Il Cairo. Un’indagine della polizia sotto copertura portata avanti per alcuni mesi ha rivelato una realtà ancora sconcertante nel cuore della capitale. Nelle via in cui si snoda il famoso mercato del Venerdì nel quartiere di Sayeda Aicha, esiste un negozio nel quale al costo di quasi 6 euro le bambine possono essere sottoposte alla pratica dell’escissione delle parti intime, tra cui il clitoride. L’indagine, portata avanti dopo il servizio di uno dei giornalisti del quotidiano El Youm Sabae, è stata diffusa dai media nazionali egiziani solo pochi giorni fa, accendendo ancora una volta i riflettori su un problema tutt’altro che sradicato in Egitto.
Il video mostra chiaramente cinque ragazze, di età compresa tra gli 8 ed i 12 anni, che sono lì con i loro parenti fuori un negozio, in attesa del loro turno. In fila attendono di entrare i padri, le madri, e le bambine del tutto ignare di quello che subiranno. C’è poi lo zio di una delle ragazze che parla con il mizayen, colui che eseguirà la circoncisione che prontamente risponde che tutto il lavoro viene fatto in maniera veloce, utilizzando anestetici locali, forbici e lame in modo da permettere alla piccola vittima di poter giocare il giorno dopo.
La notizia ha immediatamente portato le Ong femminili in prima linea per combattere le mutilazioni genitali a chiedere un’azione forte e punitiva contro chiunque continui a sottoporre le proprie figlie a questa pratica. Anche Al Azhar, la massima istituzione dell’Islam sunnita, ha ribadito in un comunicato stampa che la pratica delle mutilazioni genitali femminili non ha nulla a che vedere con la religione, ma è il risultato del retaggio di credenze ignoranti che pensano che la procedura sia un rituale da osservare.
A confermare l’alto tasso delle donne che hanno subito un’escissione è stata la recente indagine governativa “Egypt Demographic and Health Survey (EDHS)” diffusa a maggio scorso, secondo cui il 92% delle donne di età compresa tra i 15 ei 49 anni spostate hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale femminile, ed il dato sale al 95% nelle zone rurali del Paese nel 2014. La ricerca ha poi riscontrato che siano proprio le donne della famiglia, circa il 50%, a sostenere questa pratica, credendo che l’escissione sia in accordo con gli insegnamenti religiosi, mentre solo il 30% chiede che venga proibita.
Dati allarmanti solo se si pensa che nel 2008 le mutilazioni sono state di fatto vietato per legge. Lo stabilisce l’art. 242 del Codice Penale egiziano che prevede una pena detentiva fino a due di carcere e il pagamento di una multa fino a 5000 lire egiziane. E che ha portato al primo caso di condanna nel gennaio del 2014, quando Raslan Fadlum, medico precedentemente assolto, è stato accusato di aver ucciso la tredicenne Sohair al-Bataa dopo averla sottoposta ad un intervento di mutilazione genitale femminile.
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