Emilia Romagna - - 740 milioni nei prossimi due anni alla Regione; le proposte del PD su scuola e welfare
Lunedi, 08/11/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2010
Le scelte finanziarie del governo si traducono in tagli drastici ai servizi su tutto il territorio nazionale. Solo in Emilia-Romagna parliamo di minori trasferimenti per 740 milioni nei prossimi due anni alla Regione, complessivamente 1 miliardo tra Regione ed Enti locali, che comporta l’accentramento a Roma di 200 euro procapite di tasse per gli emiliano romagnoli. In questo numero di Noi Donne l’analisi e le proposte alternative del Partito Democratico su due temi vitali: la Scuola e il Welfare.
LA SCUOLA E I DIRITTI DA RISTABILIRE
di Anna Pariani
Vice capogruppo PD Regione Emilia-Romagna
Lo stato di salute della scuola rappresenta il benessere - o malessere - di un’intera società. Arrivati al secondo anno del “Piano Gelmini” appare evidente la scelta del governo nazionale di colpire la scuola pubblica, di impoverirla e relegarla ad un ruolo secondario, sottraendoci consapevolmente il diritto universale all’istruzione, inducendo chi può a rivolgersi al privato e chi non può ad avere servizi di serie B. Ma che Paese è quello che non investe nelle giovani e future generazioni? E che, in un periodo di crisi economica, non garantisce alle famiglie l’accesso egualitario ai servizi per l’infanzia? È un Paese iniquo e fermo, che non si dà prospettive di ripresa.
La cosiddetta riforma della scuola si è fino ad ora tradotta in tagli. Tagli al personale, all’offerta formativa e alla dotazione delle scuole. Nel concreto, per la prima volta in Emilia-Romagna i bambini in età da tre a sei anni, che in molti Comuni qui usufruiscono dell'asilo nido garantito, non hanno dallo Stato la scuola materna: oltre 500 solo in provincia di Bologna, migliaia in tutta la regione. Anche mettendo in moto le risorse delle scuole paritarie accreditate non risolviamo il problema, perché i tagli ai trasferimenti statali hanno raggiunto l’intero sistema.
Ancora. Se in tutto il Paese mancano all’appello circa 24mila insegnanti, nel nostro territorio sono 1.193, che si sommano ai 1.636 in meno dell'anno scorso. Si tratta del 3% di tagli ulteriori sull'organico degli insegnanti per l’anno 2010-2011 (senza considerare le Materne), a fronte di una popolazione scolastica in crescita del 2%. Questo taglio complessivo del 5% sugli organici è il più alto a livello nazionale e proprio nella regione che investe più di tutte nel sistema dell’istruzione e della formazione. Il “contentino” di 91 docenti arrivato in extremis non è servito a risolvere le questioni più gravi, come quello delle classi numerose. È chiaro che a farne le spese per primi sono i più deboli, ad esempio i ragazzi disabili che si trovano privati di un sostegno o le famiglie a basso reddito che si trovano senza il tempo pieno garantito. E gli stessi docenti. Già 80mila precari in Italia sono a spasso e chi è di ruolo con - mettiamo - 1.200 euro al mese, si è visto bloccare almeno un punto di anzianità, cioè un taglio dai 30 ai 42mila euro nello stipendio a fine carriera. Si tratta di iniquità pesanti che alimentano le tensioni sociali, come dimostrano le centinaia di proteste di insegnanti e genitori a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane.
Bel federalismo quello che taglia in egual misura dalla Valle d'Aosta a Siracusa! Il federalismo e la meritocrazia tanto sbandierati restano parole vuote. Lo Stato investe gli spiccioli sul futuro della comunità mentre, ad esempio, non taglia la propria burocrazia e non dà nelle mani delle Regioni ciò che la Costituzione prevede. Ma l’Emilia-Romagna non sta a guardare e ha deciso di sostenere la propria scuola per mantenere i buoni livelli raggiunti. Voteremo perciò in bilancio risorse aggiuntive per 10 milioni di euro, destinati alla scuola materna, all’autonomia scolastica e alla qualificazione dei percorsi formativi, alle Province per gestire le differenze e l’integrazione dei bambini con disabilità e degli stranieri, alle famiglie con entrambi i genitori che lavorano per assegni di conciliazione che permettano l’accesso al nido. Un intervento che riguarda tutto il sistema pubblico di istruzione dell’Emilia-Romagna, dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado, sulla base delle priorità individuate in accordo con le rappresentanze sindacali e con le amministrazioni locali. Noi abbiamo un progetto concreto, educativo e sociale, che punta sull’economia della conoscenza e sul diritto paritario all’istruzione. Quello del governo, sinceramente, non l’abbiamo ancora capito.
POLITICHE SOCIALI ALL’ALTEZZA DEI CAMBIAMENTI
di Paola Marani
Consigliera regionale e responsabile welfare del PD Emilia-Romagna
Per noi emiliani il capitale sociale rappresenta non solo un fattore di coesione e cooperazione, ma un fondamentale fattore competitivo per l’economia. La solidità del nostro sistema di welfare è oggi messa a dura prova dalla crisi economica, che sta esponendo fasce crescenti di popolazione all’impoverimento. In assenza di politiche nazionali, gli interventi di supplenza con azioni di sostegno locale, oltre ad essere insufficienti, stanno mettendo a rischio la capacità di tenuta e di risposta dei nostri servizi. Un altro elemento è dato dalle trasformazioni demografiche: ripresa della natalità con alta percentuale di bambini figli di immigrati, invecchiamento, crescita dei “grandi anziani”, aumento delle persone sole con esigua rete parentale.
In sintesi, il numero crescente di “nuovi poveri” e la necessità di allargare l’offerta verso nuovi bisogni impongono una profonda innovazione anche del sistema dei servizi che, altrimenti, non riuscirà ad allargare e differenziare le risposte e corre il rischio di perdere le sue caratteristiche di inclusività e di equità. È evidente poi quanto l’assenza di una riforma nazionale sugli ammortizzatori sociali e di un piano casa in grado di fronteggiare l’emergenza abitativa - unita agli effetti disastrosi dei tagli alla scuola - incida pesantemente sul welfare locale. Ma proprio questo quadro drammatico ci impone di mettere in campo tutta la nostra forza e capacità innovativa per non perdere quelle caratteristiche di comunità solidale e consapevole del bene comune.
La prima esigenza che stiamo affrontando è rafforzare la programmazione e la gestione, evitando una dispersione amministrativa delle risorse e la sovrapposizione degli interventi. Occorre una più forte compartecipazione e coordinamento di tutte le risorse pubbliche, del terzo (associazioni, imprese sociali, etc) e del quarto settore (le famiglie). La ricchezza di esperienze e potenzialità nei nostri territori per quanto riguarda i servizi all’infanzia, anziani e disabili, può trovare in un quadro legislativo regionale semplificato e nel completamento delle norme sull’accreditamento, una possibilità di allargamento dell’offerta, maggiori flessibilità e garanzie.
La sussidiarietà è insomma per noi una necessità, non solo per la carenza di risorse pubbliche e i tagli governativi al welfare (100 milioni in meno nei prossimi due anni), ma proprio in quanto rappresenta un’opportunità straordinaria di valorizzare il nostro tessuto economico e sociale nell’offerta del pubblico, del privato, del volontariato. Ad esempio, la diffusione delle patologie croniche richiederà sempre più interventi socio-sanitari e socio-assistenziali e di conseguenza una maggiore efficacia nell’integrazione e nella capacità del sistema di “presa in carico globale della persona”. Non vogliamo chiudere gli occhi di fronte alle difficoltà delle migliaia di famiglie che, in particolare nella gestione degli anziani, ricorrono a forme di autotutela che non offrono garanzie. Anche in questo caso occorre che sia la rete dei servizi a includere le assistenti familiari, offrendo maggiori sicurezze all’assistito ed alla sua famiglia. Il nostro sistema sociale e sanitario è ancora troppo frammentato e pur nella qualità e pluralità dell’offerta spesso sono i più fragili ad essere abbandonati. Il cittadino va seguito nei suoi percorsi di assistenza e di cura, semplificando l’accesso e rimuovendo gli ostacoli nei passaggi da un servizio all’altro.
In conclusione, mentre rivendichiamo con orgoglio le eccellenze della nostra Regione quali la percentuale di copertura di asili nido più alta d’Italia (28,6%), o un Fondo per la non autosufficienza che stanzia più risorse di quelle che il governo nazionale destina all’intero paese, noi vogliamo guardare oltre. Perché il nostro deve continuare ad essere un welfare per tutti, che non lasci indietro nessuno.
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