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Effetto tagli

Effetto tagli

Emilia Romagna - Continua l’analisi dell’impatto della manovra finanziaria sui servizi e sulla qualità della vita

Marco Monari Lunedi, 24/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011

Continua l’analisi dell’impatto della manovra finanziaria sui servizi e sulla qualità della vita dei cittadini in Emilia Romagna: i tagli pari a 740 milioni di euro nel biennio 2011-2012, le misure di contrasto del governo regionale e l’informazione



di Marco Monari*



In che modo la Regione Emilia-Romagna potrà mantenere alto l’elevato standard dei servizi per i propri cittadini nel 2011, sino a che punto potrà continuare ad essere al fianco di famiglie, imprese, lavoratori, a fronte di una manovra Tremonti fatta di tagli in ogni settore?

La domanda non è pleonastica se è vero che, dalla scorsa estate, tutte le Regioni italiane sono impegnate in un tavolo di confronto molto duro col Governo Berlusconi. Un esecutivo che penalizza gli enti locali, aggravando ancor di più gli effetti della crisi globale, di cui il centrodestra ha prima detto che “non esisteva”, poi sostenuto che si trattava di una “questione psicologica”, infine annunciato gioiosamente che era “alle spalle”.

Il Gruppo PD in Regione Emilia-Romagna, il partito, i suoi dirigenti in tutte le province, non hanno taciuto. Attraverso la campagna denominata “Nuovi strumenti di governo”, nelle feste, tramite il “Porta per porta” ha voluto far sapere agli emiliano-romagnoli come stavano le cose sin dal mese di luglio, data in cui si sono cominciati a conoscere i numeri della manovra Tremonti. Essa prevedeva in prima istanza tagli per l’Emilia-Romagna pari a 740 milioni di euro nel biennio 2011-2012. In particolare: 150 milioni di euro ai servizi ferroviari, 140 milioni di incentivi alle imprese, 120 milioni alla viabilità, 100 milioni al welfare, 90 milioni alla casa, 60 milioni all’agricoltura, 50 milioni all’ambiente, 30 milioni alla salute, senza contare i tagli del fondo per l’affitto e del fondo per la non autosufficienza. Un Governo federalista a parole ma che con la Manovra 2010 taglia solo l’1,2%, alle spese dello Stato, mentre i trasferimenti alle Regioni vengono decurtati del 13,7%.

Il Presidente della Regione e della Conferenza delle Regioni Vasco Errani si è molto battuto in questi mesi affinché i numeri cambiassero. Nel frattempo, auspicando risposte serie, positive e soprattutto definitive dall’esecutivo nazionale, il bilancio di previsione del 2011 prova a mitigare gli impatti di quanto è stato deciso a Roma.

La Regione ha deciso di confermare la scelta di non introdurre ticket e di non incrementare il prelievo fiscale, in linea con le priorità previste sia nel Patto per la qualità dello sviluppo, sia nel Patto contro la crisi, avviato nel 2009 con una dotazione di 520 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali in deroga (rinnovato nel 2010). La Giunta si è impegnata nella trattativa per il rinnovo, nel prossimo biennio, di un accordo con lo Stato per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali. Le nostre imprese e i lavoratori, checché ne dica il centrodestra, la crisi l’hanno conosciuta e continuano drammaticamente ad affrontarla ogni giorno: non voltarsi dall’altra parte fingendo che il problema non esista è un obbligo, per una classe dirigente che voglia dirsi davvero tale.

Come giustamente ha sottolineato la vicepresidente Simonetta Saliera, l’Emilia-Romagna "ha operato per il contenimento e la razionalizzazione della spesa in tutti i settori dell'apparato amministrativo”, riducendo anche le spese relative alle società partecipate ed agli enti e alle aziende regionali. Sobrietà, risparmio e ottimizzazione delle risorse sono la strada maestra, ma anche la tutela della nostra comunità, mettendo al centro le persone, contrastando l’isolamento morale e materiale.

Il cardine del bilancio 2011 è il sostegno al welfare: sul fronte della tutela delle famiglie, degli anziani, per gli interventi a tutela degli adolescenti, dei giovani e per prevenire rischi di abbandono o maltrattamento la Regione prevede di ovviare ai minori trasferimenti statali investendo proprie risorse, in misura significativa.

Un discorso analogo riguarda settori non meno importanti: dal trasporto pubblico all’agricoltura, dalla riqualificazione urbanistica all’ambiente. E ancora il diritto allo studio, l'accesso al sapere, l'istruzione, la cultura, le borse di studio, il lavoro e la formazione.

Lo sforzo operato dall’Emilia-Romagna per non abbassare la qualità dei servizi e per intervenire laddove ce n’è più bisogno è stato e continuerà essere massimo. Il nostro auspicio, come esponenti del PD ma soprattutto come cittadini di questa regione è quello di non essere lasciati soli nell’affrontare la più difficile congiuntura economica dal dopoguerra ad oggi.

 

*Presidente Gruppo PD Regione Emilia-Romagna



27 GENNAIO, LA “MEMORIA” DELLE DONNE



Consideratelo un post-it, un appunto per non dimenticare.

Il 27 gennaio 2011 compie 11 anni il "Giorno della Memoria". Lo ha istituito una legge dello Stato per ricordare la data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945) e tutti i “Giusti” che si opposero, pur in schieramenti diversi, al folle progetto di genocidio della Shoah, non esitando a salvare altre vite e a proteggere i perseguitati. L'ideologia nazista sosteneva la necessità di eliminare tutti gli Ebrei, senza differenza di età o di genere. Le SS tedesche, insieme alle autorità di polizia, si occuparono di mettere in pratica la cosiddetta Soluzione Finale. Durante le deportazioni, le donne incinte e le madri di bambini piccoli venivano generalmente catalogate come "inabili al lavoro" e venivano perciò trasferite nei campi di sterminio, dove i selezionatori le inserivano nei gruppi destinati subito alle camere a gas. I medici nazisti spesso usavano donne ebree e Rom per esperimenti sulla sterilizzazione e per altre pratiche disumane di ricerca. Sia nei campi che nei ghetti, le donne erano le più vulnerabili, soggette a pestaggi e a stupri. Le donne ebree in gravidanza cercavano di nascondere il loro stato per non essere costrette ad abortire. Le più “fortunate”, incarcerate nei campi di concentramento, crearono gruppi di mutua assistenza che permettevano loro di sopravvivere grazie allo scambio di informazioni, di cibo e di vestiario.

Milioni di donne furono perseguitate e uccise durante l’Olocausto. Molte, appartenenti ai movimenti giovanili socialisti, comunisti e sionisti, ebbero un ruolo importante in numerose operazioni della Resistenza. Molte grandi donne “qualunque” erano corrieri che portavano informazioni nei ghetti, o attive nelle operazioni che vennero organizzate in tutta l’Europa occupata per mettere in salvo gli Ebrei. Perché simili tragedie non si ripetano, la Memoria deve conservare vive anche le loro storie, il contributo che diedero alla Liberazione dal nazifascismo in Europa e nel nostro Paese.



Le consigliere

Palma Costi, Paola Marani, Daniela Montani, Roberta Mori, Rita Moriconi, Anna Pariani





(REDAZIONALI)

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