Egitto. Una casa può cambiare la vita: il progetto “Belonging to Egypt”
Con l’iniziativa si vuole cambiare le sorti di molte persone costrette a vivere negli slums egiziani con l’obiettivo di cambiare un destino forse segnato.
Il Cairo. Secondo le ultime stime sono circa quaranta milioni gli egiziani e le egiziane che vivono nelle baraccopoli nate ai confini delle grandi città del Paese.
Per far fronte a questo problema qualche mese fa è stato lanciato “Belonging to Egypt” il progetto che ha lo scopo di creare condizioni di vita migliori nelle zone più povere del Paese.
Per Nadia Zachary, membro del Consiglio nazionale per le donne egiziane ed ex ministro del dicastero per la ricerca scientifica si tratta di un’opportunità da non perdere.
Attraverso la realizzazione di case popolari all’interno di nuovi quartieri creati ad hoc, si vuole migliorare la vita di quanti sono costretti a vivere in condizioni di estrema povertà.
Tra le prime zone verrà coinvolta quella di Al Doweiqa, posizionata ad ovest della capitale, dove verrà realizzata una nuova zona residenziale popolare con il nome di Al Asmarat.
Qui, nei prossimi mesi, saranno costruite undici mila unità abitative sotto la diretta supervisione del Ministero per l’Infrastruttura in collaborazione con la fondazione Misr Tahaya per un investimento che si aggirerà intorno ai 300 milioni di dollari.
In realtà alla base del progetto c’è anche l’idea di migliorare gli stili di vita di quanti vivono nella povertà, partendo prima di tutto dalle donne, le prime vittime dell’indigenza.
“Non dimentichiamo che molte delle egiziane che vivono nelle baraccopoli assumono il ruolo di capofamiglia. Su di loro c’è la responsabilità fisica ed economica di mantenere le proprie famiglie. E sono proprio loro ad essere a rischio di violenza a causa delle condizioni economiche pessime in cui si trovano e della mancanza di istruzione” ricorda Intisar Al Saed, direttrice del Cairo Center for Development e sostenitrice del progetto.
Affrontando tematiche relative al diritto alla salute ed al lavoro, si vuole diffondere anche la consapevolezza sociale dei diritti di chi si sente escluso dal tessuto di relazioni politiche ed economiche statali, accusato più volte di essere latitante.
"Lo Stato deve approvare un finanziamento sufficiente a fornire l'assicurazione sanitaria e una corretta educazione alle famiglie che vivono nelle baraccopoli, oltre a garantire un ambiente pulito e sicuro” continua Al Saed.
Per questo “Belonging to Egypt” non è considerato soltanto un progetto volto allo sviluppo territoriale. Rappresenta qualcosa di più perché si vogliono raggiungere obiettivi molto grandi.
Da una parte si mira alla riqualificazione del territorio che aiuta a cambiare la percezione di dove si vive. Dall’ altra parte, e forse anche quella più importante, si vuole aiutare quegli egiziani e quelle egiziane a sentirsi parte della società, sentendosi coinvolte e riconosciute nel contesto sociale egiziano.
Per fare questo verranno realizzati luoghi d’incontro e di confronto nelle nuove aree popolari nelle quali promuovere soprattutto il concetto di cittadinanza e di appartenenza.
Sono previste la realizzazione di biblioteche, ma anche l’organizzazione di seminari che affronteranno i temi più variegati, dalla salute all’educazione, dal lavoro ai diritti oltre che la proiezioni di film e documentari con lo scopo di includere e non escludere questi egiziani ed egiziane, anche loro cittadini e cittadine di un Paese che troppe non si è dimenticato di loro.
Nella foto Intisar Al Saed, foto di Women on the frontline
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