Egitto. Dopo Turchia e Stati Uniti il "taxi rosa" arriva anche nella Capitale egiziana. Reem Fawzy a capo dell'iniziativa si dice entusiasta del sogno che nel giro di pochi anni è diventato realtà "dopo mesi di attesa, siamo riuscite a partire alla grande. Il servizio è rivolto a tutte le donne che vogliono sentirsi al sicuro quando girano da sole ed evitare di essere molestate. Sicurezza ed affidabilità contraddistinguono le nostre autiste che hanno seguito corsi di guida sicura e di difesa. Speriamo che nel futuro l'iniziativa si estenda anche in altre parti del Paese".
Alla base del taxi rosa c'è la volontà "di garantire quel senso di protezione troppe volte messo in discussione per le strade de Il Cairo. Le nostre auto sono dotate di un codice identificativo e di un GPS per essere facilmente identificate" dice Fawzy.
Con quasi sedicimila sostenitrici e sostenitori del profilo Facebookl'idea di un servizio di trasporto fatto e riservato a sole donne ha però incontrato molte critiche. Per Nihad Abul Komsan, avvocata e direttrice del Centro egiziano per i diritti delle donne (ECWR) "l'idea di un taxi rivolto solo alle donne può aiutarle a sentirsi più sicure, ma se guardiamo un pochino oltre, si continua in realtà a promuovere quella segregazione di genere che noi tutte stiamo cercando di cancellare- e continua- i taxi rosa non combattono, ma fortificano l'isolamento della donna egiziana che da molto tempo vive in spazi solo a lei riservati nei luoghi comunemente pubblici come le piscine o le spiagge".
Dello stesso parere è anche Azza Kamel, attivista per i diritti femminili e responsabile del Centro di tecniche appropriate di comunicazione de Il Cairo (ACT) secondo la quale "il taxi rosa incoraggia la divisione tra i sessi nella società. Le donne hanno il diritto di sentirsi al sicuro mentre gli uomini sono in giro. Si tratta di una società fatta di uomini e donne e devono coesistere in modo sicuro".
Tra le critiche avanzate c'è anche l'idea che il taxi rosa può essere ad uso e consumo solo delle donne che appartengono alle classi più agiate, allargando di fatto il divario economico tra la popolazione dal momento che l'iniziativa ignora tutte le ragazze e le signore che ogni giorno prendono la metro o i pullman pubblici e non possono permettersi un mezzo di trasporto privato. Tuttavia le associazioni femminili e le attiviste egiziane sono concordi sul fatto che un'iniziativa del genere non può essere efficace se la legge che già c'è non viene applicata in ogni singolo caso di violenza. In Egitto la legge contro le molestie verbali e fisiche è stata promulgata nel giugno 2014 e prevede una pena detentiva che va dai sei mesi ai sei anni di carcere ed il pagamento di una multa che va dalle 5 mila fino alle 50 mila lire egiziane. Secondo il report delle Nazioni Unite del 2013 oltre il 90% delle donne egiziane tra i 10 e i 35 anni d'età ha subito una molestia fisica o verbale dall'inizio della Rivoluzione del 2011. Sempre nel 2014 la ricerca della Fondazione Reuters "Women rights in the Arab contries" definisce l'Egitto il peggior Paese tra i ventidue Stati della Lega Araba dove essere donna a causa dell'endemico problema delle molestie sessuali e dell'alto tasso di mutilazioni genitali.
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