanove, ma sta scivolando al rallentatore verso la stessa dissoluzione. Per la stessa ragione.
A 150 anni dall'Unità gli italiani non hanno imparato il senso dello stato. D'altra parte, poche decine di anni fa usavamo il passaporto per andare da Bologna - dove governava il Legato pontificio - a Modena - dove comandava un Duca. Per questo furono "giuste" le deprecabili ideologie, la cui perpetuazione è chiaramente impensabile. Per questo oggi, dopo quasi vent'anni di TV berlusconiana, siamo dentro suggestioni populiste come gli argentini ai tempi di Peròn o i nonni a quelli del "duce".
Tuttavia non possiamo più cantare vittoria quando si è sconfitti, perché l'elettore, pur sprovveduto, non è deficiente.
Da un pezzo leggiamo segnali di crisi della democrazia che avrebbero dovuto imporci di studiare vie di innovazione. Il voto è diventato un optional non solo da noi: anche altrove in Europa ci si contenta delle percentuali. Il voto negato per protesta significa che i cittadini pensano di non contare più. Dire "mi piace" o "non mi piace" rappresentano, nelle conseguenze, giudizi da sudditi che accettano Grillo o Berlusconi per l'immagine che danno di sé. Siamo gente che, anche nel migliore dei casi, da vent'anni subisce l'effetto Maria de Filippi o Bruno Vespa. Con la mancata - anche questa una sconfitta - riforma della televisione pubblica è già molto se molti voti si sono spostati sulla Lega (e Dio perdoni quelli che hanno votato perfino Bossi junior, "la trota" pluribocciata). Dopo queste regionali è urgente trarre le conseguenze di un'astensione che ha colpito soprattutto le regioni di centro-sinistra.
Le responsabilità vanno ricondotte in alto: non si può fare la guerra a Vendola o subire le grida del Vaticano contro la propria candidata o stare anni a sentire le cose giuste gridate demagogicamente da Grillo o Di Pietro o dal "popolo viola" (come già dai vecchi "girotondi") senza farle proprie marcando le differenze di contenuti e anche di stile. Tra l'altro il Beppe populista usa Internet da Dio, mentre il PD, tranne pochi casi (ma i blog chi li vede?) nei siti sproloquia senza mai usare neppure immagini e colori.
Sono terrorizzata dall'idea che si facciano riforme istituzionali "condivise" con questi vincitori, come suggerisce giustamente - per la carica che riveste - Napolitano, se si dovesse partire dalla bozza Violante (di cui nessuno ricorda il contenuto). Di fatto sappiamo il rifiuto del presidenzialismo, senza conoscere nessuna delle scelte che perfino D'Alema perfidamente suggerisce al segretario di definire al più presto nei diversi settori. Altre riforme sono alla porta: le nostre proposte per le intercettazioni e la libertà di stampa e di pensiero da esporre in Parlamento (e nei circoli e tra i gruppi simpatizzanti, "viola" e "grillini" compresi)? Economia, fisco, sanità le lasciamo alle Regioni (che hanno già i conti in rosso)? e per la scuola ci fermiamo alla condanna della Gelmini o abbiamo proposte innovative da presentare in Parlamento, per diffonderne la conoscenza tra la gente ormai ridotta a pagare la carta igienica alle scuole dei figli?
E' urgente domandarsi perché si sia perduto in una tornata amministrativa che di norma favorisce le "buone amministrazioni" finora prerogativa dei riformisti di sinistra. Ma, anche tenendo conto del valore politico assunto in questa tornata, non si può non rendersi conto che i socialisti francesi avevano rovesciato analoghe condizioni sfavorevoli e, in particolare, che Berlusconi era screditato e, quindi, non inattaccabile. Il PD deve dunque tornare a pensare e studiare: fare innovazione costa e gli anni che stiamo perdendo pesano. Anche chi fa della politica una professione sappia che potrà mantenersi se apre le porte alla concorrenza e non si limita a clonare i sopravissuti. Sarà più difficile di ieri, ma la sola cosa da fare è provvedere al futuro lasciando morire ciò che, ideologicamente e organizzativamente, è morto. E' troppo che non ci ricordiamo che, per essere riformatori, abbiamo bisogno dei valori da trasmettere coraggiosamente a sostegno di ogni nostra riforma: libertà, giustizia, democrazia. Ma anche onestà.
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